Dalla maratona al Muro Occidentale,
il raccoglimento dell’atleta
per l’Ucraina sotto attacco

Dal giorno in cui ha vinto la maratona di Gerusalemme la popolarità di Valentyna Kiliarska Veretska è stata globale. Non c’è quasi testata sportiva al mondo infatti che non si sia occupata della sua storia, raccontando della casa distrutta dai russi, del marito Pavlo che sta combattendo a Mykolaiv e della fuga in Polonia, in circostanze drammatiche, insieme alla figlia Alisa. Fino alla luce di speranza riaccesa con questo invito da parte di Israele. Una partecipazione, la sua, per testimoniare la forza e la resistenza “di un popolo che non si arrende”.
Tra tante sollecitazioni che sono seguite l’atleta ucraina non ha voluto mancare l’appuntamento con una visita al Muro Occidentale. Valentyna non è ebrea ma dice di sentire molta affinità con Israele, un Paese che molto le ha dato in termini di solidarietà e vicinanza umana.
“Andrò al Muro Occidentale, un luogo che è sempre stato nei miei pensieri, per esprimere una speranza. Sarà un pensiero, naturalmente, di pace. Per il mio popolo, per tutto il mondo”, aveva detto poche ore prima della sua impresa sportiva. E così è stato.
L’invito di Gerusalemme, ha spiegato incontrando Pagine Ebraiche alla vigilia della gara, è stata la realizzazione di un sogno. “Era da tanto che volevo confrontarmi con questa sfida, ben prima che iniziasse questa guerra orribile. Ben prima – ha affermato – che il mio popolo fosse attaccato”.