LE OLIMPIADI TRA SPORT E MEMORIA
Giochi al tempo del Covid, il mondo guarda a Tokyo
Per il 2036 resta calda l'ipotesi Berlino-Tel Aviv

Poche ore e prenderanno il via i Giochi olimpici più tormentati degli ultimi decenni.
Doveva essere l’edizione della spensieratezza, degli abbracci ritrovati. E invece no: massima allerta, tutto blindato. Niente pubblico sugli spalti. Il Covid con la variante Delta morde, e a Tokyo sono piuttosto indietro con la campagna di vaccinazione. Andrà meglio un’altra volta. Il calendario, per il momento, dice Parigi 2024 e poi Los Angeles 2028. Per il 2032 sembra prenotata l’Australia. Mentre il 2036 ha forse in serbo una sorpresa clamorosa. Nata come suggestione primaverile, l’ipotesi che prenda corpo una candidatura congiunta Berlino-Tel Aviv è tutt’altro che tramontata. Sottotraccia si starebbe continuando a lavorare in quella direzione.
L’occasione d’altronde è significativa: i cento anni dai Giochi che furono l’apoteosi della propaganda nazista, mostrando a tutti (ma non tutti colsero) la tempesta che si annunciava. Un modo per non dimenticare e scrivere insieme un nuovo capitolo di storia, non soltanto sportiva. Questo lo spirito che ha spinto due dirigenti tedeschi di primo livello, Richard Meng e Frank Kowalski, a formulare una proposta che non ha precedenti nella storia della più importante manifestazione mondiale.
Il divario a livello di infrastrutture è enorme. Ma Tel Aviv è una città giovane e dinamica. E quindici anni, se sfruttati bene, possono aiutare a colmare molte lacune. “L’idea mi affascina” ci ha detto Sylvan Adams, il filantropo israelo-canadese che col proprio entusiasmo ha dato allo sport d’Israele una dimensione più fresca e mediatica.
Certo le pretendenti non mancheranno: i Giochi, come noto, fanno gola a molti. Tra le città in lizza ci sarà ad esempio Istanbul. “Sono convinto che li conquisteremo”, ha detto il sindaco Ekrem Imamoglu. Una partita dalle ricadute politiche non irrilevanti, visto che si tratta del probabile sfidante di Erdogan alle elezioni del 2023.
Questo per ricordare che si parla di sport, ma non è mai soltanto sport. Senza andare troppo lontano nel calendario val la pena ricordare il prossimo appuntamento a cinque cerchi: le Olimpiadi invernali di Pechino, in programma a inizio 2022. Il mondo ebraico, tra i pochi, sta cercando di rompere un muro del silenzio intollerabile. “Lo sport è tale se unisce e ispira. Facciamo sì che i Giochi invernali si trasformino in una piattaforma di solidarietà verso la popolazione uigura piuttosto che in uno strumento per distrarre il mondo dalla spaventosa ingiustizia che stanno subendo” il recente appello del rabbino capo d’Inghilterra rav Ephraim Mirvis. Partecipare ai Giochi senza protestare contro queste atrocità sarebbe, a suo dire, “un inaccettabile atto di indifferenza”.
Ora godiamoci Tokyo. Ma senza dimenticare che non di sole medaglie si nutre lo spirito olimpico.
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LA DIFESA DEI CREATORI DI PEGASUS
"Noi diffamati, il caso finirà in tribunale"

“La nostra piattaforma tecnologica previene attacchi terroristici e salva vite umane. Negli ultimi anni, ogni attacco terroristico che è stato sventato, pedofilo arrestato, capo dei cartelli (della droga) catturato, in quasi tutti questi casi in una certa misura è stata usata la tecnologia di Nso. E questo non fa notizia”.
Intervistato per la prima volta dalla pubblicazione dell’inchiesta giornalistica Project Pegasus, Shalev Hulio difende il lavoro della sua azienda, la Nso, e del prodotto che ha creato: il software Pegasus. Secondo l’indagine frutto della collaborazione di 17 grandi giornali internazionali, proprio questo software sarebbe stato usato per spiare migliaia di giornalisti, attivisti per i diritti umani, politici, dirigenti d’azienda dai governi che l’hanno acquistato. L’inchiesta afferma che Pegasus è stato venduto, ad esempio, all’Arabia Saudita ed è stato utilizzato per seguire persone vicine Jamal Kashoggi, il giornalista ucciso nel 2018 su mandato, secondo l’intelligence americana, del regime di Riad. Un’accusa che Hulio, cofondatore di Nso, ha negato ai microfoni della radio israeliana 103Fm. “Abbiamo controllato la questione Kashoggi, non c’è stato nessun uso del nostro strumento, né su di lui né sulla sua famiglia. Tutta questa storia non è vera. Lo abbiamo detto più e più volte”. Alla domanda dei giornalisti Yinon Magal e Ben Caspit su quali siano i criteri con cui software viene venduto e in quali paesi, Hulio ha spiegato: “Vendiamo solo ai governi, non a entità private. Non a tutti i governi, perché ci sono quelli che non meritano di avere tali strumenti. In 11 anni, abbiamo collaborato con 45 paesi e abbiamo rifiutato di lavorare con quasi 90. Penso che questo significhi molto. Ci sono altre aziende che sono invece disposte ad andare dove Nso non vuole lavorare”. Non ha voluto però citare quali siano questi paesi, parlando di un servizio che costa in ogni caso milioni di dollari.
Nso, come racconta il Washington Post, si è guadagnata una reputazione tra gli esperti di sicurezza nazionale di tutto il mondo come azienda leader nella produzione di tecnologia di sorveglianza. Tecnologia in grado di raccogliere segretamente informazioni dal telefono dei propri obiettivi. A questo serve Pegasus. Uno spyware (software spia) che può essere impiantato sia su dispositivi Android che iPhone, ed è in grado di trasformare lo smartphone in uno strumento di spionaggio. Chiunque abbia preso il controllo del dispositivo a distanza con Pegasus può recuperare file, accendere la fotocamera e il microfono, accedere alla posizione del dispositivo, visualizzare i contatti e il calendario, e tenere traccia della corrispondenza nelle app di messaggistica e dell’attività sui social media. L’obiettivo di queste operazioni, afferma Nso, è contrastare il terrorismo e altri crimini gravi. L’azienda, che per vendere il proprio servizio ha bisogno del via libera delle autorità di controllo israeliane, spiega di non aver controllo su come Pegasus venga utilizzato una volta acquistato.
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L'INCONTRO TRA IL MINISTRO E IL RABBINO BOLOGNESE SERMONETA
Dal Talmud ad oggi, le sfide della scuola pubblica
L’importanza della scuola pubblica, dal Talmud ai giorni nostri.
Se ne parlerà stasera, nel corso di un incontro online organizzato dalla Comunità ebraica di Bologna. Protagonisti il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e rav Alberto Sermoneta, il rabbino capo della Comunità. L’iniziativa fa parte di un ciclo di appuntamenti curato da Jael Sermoneta con ospiti figure rappresentative delle istituzioni e della società civile: parlamentari, sociologi, studiosi, esponenti di altre confessioni religiose.
Stasera al centro ci sarà la scuola: la risorsa forse più preziosa e decisiva di una società.
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LA MANIFESTAZIONE ALL'OMBRA DELLA SINAGOGA FIORENTINA
Balagan Cafè, nona edizione al via

Rinascere insieme: comunità in dialogo. È il tema che andrà a caratterizzare la nona edizione del Balagan Cafè, festival che è il fiore all’occhiello del programma estivo di Comunità e Museo ebraico di Firenze, con la collaborazione di rete Toscana ebraica, Regione, Comune, Fondazione Cassa di Risparmio. Sei appuntamenti, ogni giovedì sera ad esclusione del 12 agosto, per riflettere attorno ai temi dell’incontro, del pluralismo, della ripartenza. Una ricetta consolidata per questa manifestazione che, all’ombra della sinagoga, vede convergere ogni anno molte centinaia di fiorentini.
Il via questo giovedì, con intrattenimento musicale a cura della Tingo Band, un focus sul progetto di traduzione del Talmud babilonese con interventi di rav Gadi Piperno e David Dattilo e un concerto con Evelina Meghnagi, Arnaldo Vacca, Cristiano Califano e Gabriele Coen.
“Il Balagan rappresenta un momento di incontro fra comunità e città, atteso e reso ancor più significativo dai lunghi mesi che abbiamo vissuto, di limitazione alla vita culturale e sociale. Ecco dunque il senso del titolo di quest’anno”, spiega il presidente della Comunità ebraica fiorentina Enrico Fink.
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SEGNALIBRO
"Io e la mamma": ridere per riflettere

“Io e la mamma. Dramma semiserio per madre castrante e figlio attore cane. Ovvero. Come rovinarsi la vita con gioioso masochismo in salsa ebraica!”.
Un titolo che è tutto un programma: un libro che si annuncia, già da questa premessa, effervescente. A scriverlo Roberto Attias, attore, sceneggiatore, regista e molto altro ancora, spesso sul palco con performance a tema ebraico. Le sue generalità, come le declina lui stesso: “Mezzo tedesco, 100% ebreo, 1/4 tunisino, romano a tutti gli effetti”.
Un libro divertente, che strappa molti sorrisi anche nel segno di quello che è un grande classico della letteratura ebraica, il rapporto madre-figlio. Si ride, ma nella miglior tradizione dei libri intelligenti, e questo lo è, l’autore ci porta anche a riflettere. E a farlo anche su temi complessi come identità, diversità, confronto e talvolta scontro con una società non sempre ricettiva nei confronti di ciò che esula da una certa omologazione. Che non contempla la “differenza”, almeno non come arricchimento di vedute e prospettive.
(L'attore Roberto Attias in scena)
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L'AUDIZIONE ALLA CAMERA DEI DEPUTATI
"Israeliani e palestinesi, un altro futuro è possibile"
“Ho sempre pensato che a dispetto delle vicende dolorose da cui sono divisi, ebrei e musulmani, arabi, israeliani e palestinesi non sono condannati a essere ostili per sempre. Nella tradizione ebraica, la scelta è un elemento fondamentale Non tutto è stabilito a monte. C’è e deve esserci una via di uscita e se anche questa possibilità non è nell’immediato, non bisogna per questo negarla al futuro”.
È uno dei concetti che David Meghnagi, presidente della International Unity of Research on Modern Jewish Civilization and Israel Studies e professore senior presso l’Università degli Studi Roma Tre, esprimerà alla Camera in occasione di un’audizione della commissione Affari esteri e comunitari dedicata alle vicende della comunità ebraica di Libia “in connessione con i recenti sviluppi della crisi mediorientale”.
Oltre a Meghnagi sarà ascoltato lo storico francese Georges Bensoussan.
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La retorica dell'osceno

Gli antivax, contrari al Green Pass, evocano la stella gialla e le leggi razziali e il nazifascismo. Antivax di sinistra, quindi. Bel colpo!
Si muove per quel sentiero tortuoso e accidentato anche qualche intellettuale, annoiato dal relativo isolamento anticovid e ansioso di riprendersi la sua poltrona sul palcoscenico dell’attualità. E non c’è nulla di più dannoso di un intellettuale che diffonde verità oracolari facendo proseliti che usano e amplificano le sue parole come fossero oro colato, parole legittimate non dall’uso equilibrato del buon senso ma dal solo, arrogante principio di autorità.
Non serve entrare nel fuoco dell’argomento per determinare se il Green Pass sia utile e necessario o autoritario e discriminatorio. L’argomento è opportuno lasciarlo alla saggezza di chi al governo consulta la scienza, di chi cioè si pone il problema, innanzitutto, della salute pubblica, che negli ultimi tempi ha posto qualche innegabile problema.
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I libri a Gaza

A seguito dell’ultima terribile puntata del conflitto di Gaza, dovuto esclusivamente ai lanci di migliaia di razzi contro Israele, si è creata una rete di solidarietà italiana per far rinascere le librerie a Gaza. Ne fanno parte personaggi italiani che si sono impegnati, con grande ingenuità, nella distribuzione e diffusione di libri a categorie svantaggiate nel nostro Paese. Ammiro costoro non soltanto per lo slancio umanitario, ma anche perché il mondo abbisogna di ingenui, e le persone oneste, in varia misura, tendono all’ingenuità (e pagano regolarmente dazio).
Emanuele Calò
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Le preferenze degli italiani

Che cosa dire di fronte ai dati emersi dal settimanale sondaggio politico proposto dal TG La7 di Enrico Mentana, che lunedì 12 luglio ha evidenziato come Fratelli d’Italia sia il partito che raccoglie il maggior numero di consensi (20,8%, rispetto al 20,2% della Lega)? Certo, si farà giustamente notare, si tratta solo di un sondaggio d’opinione: limitato a un campione (comunque indice di una evidente tendenza), transitorio per definizione, non in grado in sé di produrre effetti tangibili.
David Sorani
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