ALLA GUIDA DELL'ARI DAL 2016
Rabbini italiani, rav Arbib confermato presidente
Un nuovo mandato da presidente dell'Assemblea rabbinica italiana per il rabbino capo di Milano rav Alfonso Arbib, alla guida dell'Ari dal 2016. Il nuovo Consiglio dell'organo di riferimento e rappresentanza dei rabbini italiani riunitosi nelle scorse ore per deliberare sulle cariche previste dal regolamento ha inoltre scelto come proprio vicepresidente il rav Giuseppe Momigliano (Genova). Al rav Ariel Di Porto (Torino) l'incarico di segretario. Nel nuovo Consiglio anche rav Riccardo Di Segni (Roma) e rav Gadi Piperno (Firenze).
Nato nel 1958 a Tripoli, trasferitosi in Italia nel drammatico '67 degli ebrei libici, rav Arbib è rabbino capo di Milano dal 2005. Ereditò allora l'incarico da rav Giuseppe Laras z.l.
(Nell’immagine rav Arbib durante un intervento nella sinagoga di Milano)
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L'INIZIATIVA DELL'UNIONE NELL'ANNIVERSARIO DELLA NOTTE DEI CRISTALLI
Luci accese nelle sinagoghe, per la vita
Una luce accesa in tutte le sinagoghe e in tutti i luoghi ebraici d’Italia; un momento dedicato allo studio della Torah.
È l’invito rivolto dall’UCEI alle 21 Comunità distribuite su tutto il territorio nazionale. Un gesto di Memoria nel giorno in cui si ricordano le violenze e i morti della Notte dei Cristalli. Ma anche un messaggio di identità ebraica viva, di luci ancora accese e di testimone che continua a trasmettersi attraverso le generazioni nonostante i propositi di chi allora perseguiva la distruzione dell’ebraismo europeo.
Dove possibile, l’invito è ad accompagnare l’illuminazione delle sinagoghe con incontri di Torah. È quella, si ricorda, la luce più forte dell’ebraismo.
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PAGINE EBRAICHE - LO SPECIALE SULLA NUOVA MOSTRA DEL MEIS
Educare alla Torah, oltre ogni barriera

Su Pagine Ebraiche di novembre in distribuzione molte pagine speciali sono dedicate alla nuova mostra del Meis, il Museo nazionale dell'ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara: Oltre il ghetto. Dentro&Fuori, a cura di Andreina Contessa, Simonetta Della Seta, Carlotta Ferrara degli Uberti e Sharon Reichel. Le riflessioni, su questo stimolante tema, del rav Amedeo Spagnoletto.

Stando al Talmud di Gerusalemme la prima grande rivoluzione si ebbe ai tempi di Shimon ben Shatach un secolo prima della distruzione del Tempio, con l’istituzione di un sistema di istruzione pubblico, “perché tutti i bambini andassero a scuola”. Non di minore rilievo è la testimonianza che proviene dal Talmud babilonese, secondo il quale fu essenziale la riforma scolastica completata, nel I secolo, dal sommo sacerdote Yehoshua ben Gamla, ricordato come colui che evitò “che venisse dimenticata la Torah da Israele”, allargando a tale scopo la rete di scuole in tutto il paese a partire dall’età di sei, sette anni, a favore di chi non poteva permettersi insegnanti privati (Greenberg 1960; Botticini, Eckstein 2012). L’elevato grado di alfabetizzazione presso gli ebrei deve il suo successo, quindi, alla determinazione con cui, in ogni contesto, le prescrizioni bibliche che imponevano lo studio della Torah e della letteratura rabbinica tradizionale a ogni livello furono tenute in considerazione. Non deve stupire il fatto che, contemporaneamente alla fondazione delle comunità fra Quattrocento e Cinquecento, prendesse corpo l’organizzazione di una struttura più o meno complessa di pubblica gestione che rispondesse all’esigenza di dare una formazione ebraica ai bambini. Anche nei centri più piccoli ci si preoccupava di garantire almeno la presenza di un istruttore pagato dalla collettività – figura che sovente coincideva con quella del rabbino – a favore dei più poveri, mentre le famiglie più abbienti assoldavano precettori personali, a servizio di più nuclei o addetti alla formazione dei rampolli delle famiglie più benestanti (Bonfil 1991). Non è un caso che proprio per la duplice funzione di luogo di preghiera e di studio, la sinagoga in Italia, come in altre realtà, venisse chiamata “Scola”. Fino al Seicento, quando ancora la popolazione ebraica era frammentata in insediamenti di ridotte dimensioni, era consueto che un giovane lasciasse presto la propria casa per recarsi ad apprendere la dottrina e la lingua ebraica presso collegi privati. Non era affatto raro che i primi fondamenti si cominciassero ad assimilare fin dall’età di tre anni, in gruppi di bambini e bambine insieme, dove il gioco era il veicolo attraverso il quale si iniziavano a imparare brevi preghiere, i precetti quotidiani e a familiarizzare con le lettere ebraiche.
Rav Amedeo Spagnoletto, direttore del Meis
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QUI GERUSALEMME - LA MOSTRA AL MUSEO NAHON
Ebrei italiani, una storia (anche) di araldica

Nel 1620 Rachele Olivetti, in preparazione del suo matrimonio, ricama con grande cura una magnifica Parochet (manto che copre l’Aron Kodesh, armadio dove è custodita la Torah). Al centro vi pone, tra i diversi decori, anche gli stemmi della sua famiglia e di quella del futuro sposo, Yehuda Montefiori, accompagnati da una elegante e romantica descrizione in rime. Romantica perché riferendosi allo stemma dei Montefiori, un leone con un giglio in mano, lo descrive come “bello e affascinante”.

“È abbastanza chiaro che si tratti di un gioco di parole: il leone non è solo il simbolo della famiglia Montefiori, ma era anche il nome italiano di Yehuda. Una bellissima dedica che compare, in modo inusuale, su una parochet. Un esempio perfetto per spiegare il significato della nostra mostra che, attraverso simboli e stemmi, racconta un aspetto peculiare dell’ebraismo italiano”. La mostra in questione è quella inaugurata di recente al museo Nahon di Gerusalemme: “Cose di famiglia”. A raccontarne il significato a Pagine Ebraiche, il curatore del museo e dell’esposizione Daniel Niv.
“L’idea - spiega - nasce dal mio percorso di studi. Alcuni anni fa avevo seguito un corso all’Università Ebraica con il professor Shalom Sabar, esperto di arte ebraica, e approfondito il tema degli stemmi e simboli utilizzati nei secoli dalle famiglie ebraiche. Avendo anche ascendenze ferraresi mi interessai in particolare alla realtà italiana”.
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L'ALLESTIMENTO APERTO AL PUBBLICO DA DOMANI
Ebrei di Roma, dal ghetto all'emancipazione

Un percorso in 70 opere tra dipinti, sculture, disegni, incisioni, manoscritti e fotografie, accompagnato da un’installazione sonora con musiche realizzate in epoca risorgimentale.
È il respiro di “1849- 1871. Ebrei di Roma tra segregazione ed emancipazione”, la nuova mostra del Museo ebraico della Capitale presentata quest’oggi alla stampa e aperta al pubblico a partire da domani e fino al 27 maggio del prossimo anno. Curata da Francesco Leone e Giorgia Calò, l’esposizione si avvale dei prestiti dei più importanti musei italiani del Risorgimento e di prestigiose collezioni private con l’obiettivo di far conoscere e raccontare l’impegno e il coinvolgimento ebraico in quella fase storica decisiva per le vicende nazionali. Con un occhio di riguardo alla realtà degli ebrei romani, la più antica della Diaspora, che ottenne libertà negate per secoli dalla Chiesa solo dopo l’annessione al Regno d’Italia.

Risorgimento ed ebrei: un legame profondo. “Non fu un processo semplice e scontato, ma le speranze suscitate dallo Statuto Albertino e dai successivi (ma non così tempestivi) decreti che conferivano uguaglianza agli ‘israeliti regnicoli’ determinarono un ampio movimento di identificazione ebraica nella causa nazionale e risorgimentale” ricorda rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma. “Dall’altra parte – aggiunge il rav – la storia ebraica era diventata un modello, artistico e spirituale, per i patrioti, come dimostra il successo del Va’ pensiero verdiano, che paragonava la sorte degli infelici ebrei esiliati e privati della patria a quella degli italiani divisi e dominati dagli stranieri”.
(Nelle immagini: un dettaglio della mostra, aperta da domani al pubblico; una Ketubbah conservata presso l’archivio storico della Comunità)
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IL NUOVO RAPPORTO DELL'AGENZIA UE
Pandemia e antisemitismo, l'allarme cresce

Per chi monitora con attenzione il fenomeno i risultati del rapporto sull’antisemitismo dell’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA) non rappresentano una novità. Ma sono un ulteriore monito per l’Europa rispetto alla necessità di intervenire con azioni concrete contro questo veleno che nel corso della pandemia ha trovato nuove strade per diffondersi. Oltre alle vecchie bugie che vengono riproposte “nuovi miti antisemiti e teorie cospirazioniste che incolpano gli ebrei della pandemia sono venuti alla ribalta”, denuncia infatti il rapporto dell’Agenzia europea. Un documento in cui si segnala in generale un aumento degli incidenti antisemiti.
In Germania, ad esempio, la rete delle associazioni Rias ha rilevato che, nei primi mesi della pandemia, il 44 per cento degli episodi di antisemitismo registrati erano “associati al coronavirus”. Per quanto riguarda l’Italia, la situazione è più sfumata. “Dopo diversi anni di numeri alternativamente crescenti e decrescenti, gli incidenti antisemiti registrati sono aumentati per due anni consecutivi, nel 2018 e 2019, prima di diminuire leggermente nel 2020. La tendenza generale per il periodo 2010-2020 mostra un aumento del numero di incidenti antisemiti registrati” si legge nel rapporto che incrocia i dati dell’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad), con il contributo dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e dell’Osservatorio antisemitismo del Cdec.
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LA COMMEMORAZIONE
Binario 16, Firenze ricorda

Era il 9 novembre del 1943 quando, dal binario 16 della stazione ferroviaria di Firenze, partirono i primi convogli di ebrei deportati verso i campi di sterminio nazisti. In quella stessa area si è svolta anche quest’anno la tradizionale cerimonia commemorativa organizzata da istituzioni e Comunità ebraica.
Ad intervenire il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, il presidente del Consiglio comunale Luca Milani, il presidente della Comunità ebraica Enrico Fink, il rabbino capo Gadi Piperno. Presenti tra gli altri anche Sara Cividalli, neo assessore UCEI, e lo storico animatore dei Treni della Memoria toscani Ugo Caffaz.
Nell’occasione Fink ha annunciato l’adesione della Comunità all’iniziativa promossa dall’UCEI di accendere luci nelle sinagoghe e nei luoghi ebraici del Paese, nel giorno in cui cade l’anniversario della Notte dei cristalli e in cui si vuole comunque affermare che una vita ebraica, nonostante tutto, brilla ancora. Che quella luce non è stata spenta.
A Firenze una ricorrenza che, nel calendario, si intreccia anche con il proprio vissuto comunitario.
La Comunità ebraica farà Memoria anche nel pomeriggio, insieme alla Comunità di Sant’Egidio.
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DA OGGI NELLE LIBRERIE UN SUO SCRITTO GIOVANILE
I 90 anni di Lia Levi, la festa con il romanzo ritrovato

“La memoria calpestata è orribile. Siamo in una deriva paurosa, però la lotta non la può fare il singolo, lo sforzo deve essere di tutti”.
Così Lia Levi, che oggi compie 90 anni e festeggia questo anniversario con l’uscita di un nuovo libro: Dal pianto al sorriso. Pagine da poco ritrovate, sepolte nel cassetto della sua scrivania. Il suo primo romanzo – scritto in giovanissima età, ad appena 12 anni – in un’Italia travolta dalla persecuzione antiebraica.
Numerosi i titoli all’attivo per un pubblico sia adulto che giovanile. Tra i molti riconoscimenti di una carriera ricca di soddisfazioni, lo Strega Giovani assegnatole nel 2018 per Questa sera è già domani.
“In autunno e inverno scrivo libri per adulti, che mi richiedono sempre un poco più di fatica e concentrazione. L’estate invece ritorno alla letteratura per l’infanzia buttandomi di nuovo in mille avventure. La cosa più bella – ha raccontato a Pagine Ebraiche – è incontrare gli studenti che sono sempre interessati e hanno tante domande senza alcun timore o vergogna”. Ad mea ve esrim!
(Disegno di Giorgio Albertini – Pagine Ebraiche)
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IL SITO E L'APP REALIZZATE DALL'UCEI
MyJewishItaly, il patrocinio del ministero:
"Coerente con la nostra missione"

Si rafforza l’asse di sostegno istituzionale a MyJewishItaly, il sito e l’app realizzate dall’UCEI per valorizzare l’Italia ebraica ad ampio raggio – dai suoi luoghi di interesse religioso-culturale alle attività commerciali e di ristorazione. Un nuovo patrocinio, giunto in queste ore dal ministero del Turismo, va ad aggiungersi a quello concesso negli scorsi mesi dal ministero della Cultura.
Un atto, si legge, in coerenza con l’impegno del ministero a “promuovere e incentivare il turismo sul nostro territorio e a diffondere la conoscenza della presenza ebraica in tutte le fasi della storia italiana e in tutte le sue manifestazioni socioculturali”.
Le prospettive di collaborazione in questo ambito erano state al centro di un recente incontro tra il ministro Massimo Garavaglia e una delegazione UCEI guidata dalla presidente Noemi Di Segni e dall’allora assessore alla Casherut Jacqueline Fellus. Piena convergenza sull’orizzonte di un’iniziativa che ha tra i suoi obiettivi anche una creazione di valore per tutto il sistema economico.
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IL BANDO
Un fondo per gli studenti bisognosi,
nel nome di Dalida Sassun
Da poco scomparsa, per oltre vent’anni Dalida Sassun ha rappresentato un punto di riferimento per l’UCEI (di cui era responsabile dell’area amministrazione) e per tutte le Comunità locali. Una professionista di valore e da tutti stimata.
A ricordarla un fondo in sua memoria, rivolto agli studenti bisognosi di un sostegno economico frequentanti l’intero ciclo del Diploma Universitario Triennale in Studi Ebraici UCEI che da quest’anno, su iniziativa della passata Giunta dell’ente, porta il nome di Renzo Gattegna.
La Commissione, composta dal Direttore del Diploma Universitario Triennale in Studi Ebraici, dal Coordinatore didattico e dal Presidente UCEI, si riunirà entro la prima decade di dicembre
Le domande vanno presentate entro il 30 novembre.
Per maggiori informazioni: info@ucei.it
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La realtà dei fatti

Alla fine dei giochi, rimane da auspicare che il fragore delle parole ceda il passo alla realtà dei fatti, che le schermaglie personali si traducano in azioni coordinate collettive, e che, abbandonate le trincee, ci si possa concentrare sugli obiettivi comuni, se si vuole davvero salvare il salvabile. Non è facile crederci, e i perché li conosciamo, ma non si può abdicare alla fiducia. Si rimanda all’Apologo di Menenio Agrippa.
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Qualcosa non torna

Su Pagine Ebraiche – che informa meticolosamente sull’antisemitismo – apprendo di orribili azioni antisemite di ogni tipo, compresa la diffamazione degli ebrei, intesi quali cospiratori compulsivi, permanenti ed innati. Mettendo insieme questo caleidoscopio di horribilia è evidente che qualcosa non torna.
Emanuele Calò
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Dietro quelle pettorine a strisce

Ignoranza, insensibilità, faccia tosta, assenza di pudore, assenza di senno, arroganza provocatoria. Tutte caratteristiche precipue dei mentecatti che a Novara hanno inscenato la loro protesta no-green pass semi-travestendosi da deportati. E quale altra tendenza ancora può definirli? Certo vittimismo elevato all’ennesima potenza, radicato complesso di persecuzione. E anche mania del complotto ordito dai “poteri forti” ai danni del povero cittadino disarmato e incolpevole.
David Sorani
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