Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui       19 Luglio 2021 - 10 Av 5781
RIMANDATA L'APERTURA DEL PAESE AI TURISTI PREVISTA PER IL 1° AGOSTO

"Israele, non è il momento di volare"
Porte ancora chiuse al turismo

Avrà ricadute economiche importanti la decisione delle autorità israeliane di posticipare ulteriormente l’apertura ai turisti del paese. Era prevista per il 1° agosto, ma la preoccupazione per le varianti del Covid-19 ha fatto cambiare idea al governo. “Stiamo posticipando l'inizio dell'ingresso dei turisti vaccinati. Non accadrà il 1° agosto, e vedremo più tardi quando potrà effettivamente avvenire. Lo scoppio della morbilità in tutto il mondo e nel nostro paese non permette l'apertura al turismo, purtroppo”, le parole del direttore generale del ministero della Salute israeliano, Nachman Ash. Un provvedimento figlio del costante aumento dei contagi da Covid-19 nel paese, legato soprattutto alla variante Delta. Così mentre la Gran Bretagna, tra molte polemiche e contestazioni da parte del mondo scientifico, celebra il Freedom Day - la caduta di tutte le misure restrittive - Israele sceglie per il momento di non rischiare e chiude ancora le porte all’ingresso dei non cittadini (salvo alcune specifiche eccezioni). E chiede ai propri di evitare di andare all’estero se non strettamente necessario, anche se vaccinati. “Questo non è il momento di volare all’estero”, la perentoria affermazione di Ash, che ha poi evidenziato come chi viaggia rischia di “portare qui virus e varianti, anche nuove e forse più pericolose. Continueremo a rafforzare il controllo sulla politica dei voli nelle prossime settimane, e valuteremo come estendere la nostra protezione contro l'arrivo di varianti dall’estero”.

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LA MOSTRA AL MUSEO EBRAICO DI BERLINO DEDICATA A YAEL BARTANA

L’arte, tra identità e narrazione storica

Un’indagine più che ventennale sulla narrazione storica e sul suo rapporto con la costruzione delle identità collettive, una ricerca sul potere dell’immaginazione spesso spinta sino all’inatteso, la volontà di non dare nulla per scontato andando a scavare fra traumi collettivi, speranza di salvezza e desiderio di cambiamento. Questo e molto altro aspetta i visitatori della mostra che il museo ebraico di Berlino dedica – dal 4 giugno e fino a ottobre – all’artista israeliana Yael Bartana, nota per la sua capacità di osservare, documentare, sezionare e infine reinventare rituali pubblici, cerimonie e pratiche sociali.
Non per il semplice gusto di provocare: c’è sempre nelle sue opere, l’intenzione di provocare una visione concretamente attivista, un impegno politico, la riflessione sulla propria responsabilità nella società. 
La costruzione di una identità collettiva, o il rifiuto. La sua arte provoca una visione attiva, o più precisamente attivista, un impegno a riflettere, un ritorno a quello che è un puro atto politico.

La mostra segue un topos che si potrebbe definire quasi escatologico, ossia l’idea ricorrente che un leader possa portare alla salvezza. E arriva alla sua decostruzione, con il video concepito specificamente per il Museo Ebraico di Berlino e girato nei luoghi storici della città che Bartana ha voluto intitolare “Malka Germania” (in ebraico, “Regina Germania”).

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L'ALLARME DEL GRAN RABBINO DI FRANCIA 

“I no-vax e le stelle gialle,
una deriva molto pericolosa”

Le misure anti-Covid adottate dal presidente Macron hanno scatenato l’ira dei no-vax francesi, tra i più organizzati e numerosi d’Europa. In migliaia si sono riversati nelle strade del Paese all’insegna di slogan e simbologie deliranti. Come le stelle gialle indossate da alcuni manifestanti a richiamare i provvedimenti nazisti contro gli ebrei perseguitati. Una vergogna contro la quale si sta levando, con forza, la voce dei rappresentanti dell’ebraismo d’Oltralpe.
Un paragone “scandaloso” e “pericoloso” per il Gran rabbino di Francia rav Haim Korsia, ospite dell’emittente radiofonica Europe 1. Il suo pensiero è netto: “Non credo sia possibile confrontarsi con persone così fanaticamente convinte di essere nel giusto. La deriva antivaccinista è grave, anche per quel che ci dice sul desiderio di alcuni di vivere in una società in cui ci si rispetta gli uni con gli altri”. Per rav Korsia “si può difendere un’idea, ma usare questi argomenti porta solo alla sua delegittimazione. Quando finiamo per indossare una stella gialla, è perché vogliamo provocare e suscitare violenza”. Il Gran Rabbino non esclude la necessità di provvedimenti: nel caso in cui la protesta continuasse sarebbe giusto “definirne il perimetro delle responsabilità”.

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PREGHIERA E RACCOGLIMENTO IN TUTTA L'ITALIA EBRAICA

Tisha Be Av, un digiuno per la consapevolezza

Un'immagine suggestiva dal digiuno di Tisha Be Av appena trascorso: il rabbino capo di Firenze rav Gadi Piperno e l'ex rabbino capo rav Joseph Levi in sinagoga mentre leggono la Meghillat Eichà.
Tisha Be Av è uno degli appuntamenti più significativi del calendario ebraico. Ricorda la distruzione dei due Templi di Gerusalemme e altri eventi luttuosi.
Per rav Jonathan Sacks, l'ex rabbino capo d'Inghilterra e del Commonwealth recentemente scomparso, un appuntamento di fondamentale importanza perché, ha sottolineato in uno dei suoi ultimi interventi, "è essenziale sapere cosa si è perso per riconquistarlo, e cosa è stato colpito per ricostruirlo". Un messaggio dal valore particolare ma al tempo stesso anche universale, in un mondo dissestato "su un piano economico, politico, educativo e soprattutto sociale".

(Foto di David Palterer)

I 91 ANNI DI SAMI MODIANO

“La mia testimonianza un impegno per i giovani”

“Sono quindici anni che ho rotto il silenzio scegliendo di condividere in pubblico la mia storia. L’ho fatto e continuo a farlo per lasciare un messaggio ai giovani, qualcosa che orienti in modo positivo i loro comportamenti”.
Il grande coraggio e la grande forza di Sami Modiano in queste parole trasmesse di recente in una intervista con Pagine Ebraiche. Per Sami, che ha tagliato ieri il traguardo dei 91 anni, la missione cui ha scelto di consacrarsi con ogni energia.
“Vorrei – rimarcava in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di Assisi ai sopravvissuti alla Shoah – che le mie parole fossero rivolte soprattutto a tutti quei ragazzi che rappresenteranno in futuro noi Testimoni della Memoria in un mondo che tende ormai troppo facilmente a dimenticare tutto ciò che è stato”.
Una lotta senza tregua contro indifferenza, rimozione e oblio. Il dono inestimabile alle nuove generazioni di Sami e di chi, come lui, ha scelto la strada della testimonianza.
Ad mea ve esrim, fino a 120!

(Nell’immagine: Sami Modiano dal Capo dello Stato Sergio Mattarella, in occasione del conferimento del titolo di Cavaliere di Gran Croce al Merito della Repubblica)

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IL BILANCIO DELLA SQUADRA ISRAELIANA DOPO LA COMPETIZIONE IN FRANCIA 

Tour, la seconda volta di Israele
“Siamo sulla mappa del ciclismo”

“Anachnu al hamapa, ve’anahnu nisharim al hamapa! – Siamo sulla mappa e ci resteremo”.
Una frase iconica dello sport israeliano. La pronunciava, ormai molti anni fa, un grande campione del basket: Tal Brody, l’asso del Maccabi Tel Aviv che in semifinale di Eurolega si era appena sbarazzato dei russi del Cska Mosca. Parole profetiche, visti i molti successi che sarebbero arrivati.
Nel ciclismo quei livelli sono ancora da conquistare. Ma Israele, anche in questo sport, “è sulla mappa”. È il pensiero di Sylvan Adams, il patron della Israel Start-Up Nation, nel suo commento a caldo al termine del Tour de France conclusosi ieri sugli Champs-Élysées.
“Siamo stati sulla mappa per tre settimane, davanti a centinaia di milioni di telespettatori in tutto il mondo” sottolinea Adams, tracciando un bilancio comunque positivo del secondo Tour affrontato dal team d’Israele. È sfumato il successo di tappa, obiettivo dichiarato alla partenza. Ma i motivi di soddisfazione non mancano. Primo tra tutti quello di aver mostrato un volto sempre combattivo.

(Nell’immagine Omer Goldstein festeggia con la dirigenza della Israel Start-Up Nation)

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L'INIZIATIVA DI MODIGLIANA, COMUNE DELL'EMILIA-ROMAGNA

Un giardino per la suora 'Giusta'
“Se sono nata è grazie a lei”

“Suor Benedetta era una donna libera nel pensiero e nell’azione, fuori dall’ordine, capace di decisioni autonome, di prendersene la responsabilità, e anche allegra e pronta al riso. Una donna con occhi penetranti e allo stesso tempo gioiosi. Una donna che era madre, non solo per il titolo che le apparteneva”.
Novembre 2018, sinagoga di Firenze. È un giorno importante per Sara Cividalli, Consigliera UCEI ed ex presidente della Comunità ebraica fiorentina. Un giorno per fare memoria e dire grazie a Nella Bichi, professoressa, e Benedetta Pompignoli, superiora di un convento francescano in Oltrarno. Le due donne, entrate da poco nell’elenco dei “Giusti” dello Yad Vashem, che sotto il nazifascismo si spesero per salvare dalle persecuzioni la madre Miranda e la nonna Pia.
La riscoperta di questa prova di coraggio è stata recente, frutto anche di circostanze toccanti e fortuite. Toccante è stata anche la cerimonia organizzata negli scorsi giorni dall’amministrazione di Modigliana, Comune emiliano-romagnolo di cui suor Benedetta era originaria, che le ha dedicato il giardino, con annesso monumento opera del mosaicista Marco De Luca, che si trova davanti al duomo. Proprio nel segno del suo eroismo, delle scelte operate allora. “Una cerimonia molto emozionante” sottolinea Cividalli. Al suo fianco, tra gli altri, il sindaco Jader Dardi, l’attuale madre superiora dell’ordine suor Daniela, don Massimo della diocesi locale (da cui è partita la proposta di intitolazione).

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DEFINIZIONE IHRA, L'ADESIONE DELLA COMUNITÀ DI SANT'EGIDIO 

“Antisemitismo, vigilare dovere di tutti”

“La riflessione sulla Shoah, preparata da decenni di antisemitismo e predicazione dell’odio razziale, è stata determinante per la pace e la riconciliazione in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Ma il ricordo dell’abisso di Auschwitz costituisce ancora un monito ineludibile per il futuro del mondo, particolarmente importante proprio nel momento in cui va scomparendo la generazione dei sopravvissuti e dei testimoni della Shoah”.
Questa la motivazione che ha spinto la Comunità di Sant’Egidio ad aderire alla definizione di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance. L’atto è stato formalizzato con una firma, apposta dal responsabile delle relazioni internazionali Mauro Garofalo presso la residenza dell’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede Oren David. Grande apprezzamento, da parte del diplomatico, per questa iniziativa di impegno e consapevolezza.

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Il titolo dell'ignoranza
Il Fatto Quotidiano del 16 luglio riporta la richiesta di archiviazione della querela della Comunità ebraica di Roma contro l’ex senatore Elio Lannutti, per aver citato i Protocolli dei Savi di Sion a proposito di un suo scritto polemico delle banche e della globalizzazione. La Procura di Roma avrebbe chiesto l’archiviazione perché si sarebbe trattato di un legittimo esercizio di critica. Ci dispiace molto. Ma critica di cosa? Il titolo dell’articolo definisce quella di Lannutti una “teoria sui sionisti”. Vogliamo sperare che si tratti solo dell’ignoranza del titolista del Fatto. Perché siamo di fronte a una bella confusione tra sionismo e Protocolli dei Savi di Sion, il libro di comodino di Hitler, l’infame falso sul complotto ebraico contro il mondo.
Anna Foa
Oltremare - Memoria
Dicono che il corpo abbia una sua memoria. Lo stomaco ne ha una di certo, lo sappiamo tutti quando mangiamo qualcosa di noto e lo ritroviamo, anche per caso, nella memoria. Io invece esercito la memoria di gambe e braccia ogni volta che salgo sull'elliptical, un marchingegno per fare sport che preferisco enormemente al tapis roulant che molti hanno in casa e alla cyclette, perché permette di fare gli stessi movimenti dello sci di fondo, sport molto amato e per sempre perduto dopo aver fatto l'aliyah. Certo mancano fra le altre cose il freddo, la soddisfazione dei chilometri macinati in vere salite e discese, il tipo inguainato in una tuta per lo meno olimpica che ti supera salutando con cortesia, e il panorama mozzazfiato delle montagne e del cielo d'inverno. 
Daniela Fubini
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La personalità di Singer
Tutti conoscono il nome di Isaac Bashevis Singer, grande e popolare scrittore yiddish, premio Nobel nel 1978, tradotto in decine di lingue e celebre in tutto il mondo.
Molti hanno letto almeno uno dei suoi avvincenti romanzi, che sembrano anticipare la serie Netflix Shtisel per la descrizione empatica, critica e insieme umoristica del mondo chassidico ebraico e haredì più in generale.
Se le principali vicende della sua vita sono note, Singer rimane una figura sfuggente, segreta e in fondo sconosciuta: la prima parte della vita vissuta in Polonia, dove era nato nel 1904, figlio di un rabbino di orientamento chassidico, e in seguito l’emigrazione a New York nel 1935, dove continuò a scrivere in yiddish (tradusse egli stesso in inglese parecchi dei suoi romanzi, molti dei quali non dette alle stampe).
Viviana Kasam
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Storie di Libia - Yoram Ortona
Yoram, nato a Tripoli nel settembre del 1953, ebreo italiano di Libia. Sua madre, di origini tunisine, era una ebrea osservante. Era una donna molto bella, bionda con gli occhi azzurri ed era stata anche Miss Maccabi in gioventù. Suo padre, di origine italiana, più tradizionalista e sionista, a soli 23 anni divenne direttore del Corriere di Tripoli, un giornale del P.I.O.(Public Information Office). Una carriera fulgida. Il Primo novembre 1945 scoppiò però il primo pogrom antiebraico. Lui era stato il primo a ricevere quelle buste gialle con la stampiglia “Very Urgent – Top Secret” che contenevano le notizie sui disordini e sui nomi delle vittime.
David Gerbi
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