PAGINE EBRAICHE - L'INTERVISTA ALL'AMBASCIATORE BARBANTI
"Israele-Italia, un legame strategico"

“L’ambasciata d’Italia continuerà ad essere un luogo di incontro tra Italia e Israele, un luogo in cui italiani e israeliani si sentano ugualmente a casa”.
Così il diplomatico Sergio Barbanti si era presentato nel suo primo giorno alla guida dell’ambasciata italiana in Israele lo scorso autunno. Ricordando la grande amicizia che lega i due paesi e la costruzione, in questi anni, di una collaborazione sempre più proficua. Uno scambio, spiega in un’ampia intervista sul numero di febbraio di Pagine Ebraiche, che “negli ultimi anni ha visto uno sviluppo senza precedenti”. Dal suo primo impatto con Israele al legame con il mondo ebraico, dalle opportunità di cooperazione e scambio tra i due paesi ai nuovi e positivi equilibri nati sulla base degli Accordi di Abramo, il diplomatico racconta impressioni e opportunità legate al suo importante incarico.
Qual è stato il primo impatto con Israele?
In passato avevo già avuto occasione di visitare Israele e ne ero rimasto colpito: un’impressione pienamente riconfermata nei primi mesi del mio mandato. Al nostro arrivo, io e mia moglie Laetizia, abbiamo ricevuto un’accoglienza straordinaria, alimentata da innumerevoli testimonianze di amicizia e di sincero apprezzamento per l’Italia. Ci siamo sentiti subito a casa, con il piacere della scoperta di un Paese unico per ricchezza umana, storica, culturale e naturale. Un Paese dalle enormi potenzialità che, grazie a una società giovane e proiettata nel futuro, guarda alle sfide che gli si pongono innanzi con fiducia e ottimismo. Pensiamo, ad esempio, a quella epocale portata dalla pandemia, di fronte alla quale Israele è riuscito prontamente ad affermarsi come “pioniere” nella lotta al virus, mettendo peraltro a disposizione della comunità scientifica internazionale il proprio know-how e creando così importanti spazi di cooperazione in ambito scientifico e medico anche con il nostro Paese.
Ha avuto rapporti in precedenza con la comunità ebraica e con Israele?
A Roma abbiamo la fortuna di abitare a pochi passi dal Ghetto, dove peraltro mia moglie è cresciuta e ancora oggi si trova la casa dei suoi genitori. Il legame che ci unisce alla comunità ebraica romana, cui appartengono molti dei nostri più cari amici, è quindi intenso e di lunga data. Un legame che, nel corso degli anni, ha rappresentato per noi un ponte verso altre comunità della diaspora nel mondo e, naturalmente, verso Israele, nonché un fattore di ulteriore consapevolezza circa l’importanza di mantenere alta la guardia sul fronte, oggi più che mai attuale, della lotta all’antisemitismo.

Quali sono gli elementi che secondo lei l’Italia può importare da Israele e viceversa?
In ambito scientifico, industriale e commerciale i nostri rispettivi sistemi economici si caratterizzano per un elevato grado di complementarietà, che come ambasciata siamo impegnati a valorizzare e ad accrescere per creare opportunità di scambio tra le nostre imprese e i nostri talenti. La collaborazione bilaterale in campo scientifico e tecnologico è strategica ed ha conosciuto negli ultimi anni uno sviluppo senza precedenti, promosso dai due Governi ma anche da un’autonoma spinta delle rispettive comunità imprenditoriali, accademiche e scientifiche. Sono tantissimi i settori in crescita e le opportunità offerte dall’ecosistema dell’innovazione israeliano per lo sviluppo e l’applicazione delle nuove tecnologie: dal cyber all’agri-food, dalle tecnologie pulite all’aerospazio, solo per citarne alcuni. L’Italia vanta poi un sistema manifatturiero e un tessuto industriale d’eccellenza, a cui Israele guarda con grandissimo interesse. E il “Made in Italy” è uno dei “Nation brand” qui più amati in assoluto e che viene associato al meglio dell’imprenditoria italiana: innovazione, ricerca, qualità, creatività, stile, unicità.
Non certo meno importanti restano inoltre le opportunità di scambio tra i nostri Paesi nel settore culturale, artistico e turistico. Anche su questo fronte c’è molta voglia d’Italia e, come ambasciata, siamo impegnati a catalizzare questo interesse verso il nostro Paese e a trasformarlo in occasioni di collaborazione e d’incontro.
Quali sono i progetti di collaborazione tra i due paesi che saranno avviati nel prossimo futuro?
Sin dai primi giorni dal mio insediamento, con i colleghi dell’ambasciata abbiamo messo in cantiere molteplici iniziative in ambito commerciale, scientifico, culturale e artistico che mi auguro possano presto realizzarsi. Progettualità che esprimono il meglio di sé attraverso incontri in presenza e che pertanto si scontrano ancora con le difficoltà e le incertezze legate alla pandemia. Ma, nonostante le difficili circostanze attuali, guardiamo fiduciosi al 2022, con l’auspicio che possano presto riprendere le visite e le interazioni dirette tra persone, ingrediente essenziale e altamente qualificante tanto nei rapporti personali quanto nelle relazioni tra Stati.
Il ministro degli Esteri Di Maio ha salutato molto positivamente la firma degli Accordi di Abramo nel settembre 2020. Quale può essere il ruolo dell’Italia nell’area?
Il processo di normalizzazione dei rapporti di Israele con alcuni Paesi del mondo arabo, inaugurato dalla firma degli Accordi di Abramo, ha schiuso spazi di cooperazione e dialogo nella regione inimmaginabili fino a poco tempo fa. Ciò, unitamente al recente rilancio dei rapporti con Il Cairo e Amman, rappresenta un contributo prezioso per la stabilità e la pace dell’intero Medio Oriente, che l’Italia, insieme agli altri Paesi europei, intende sostenere e incoraggiare.
D’altronde, il nostro Paese ha sempre guardato a questa regione, che riveste assoluta centralità per la nostra politica estera, con uno sguardo ampio e aperto a comprendere le ragioni – spesso contrapposte – di ciascuno, richiamando in ogni circostanza il valore del negoziato e della ricerca di formule di convivenza pacifica e di sviluppo democratico. Questo approccio che ci è proprio è tanto più sentito nel caso del processo di pace in Medio Oriente, che ci auguriamo possa ricevere dalla normalizzazione in corso un impulso positivo verso una sua risoluzione giusta, sostenibile e praticabile, in linea con il diritto internazionale.
Cosa porta con sé dal suo ultimo mandato in Austria, paese il cui mondo ebraico è stato tra i protagonisti della cultura europea del Novecento?
Quelli trascorsi in Austria sono stati anni di lavoro intenso ed entusiasmante, purtroppo anch’essi segnati dalla pandemia. Qui il mondo ebraico – come giustamente sottolinea – ha dato i natali ad alcuni dei massimi esponenti della cultura europea del Novecento, che hanno fornito contribuiti straordinari in campo letterario, musicale, artistico, ma anche in quello delle scienze, ad esempio della psicologia. Un patrimonio immenso, che ha alimentato la storia e lo sviluppo della civiltà europea e non solo, e che ho potuto apprezzare più volte nel corso del mio mandato. Ho ritrovato nei concerti e all’Opera di Tel Aviv rappresentazioni ad altissimo livello di tale patrimonio che hanno attestato come in Israele non sia stato fatto fiorire solo il deserto.
(Nell'immagine: l'ambasciatore Barbanti presenta le proprie credenziali al Presidente Herzog)
Daniel Reichel
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IL CONFRONTO TELEFONICO TRA BIDEN E BENNETT
"Contrasto all'Iran, questo un anno decisivo"

In questo 2022 il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden andrà in visita in Israele. Biden ha infatti accettato l’invito ufficiale del Primo ministro israeliano Naftali Bennett nel corso di una recente telefonata tra i due. Al centro del colloquio, hanno fatto sapere i rispettivi portavoce, i rapporti consolidati tra i due paesi, la cooperazione sul fronte della sicurezza, il futuro degli Accordi di Abramo e la delicata questione Iran. Molto asciutte le dichiarazioni riguardo a questo ultimo punto arrivate dalla Casa Bianca. “I leader hanno discusso la sicurezza condivisa e altre sfide nella regione del Medio Oriente, compresa la minaccia posta dall’Iran e dai suoi emissari”, la nota di Washington. Più elaborata la posizione espressa da Bennett che, dopo la conversazione con Biden, ha ribadito pubblicamente la posizione d’Israele su un eventuale nuovo accordo nucleare. “Chiunque pensi che un accordo aumenterà la stabilità regionale, si sbaglia. Ritarderà temporaneamente l’arricchimento (dell’uranio da parte iraniana), ma tutti noi nella regione pagheremmo un prezzo pesante e sproporzionato per questo”, le parole di Bennett.
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L'AUDIZIONE DELLA MINISTRA CARTABIA
"Contro odio e antisemitismo
rafforziamo la giustizia riparativa"

È iniziata dal ricordo della recente visita al Memoriale della Shoah di Milano in compagnia di Liliana Segre l’audizione della ministra della Giustizia Marta Cartabia, ascoltata nell’ambito dei lavori della Commissione straordinaria per il contrasto “dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza” nata su impulso della senatrice a vita.
“Abbiamo insieme a lungo dialogato sul senso della giustizia, proprio nel luogo della massima ingiustizia”, le parole che hanno contraddistinto la prima parte del suo intervento. Per la ministra “una delle giornate più intense di quest’anno di servizio” e un’esperienza “che dovrebbe essere proposta a tutti i ragazzi nelle scuole per fare memoria e per riflettere”. Riflettere a partire “da quell’imponente scritta che ci accoglie al binario 21: indifferenza”.
Quattro i punti sollevati nella relazione di Cartabia. Il primo dei quali è stato l’evidenziazione della gravità del fenomeno, con riferimento anche ad alcuni episodi di cronaca che hanno suscitato allarme e sgomento. La ministra è passata poi a tratteggiare il quadro del diritto e a illustrare le riforme in fase di elaborazione, ha poi offerto qualche dato sull’applicazione delle norme italiane in materia di reati d’odio e ha poi concluso sulla pluralità degli strumenti da mettere in campo. Non solo sanzione penale, ha sottolineato, ma anche "cultura, educazione e giustizia riparativa".
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L'APPELLO DEL FIGLIO DI ELIE WIESEL
"Pechino 2022, questi Giochi una vergogna
Il mondo ebraico si faccia sentire di più"

Ogni giorno che passa il tema umanitario che ha contraddistinto la vigilia delle Olimpiadi invernali di Pechino scivola nell’irrilevanza. Degli uiguri e della loro sorte non si parla ormai che per accidente, quasi una distrazione casuale tra una gara e l’altra. Con soddisfazione delle autorità cinesi che hanno avuto la faccia tosta di negare quel che sta accadendo nel modo più subdolo: “servendosi” cioè di un’atleta espressione di quell’identità per accendere la torcia olimpica in occasione della cerimonia inaugurale dei Giochi. Una foglia di fico, un pugno in faccia alla decenza in diretta mondiale. Non molte le voci che si sono levate in segno di protesta.
“Siamo troppo pochi” denuncia Elisha Wiesel, il figlio del Premio Nobel per la Pace Elie. Già animatore di una mobilitazione interna al mondo ebraico che molto risalto mediatico ha avuto negli scorsi giorni, Wiesel jr firma un editoriale per Jewish Telegraphic Agency per denunciare l’ipocrisia che continua ad avvolgere la manifestazione fuori dal suo contorno agonistico. “Se penso a mio padre, il mio senso di vergogna per queste Olimpiadi non può che acuirsi”, il suo atto d’accusa. “La maggior parte del mondo – scrive infatti – sembra non sapere o preoccuparsi del fatto che un Paese che organizza uno spettacolo che si richiama a valori quale ‘pace’ e ‘amicizia’ terrorizzi e sistematicamente opprima gli uiguri, una comunità musulmana che vive nel Nord-Ovest della Cina. Non è la Shoah. Ma questo genere lo conosciamo comunque”. Wiesel racconta di essersi confrontato con “la dolorosa testimonianza dei dissidenti uiguri, che riescono a spargere la voce su quel che sta accadendo nonostante un giro di vite mediatico che rende quasi impossibile per la stampa occidentale riferire sui fatti”. Campi di internamento, sterilizzazioni forzate, famiglie separate e minacciate. Uno scenario molto più che angosciante ma nonostante ciò, “proprio come nel 1936, il Comitato Olimpico non è intenzionato ad andare a fondo”.
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CONVERGENZA SUL NOME DEL PRESIDENTE DELLA COMUNITÀ EBRAICA
Genova, Ariel Dello Strologo
il candidato sindaco del centrosinistra

È Ariel Dello Strologo, 55 anni, avvocato e attuale presidente della Comunità ebraica di Genova, il candidato del centrosinistra alle elezioni amministrative che si terranno nel capoluogo ligure nei prossimi mesi. A sostenerlo una coalizione formata da Articolo Uno, Demos, Europa Verde, è Viva, Linea Condivisa, Lista Crivello, Lista Sansa, Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Partito Socialista Italiano, Possibile e Sinistra Italiana. “Il percorso di questi mesi – sottolineano le forze della coalizione in una nota – ha consolidato la consapevolezza della necessità di un’alternativa per Genova che sappia mettere al centro la lotta alle crescenti disuguaglianze, promuovere un nuovo modello di sviluppo sostenibile, dare centralità alle nuove generazioni, raccogliere la sfida della transizione ecologica come motore di nuove opportunità e pensare alla cultura come elemento di sviluppo sociale”. I diversi gruppi e partiti raccoltisi attorno alla candidatura di Dello Strologo, che rappresenta la Comunità di Genova anche all’interno del Consiglio UCEI, si dicono convinte “che la qualità della proposta politica e l’alto profilo del candidato sindaco che la incarna possano essere attrattori di un campo largo di forze politiche e sociali”.
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Ticketless - Graphic History
 Quello che è accaduto per il Giorno del Ricordo a Torino serva di lezione a chi pensa che la storia possa essere spiegata a fumetti, cioè alleggerita dalle fatiche che sempre comporta. Esce nel 2018 una graphic novel sull’esodo dalmata-giuliano, con il sostegno di una giunta di colore opposto alla giunta attuale. La giunta attuale copia senza dirlo il lavoro di chi l’ha preceduta, l’opposizione s’indigna senza accorgersi di quel suo peccato originale. Il matrimonio innaturale fra storiografia e politica crea sempre infelicità, ma questa volta c’è da piangere davvero. Per il Giorno del Ricordo 2022 da quel fumetto si trae un cupo manifesto, che fa gridare molti allo scandalo. C’è chi, sbagliando, vede la luce funesta della RSI e chi, più propriamente, ritrova i connotati della guerra fredda e della propaganda anticomunista della DC. Il pasticcio nasce da pigrizia e, appunto, dall’insano connubio fra gli storici e le istituzioni.
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Il gran rifiuto
 Abbiamo esaminato, nelle scorse puntate, il modo in cui Dante immagina e descrive, nell’Inferno, la sorte ultraterrena dei protagonisti del processo di Gesù. Ma, com’è noto, c’è un terzo protagonista, molto importante, che o non viene mai nominato, oppure, forse, è oggetto di menzione solo attraverso un’obliqua allusione. Ci riferiamo, naturalmente, a Ponzio Pilato.
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Una piramide rovesciata
 A cavallo tra il 1944 e il 1945 l’attività musicale e teatrale nei Campi di prigionia militare tedeschi aumentò in modo considerevole, parallelamente a un alleggerimento delle restrizioni nei riguardi dei prigionieri di guerra e all’andamento della Guerra, irreversibilmente fallimentare per il Reich; al contrario, la pesante situazione umanitaria nei Campi di concentramento per civili – catastrofica in quelli di sterminio – segnò un drastico rallentamento delle performance musicali.
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