Ticketless – Millenaristi

Gli storici millenials ti redarguiscono quando paragoni le guerre attuali a quelle novecentesche, non parliamo poi della legittima difesa, che affratella da sempre le Resistenze fra loro, ma anche questa appare un arcaismo: “Tu ragioni con strumenti inadeguati, inattuali, i tuoi ragionamenti sono novecenteschi, il mondo è mutato”. L’argomento mi pare alquanto sciocco: la storia è un fluire di eventi che scorrono da un secolo all’altro trascinandosi dietro come valanghe gli errori commessi, i problemi insoluti o risolti nel modo sbagliato; le guerre e la storia che le descrive, diceva Elsa Morante, sono uno scandalo che dura da millenni: un fluire di rapporti di forza, di sistemi di potere, di dittatori insanguinati che se ne infischiano dei salti da un secolo all’altro. La storia, come la natura, non facit saltus. Ce n’eravamo dimenticati, cullandoci nella bambagia e dando credito a quell’altra sciocchezza che era la categoria di “fine della storia”.
Non è che al tramonto di un secolo, all’anno fatidico -99, come fosse uno yoghurt, un problema viene a scadenza, perde le sue spinte vitali. Il nuovo peso che Israele ha nella scena politica internazionale si era già visto durante la pandemia, e lo si rivede adesso nel viaggi e negli sforzi di Bennett, ma il nuovo è il prodotto dell’antico, nel bene e nel male, come s’è visto dal discorso di Zelensky alla Knesset e dalle reazioni che ha suscitato. In questi primi venti anni del XXI secolo sono mutati i rapporti di forza fra le grandi potenze: gli Stati Uniti non hanno più la forza di ieri, l’Europa non riesce a decidere quale sia il suo ruolo, la Cina è sempre più forte, ma seppure mutate le grandi potenze si fanno guerra esattamente come uno due tre secoli fa. In particolare, la Russia svela in queste ore la sua incapacità di superare il 1989 e di costruire su basi democratiche e libere una società nuova. La colpa non è solo di Putin.
All’alba del nuovo millennio, gli analisti e gli studiosi si divertono a fare i venditori di almanacchi, gli pseudo-profeti, se ne vedono a iosa negli schermi televisivi; invece dovrebbero mettere i problemi sul tavolo, esaminarli uno per uno in rapporto a quello che è accaduto ieri o ieri l’altro, con gli strumenti di cui dispongono senza curarsi di una fittizia frammentazione del calendario. Se mai, il susseguirsi dei secoli potrebbe indurre a riscoprire non il nuovo, ma l’eterno ritorno della sopraffazione, dell’aggressore che umilia l’aggredito, dell’inerme costretto a fuggire. Tanto varrebbe allora recuperare la saggezza romanesca del vecchio e caro Belli. Al papa che cercava di impartirgli una lezione di teologia applicata alla storia, ribadiva la sua antica saggezza: “L’uno buggera l’altro, Santità”.

Alberto Cavaglion

(30 marzo 2022)