I libri a Gaza

A seguito dell’ultima terribile puntata del conflitto di Gaza, dovuto esclusivamente ai lanci di migliaia di razzi contro Israele, si è creata una rete di solidarietà italiana per far rinascere le librerie a Gaza. Ne fanno parte personaggi italiani che si sono impegnati, con grande ingenuità, nella distribuzione e diffusione di libri a categorie svantaggiate nel nostro Paese. Ammiro costoro non soltanto per lo slancio umanitario, ma anche perché il mondo abbisogna di ingenui, e le persone oneste, in varia misura, tendono all’ingenuità (e pagano regolarmente dazio).
Soltanto un ingenuo potrebbe assumere queste iniziative, se non altro perché il contrario dell’ingenuità non è tanto il realismo, quanto il cinismo. Quando Erasmo da Rotterdam scrisse l’Elogio della Follia, non ebbe gran considerazione degli ingenui (e lo disse); tuttavia, l’ingenuo è un soggetto in buona fede che crede alla buona fede altrui. L’ingenuo merita rispetto perché s’impegna sovente in opere buone, senza voler nulla in cambio, mentre chi ingenuo non è sa che bisogna diffidare del prossimo o perché glielo dice l’intelletto oppure perché egli stesso è una persona di cui diffidare.
Adoperarsi per mandare libri a Gaza è un’opera sacrosanta, purché si sia consapevoli che la Freedom House assegna a Gaza un quoziente di 11 corredato dalla notazione:“not free”, mentre Israele ha un quoziente di 76, corredato dalla notazione “free”. Anzi, se si andassero a leggere le statistiche, emergerebbe che l’unica democrazia mediorientale è Israele; se fosse una dittatura sarebbe ben più popolare.
È possibile che una dittatura ammetta, per esempio, “La democrazia in America”, di Alexis de Tocqueville? Porsi delle domande non cancellerà la purezza di spirito – e quindi la sacrosanta ingenuità – ma aiuterà ad accrescere il tasso di bene che si vuole convogliare con questa commendevole iniziativa. Mi auguro, pure, che si costituisca un’associazione d’ingenui, alla quale potermi iscrivere.

Emanuele Calò, giurista

(20 luglio 2021)