ISRAELE IN LUTTO PER LE VITTIME DELL'ULTIMO ATTENTATO
Bnei Brak, il terrorismo colpisce ancora
"Non ci faremo intimidire"

Amir Khoury aveva scelto di seguire le orme paterne e diventare un poliziotto. Residente a Nazareth, arabo israeliano, Khoury si era fatto velocemente strada all'interno del corpo di polizia. “Sei mesi fa è stato promosso in anticipo a sergente maggiore con menzione speciale”, ha raccontato il padre. Era in servizio a Bnei Brak (vicino Tel Aviv) e ieri sera assieme ad un collega è stato il primo a intervenire sulla scena dell'ennesimo attacco terroristico in Israele. L'attentatore, un palestinese di 26 anni, aveva già iniziato la sua strage, aprendo il fuoco e uccidendo quattro persone. Tra loro, Yaakov Shalom, 36enne residente a Bnei Brak e padre di cinque figli, ucciso dal terrorista mentre guidava la sua auto.
Il ventinovenne Avishai Yhezkel, studente di una yeshiva, è stato invece sorpreso dalla follia omicida dell'attentatore a pochi passi da casa. Era uscito per fare una passeggiata serale con il figlio di due anni. È stato colpito a morte, mentre cercava di proteggere il bambino, sopravvissuto all'attacco, raccontano i media locali. A casa era rimasta la moglie incita del loro secondo figlio. “Mi hai chiamato e mi hai detto 'Sento degli spari, stai attento, stai a casa'. Non ti ho più sentito da allora”, il doloroso racconto del fratello Ovadia. “Hai protetto tuo figlio Ariel, e tu sei stato ucciso. Hai mostrato vero eroismo ebraico”.
Le altre due vittime erano entrambi cittadini ucraini, Sasha e Dimitri Mitric. Lavoravano nell'edilizia e vivevano a Bnei Brak. Sasha viveva con sua moglie e aveva risparmiato negli anni passati in Israele per costruire una casa in Ucraina, a Chernivtsi, racconta il sito Walla. Recentemente aveva saputo che la casa era pronta e aveva pianificato di tornare in Ucraina, nonostante il conflitto, per Pesach. Entrambi sono stati uccisi dai colpi del terrorista palestinese.
Nella tragedia, il commissario della polizia d'Israele Kobi Shabtai ha ricordato che l'attacco, compiuto con un fucile d'assalto, sarebbe continuato se non fossero intervenuti in pochi minuti il sergente maggiore Khoury e il suo collega. Nello scambio a fuoco con il terrorista, prima che venisse eliminato, Khoury è stato colpito. Portato d'urgenza al vicino ospedale Beilinson, non è sopravvissuto alle ferite.
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LA CAMPIONESSA VINCITRICE DELLA COMPETIZIONE A GERUSALEMME
Valentyna, dalla maratona al Muro Occidentale
Il raccoglimento per l’Ucraina sotto attacco

Dal giorno in cui ha vinto la maratona di Gerusalemme la popolarità di Valentyna Kiliarska Veretska è stata globale. Non c’è quasi testata sportiva al mondo infatti che non si sia occupata della sua storia, raccontando della casa distrutta dai russi, del marito Pavlo che sta combattendo a Mykolaiv e della fuga in Polonia, in circostanze drammatiche, insieme alla figlia Alisa. Fino alla luce di speranza riaccesa con questo invito da parte di Israele. Una partecipazione, la sua, per testimoniare la forza e la resistenza “di un popolo che non si arrende”.
Tra tante sollecitazioni che sono seguite l’atleta ucraina non ha voluto mancare l’appuntamento con una visita al Muro Occidentale. Valentyna non è ebrea ma dice di sentire molta affinità con Israele, un Paese che molto le ha dato in termini di solidarietà e vicinanza umana.
“Andrò al Muro Occidentale, un luogo che è sempre stato nei miei pensieri, per esprimere una speranza. Sarà un pensiero, naturalmente, di pace. Per il mio popolo, per tutto il mondo”, aveva detto poche ore prima della sua impresa sportiva. E così è stato.
L’invito di Gerusalemme, ha spiegato incontrando Pagine Ebraiche alla vigilia della gara, è stata la realizzazione di un sogno. “Era da tanto che volevo confrontarmi con questa sfida, ben prima che iniziasse questa guerra orribile. Ben prima – ha affermato – che il mio popolo fosse attaccato”.
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L'INIZIATIVA AL MEMORIALE DELLA SHOAH DI MILANO
Vigili del fuoco, un incontro nel segno di Eitan

“Le immagini di quel giorno non le scorderemo mai. Avremmo voluto fare di più. Purtroppo non è stato possibile. Però c'è Eitan. Lui si è salvato ed è il simbolo della vita che non si vuole arrendere. In ospedale gli abbiamo portato dei giochi e speriamo un giorno, quando sarà il momento, di poterlo rivedere”. Nel silenzio del Memoriale della Shoah di Milano il comandante dei Vigili del fuoco del Verbano Cusio Ossola Roberto Marchioni ricorda il terribile disastro della funivia del Mottarone. La sua squadra era lì in quel tragico 24 maggio 2021 in cui sono morte quattordici persone, tra cui i genitori, il fratello e i bisnonni del piccolo Eitan. “Vi ringraziamo ancora per quanto siete riusciti a fare in un momento così difficile”, afferma il vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Milo Hasbani. Davanti a lui non solo i vigili del fuoco italiani, ma anche alcune squadre israeliane in un momento di incontro organizzato su invito dell'ambasciata d'Israele in Italia. “Le squadre dei pompieri israeliani stanno svolgendo un corso di addestramento a Pavia e abbiamo pensato fosse un'occasione per farvi incontrare e conoscere tra colleghi in un posto simbolico come il Memoriale della Shoah”, aggiunge Hasbani. Al suo fianco, il presidente del Memoriale Roberto Jarach, il vicepresidente della Comunità ebraica di Milano Ilan Boni e, oltre al comandante Marchioni, il comandante di Milano Nicola Micele.
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LA RASSEGNA ISRAELIANA DEDICATA ALLO STUDIO DELLA BIBBIA
“Tanakh, la nostra identità comune”

Per ricomporre le fratture fra laici e religiosi “dobbiamo convincerci tutti di un fatto: solo il Tanakh è la vera carta d’identità internazionale di ogni ebreo”. Così il sindaco di Gerusalemme Moshe Lion nell’intervenire al festival del Tanakh, acronimo che designa la Torah e i testi sacri dell’ebraismo, in svolgimento nella capitale con oltre un migliaio di partecipanti da Israele e e dall’estero (tra gli altri il rav Roberto Della Rocca direttore dell’area Educazione e Cultura UCEI).
Un incontro, un’occasione di confronto, che nasce nel segno di una formidabile intuizione. Quella del rabbino modern orthodox Benny Lau, artefice del progetto “929” che si propone di far conoscere, attraverso lo studio di un passo quotidiano, la ricchezza e gli stimoli del Tanakh. Un modo anche per rafforzare le relazioni, nel segno di una maggiore consapevolezza ebraica, tra Israele e comunità della Diaspora. Il Tanakh, ricorda infatti rav Lau, “è la nostra fonte primaria per creare un dialogo inclusivo che collega visioni religiose e filosofiche differenti, al fine di forgiare solidarietà e rispetto reciproco”. Non un’idea astratta “ma un progetto che vive negli spazi digitali e attraverso i gruppi di studio dedicati”.
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IL DOCUMENTARIO SUL PASSATO, PRESENTE E FUTURO DELLA COMUNITÀ
Parma ebraica, storie e stimoli dal territorio

“Siamo piccoli, ma determinati e orgogliosi della nostra storia. Un patrimonio che cerchiamo di tutelare con il massimo sforzo, anche grazie a professionalità molto forti che dialogano in modo armonico. Un bel gioco di squadra”. Così Riccardo Moretti, il presidente degli ebrei di Parma, nel presentare la sua Comunità. L’occasione era la Giornata Europea della Cultura Ebraica del 2019, di cui Parma è stata città capofila per l’Italia. Il momento giusto per mostrare i propri tesori e il formidabile patrimonio culturale ebraico disseminato in molte istituzioni di prestigio e richiamo. A partire dalla Biblioteca Palatina, che ospita una delle collezioni più importanti al mondo, oggi valorizzata anche grazie a un accordo stipulato con la Biblioteca nazionale d’Israele nel 2013. Pochi mesi dopo la Giornata sarebbe arrivata la pandemia. Proprio allora, nel frangente più buio dell’emergenza sanitaria, è nato un progetto: un film-documentario che raccontasse “Parma ebraica ed il suo territorio” così da far (ri)scoprire, anche a distanza, i tanti segni di questa presenza. E poter servire all’occorrenza come materiale didattico e divulgativo.
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LA VENTIDUESIMA EDIZIONE DEL CONCORSO
Premio letterario Adei Wizo, la vittoria a Elon e Pinto
L’Associazione Donne Ebree d’Italia ha comunicato i libri vincitori del suo premio letterario, giunto alla 22esima edizione e dedicato alla memoria di Adelina Della Pergola. Ad imporsi “La casa sull’acqua” di Emuna Elon (Guanda Editore) e “L’uomo che salvò la bellezza” di Francesco Pinto (HarperCollins), rispettivamente nella categoria Adulti e in quella Ragazzi. La cerimonia di premiazione si terrà online, il 2 o il 3 maggio.
Emuna Elon è una giornalista e attivista israeliana per i diritti delle donne. Nel suo libro il protagonista, in visita al Museo Ebraico di Amsterdam, in un filmato d’archivio scopre un’immagine del padre, morto in un campo di concentramento, di sua madre e di sua sorella insieme ad un bambino che non è lui. Comincia così, si sottolinea, “un’avventura alla ricerca della verità, che lo porterà a mettere insieme, pezzo dopo pezzo, la sua storia e quella della sua famiglia”.
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Ticketless - Millenaristi
 Gli storici millenials ti redarguiscono quando paragoni le guerre attuali a quelle novecentesche, non parliamo poi della legittima difesa, che affratella da sempre le Resistenze fra loro, ma anche questa appare un arcaismo: “Tu ragioni con strumenti inadeguati, inattuali, i tuoi ragionamenti sono novecenteschi, il mondo è mutato”. L’argomento mi pare alquanto sciocco: la storia è un fluire di eventi che scorrono da un secolo all’altro trascinandosi dietro come valanghe gli errori commessi, i problemi insoluti o risolti nel modo sbagliato; le guerre e la storia che le descrive, diceva Elsa Morante, sono uno scandalo che dura da millenni.
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Periscopio - Sondare il terreno
 Come abbiamo ricordato nelle scorse puntate, il primo numero de La difesa della razza, apparso in edicola il 5 agosto 1938, recava in epigrafe sul frontespizio i due versi del Paradiso (XVI 67-68) “sempre la confusion delle persone/ principio fu del mal della cittade”, mentre su tutti gli altri, fino alla fine delle pubblicazioni (l’ultimo numero è del 20 giugno 1943) apparvero invece i due versi “Uomini siate e non pecore matte,/ sì che il Giudeo di voi tra voi non rida!” (Par. V 80-81). Ho scritto al riguardo che evidentemente, tra la pubblicazione del primo e del secondo numero, dovette succedere qualcosa, atta a giustificare il cambiamento.
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