Un giardino per la suora ‘Giusta’
“Se sono nata è grazie a lei”
“Suor Benedetta era una donna libera nel pensiero e nell’azione, fuori dall’ordine, capace di decisioni autonome, di prendersene la responsabilità, e anche allegra e pronta al riso. Una donna con occhi penetranti e allo stesso tempo gioiosi. Una donna che era madre, non solo per il titolo che le apparteneva”.
Novembre 2018, sinagoga di Firenze. È un giorno importante per Sara Cividalli, Consigliera UCEI ed ex presidente della Comunità ebraica fiorentina. Un giorno per fare memoria e dire grazie a Nella Bichi, professoressa, e Benedetta Pompignoli, superiora di un convento francescano in Oltrarno. Le due donne, entrate da poco nell’elenco dei “Giusti” dello Yad Vashem, che sotto il nazifascismo si spesero per salvare dalle persecuzioni la madre Miranda e la nonna Pia.
La riscoperta di questa prova di coraggio è stata recente, frutto anche di circostanze toccanti e fortuite. Toccante è stata anche la cerimonia organizzata negli scorsi giorni dall’amministrazione di Modigliana, Comune emiliano-romagnolo di cui suor Benedetta era originaria, che le ha dedicato il giardino, con annesso monumento opera del mosaicista Marco De Luca, che si trova davanti al duomo. Proprio nel segno del suo eroismo, delle scelte operate allora. “Una cerimonia molto emozionante” sottolinea Cividalli. Al suo fianco, tra gli altri, il sindaco Jader Dardi, l’attuale madre superiora dell’ordine suor Daniela, don Massimo della diocesi locale (da cui è partita la proposta di intitolazione).
“Suor Benedetta – ha ricordato Cividalli – ha salvato diverse famiglie ebraiche, rischiando la vita. All’inizio le nascondeva con le ragazze sfollate, ma poi iniziò ad aver paura che le denunciassero. Quindi le spostò in una stanza isolata. Pensò lei a tutto, dal cibo, che in quel periodo scarseggiava, ai calmanti per mia nonna, che aveva terribili incubi.” La gratitudine è profonda: “Devo tanto a suor Benedetta: è un po’ come una madre per me, senza di lei non sarei mai nata”.
Significative anche le parole della madre superiore: “Abbiamo bisogno – il suo messaggio – che la storia ci tocchi per comprendere che siamo chiamati a fare storia. Penso ai nostri giovani: hanno il diritto di sapere e vedere che la storia non è solo tra le pagine dei libri, ma abita i luoghi dove vivono”.
Nell’occasione è stato letto un brano dalla testimonianza di Miranda Servi, importante anche ai fini del riconoscimento dello Yad Vashem: “Suor Benedetta, superiora del Convento della Sacra Famiglia – Protezione della Giovane – via Serragli, 21 – ci ha accolto il 16 novembre 1943 per pochi giorni, finché scappammo dal Convento, avendo saputo della retata del vicino Convento del Carmine; ci ha accolto una seconda volta il 17 marzo ’44 e ci ha ospitato fino al 30 luglio, nonostante che gravi sospetti gravassero sul convento, che proteggeva altre due famiglie di ebrei italiani e una di ebrei apolidi. Insieme alle altre suore ha reso meno triste la nostra reclusione ed ha assistito mia madre durante la sua grave malattia. Si è comportata coraggiosamente durante una perquisizione e un interrogatorio”.
Il coraggio di chi, davanti a un bivio, ha scelto l’umanità e la solidarietà.
(19 luglio 2021)