Tour, la seconda volta di Israele
“Siamo sulla mappa del ciclismo”
“Anachnu al hamapa, ve’anahnu nisharim al hamapa! – Siamo sulla mappa e ci resteremo”.
Una frase iconica dello sport israeliano. La pronunciava, ormai molti anni fa, un grande campione del basket: Tal Brody, l’asso del Maccabi Tel Aviv che in semifinale di Eurolega si era appena sbarazzato dei russi del Cska Mosca. Parole profetiche, visti i molti successi che sarebbero arrivati.
Nel ciclismo quei livelli sono ancora da conquistare. Ma Israele, anche in questo sport, “è sulla mappa”. È il pensiero di Sylvan Adams, il patron della Israel Start-Up Nation, nel suo commento a caldo al termine del Tour de France conclusosi ieri sugli Champs-Élysées.
“Siamo stati sulla mappa per tre settimane, davanti a centinaia di milioni di telespettatori in tutto il mondo” sottolinea Adams, tracciando un bilancio comunque positivo del secondo Tour affrontato dal team d’Israele. È sfumato il successo di tappa, obiettivo dichiarato alla partenza. Ma i motivi di soddisfazione non mancano. Primo tra tutti quello di aver mostrato un volto sempre combattivo.
Eloquente la grinta di Chris Froome, l’uomo più rappresentativo, arrivato in Francia in condizioni precarie di salute e ulteriormente falcidiato da una caduta. “Per me è stato un Tour molto difficile” ha ammesso il quattro volte vincitore della corsa, classificatosi addirittura al 133esimo posto in generale (con appena otto corridori dietro di lui). Ma Froome è un campione, uno che non si arrende mai. Uno spirito che ha cercato di infondere ai suoi compagni: a partire dal capitano, il canadese Michael Woods, che ha avuto l’onore di vestire la maglia a pois di miglior scalatore (anche se per una sola frazione). Bravi anche l’irlandese Daniel Martin, protagonista sui Pirenei, e il tedesco André Greipel, quinto nell’ultimo velocissimo sprint parigino.
Poteva andare meglio, ammette il general manager Kjell Carlstrom. Ma il bicchiere resta comunque mezzo pieno. Chiedere per conferma a Omer Goldstein, l’unico israeliano in squadra, che è riuscito nella non trascurabile impresa di arrivare fino a Parigi. Il rischio, nelle tappe di alta montagna, era di accumulare un ritardo tale che lo portasse oltre la soglia del tempo massimo. Goldstein, 24 anni, si è gestito egregiamente. Sul traguardo il più contento era lui: “Adesso posso riposare qualche giorno”.
(Nell’immagine Omer Goldstein festeggia con la dirigenza della Israel Start-Up Nation)
(19 luglio 2021)