“Contrasto alla minaccia Iran,
il 2022 sarà un anno decisivo”

In questo 2022 il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden andrà in visita in Israele. Biden ha infatti accettato l’invito ufficiale del Primo ministro israeliano Naftali Bennett nel corso di una recente telefonata tra i due. Al centro del colloquio, hanno fatto sapere i rispettivi portavoce, i rapporti consolidati tra i due paesi, la cooperazione sul fronte della sicurezza, il futuro degli Accordi di Abramo e la delicata questione Iran. Molto asciutte le dichiarazioni riguardo a questo ultimo punto arrivate dalla Casa Bianca. “I leader hanno discusso la sicurezza condivisa e altre sfide nella regione del Medio Oriente, compresa la minaccia posta dall’Iran e dai suoi emissari”, la nota di Washington.
Più elaborata la posizione espressa da Bennett che, dopo la conversazione con Biden, ha ribadito pubblicamente la posizione d’Israele su un eventuale nuovo accordo nucleare. “Chiunque pensi che un accordo aumenterà la stabilità regionale, si sbaglia. Ritarderà temporaneamente l’arricchimento (dell’uranio da parte iraniana), ma tutti noi nella regione pagheremmo un prezzo pesante e sproporzionato per questo”, le parole di Bennett.
Secondo il Premier nelle ultime settimane, mentre i negoziati sono andati avanti a Vienna, l’Iran ha aumentato la sua aggressività nella regione. Un esempio, l’attacco missilistico lanciato dai ribelli houti, finanziati da Teheran, contro gli Emirati Arabi Uniti. “È così che si conducono i negoziati a Teheran”, il commento di Bennett. Israele, ha aggiunto, sta rafforzando la sua opzione militare contro il regime degli Ayatollah e manterrà la libertà d’azione con o senza un accordo nucleare.
Dei dettagli dell’intesa Gerusalemme e Washington stanno parlando intensamente da mesi, riferisce l’emittente Kan. Non è un caso se per la terza volta in poche settimane il consigliere di Bennett per la sicurezza nazionale, Eyal Hulata, è partito per gli Stati Uniti. “Continueremo il dialogo profondo e stretto tra Israele e gli Stati Uniti in generale, e sulla questione iraniana in particolare”, ha detto Hulata, spiegando di essere in contatto costante con il suo omologo americano Jake Sullivan. “Parlo con Jake frequentemente, per telefono e in video chat, e una volta ogni tanto dobbiamo anche incontrarci faccia a faccia. È importante sottolineare che non siamo d’accordo con gli americani su ogni questione, ma il coordinamento è profondo, importante e strategico e ci stiamo lavorando”. L’attitudine, spiegano gli analisti israeliani, è dunque quella della collaborazione e non dello scontro aperto sul dossier Iran. “C’è un piccolo cambiamento di tono, e penso che questo governo sia un po’ meno conflittuale con l’amministrazione americana”, l’analisi al Financial Times di Yossi Kuperwasser, ex capo della ricerca nella divisione di intelligence militare dell’esercito israeliano. “Non siamo contro un accordo, ma vogliamo un accordo che garantisca realmente che l’Iran non sia in grado di produrre armi in qualsiasi momento in futuro”. Sempre al Financial Times Ephraim Asculai, che ha lavorato sia con la Commissione israeliana per l’energia atomica sia con l’AIEA a Vienna, sottolinea come Israele possa solo cercare di consigliare gli Usa, ma non ha molto spazio di manovra diplomatico. Almeno rispetto alle trattative, che intanto Teheran cerca di dilatare. “L’Iran sta giocando sul tempo e, a parte il dolore delle sanzioni, ha la mano migliore al momento, con i missili, con le ambizioni egemoniche regionali”.
Per questo secondo il consigliere alla sicurezza Hulata quest’anno sarà decisivo. “Prevediamo un anno di svolta”, le sue parole in un colloquio con i corrispondenti diplomatici. “Che gli Stati Uniti tornino o meno all’accordo nucleare, il 2022 sarà un anno in cui le circostanze ci richiedono di operare diversamente da come abbiamo fatto finora, e dobbiamo essere preparati. C’è il rischio che ritornino all’accordo nucleare e che gli Stati Uniti perdano gli strumenti che avrebbero potuto permettergli di imporre all’Iran un accordo più forte e a lungo termine. È una possibilità. Dobbiamo essere pronti per ogni scenario, che tornino all’accordo o meno”.

dr