“Tanakh, la nostra identità comune”
Per ricomporre le fratture fra laici e religiosi “dobbiamo convincerci tutti di un fatto: solo il Tanakh è la vera carta d’identità internazionale di ogni ebreo”. Così il sindaco di Gerusalemme Moshe Lion nell’intervenire al festival del Tanakh, acronimo che designa la Torah e i testi sacri dell’ebraismo, in svolgimento nella capitale con oltre un migliaio di partecipanti da Israele e e dall’estero (tra gli altri il rav Roberto Della Rocca direttore dell’area Educazione e Cultura UCEI).
Un incontro, un’occasione di confronto, che nasce nel segno di una formidabile intuizione. Quella del rabbino modern orthodox Benny Lau, artefice del progetto “929” che si propone di far conoscere, attraverso lo studio di un passo quotidiano, la ricchezza e gli stimoli del Tanakh. Un modo anche per rafforzare le relazioni, nel segno di una maggiore consapevolezza ebraica, tra Israele e comunità della Diaspora. Il Tanakh, ricorda infatti rav Lau, “è la nostra fonte primaria per creare un dialogo inclusivo che collega visioni religiose e filosofiche differenti, al fine di forgiare solidarietà e rispetto reciproco”. Non un’idea astratta “ma un progetto che vive negli spazi digitali e attraverso i gruppi di studio dedicati”.
Ad ispirare 929 uno straordinario progetto, Daf Yomi: lo studio giornaliero, per un totale di 2711 sessioni, di una pagina di Talmud. Un’idea vincente che risale al 1923, quasi un secolo fa, quando venne proposta dal rabbino Meir Shapiro nell’ambito del primo congresso dell’organizzazione religiosa Agudat Israel in Polonia.
La Bibbia, ha detto il Presidente d’Israele Isaac Herzog portando i suoi saluti al festival del Tanakh, “non è solo il passato del nostro Stato, ma ne è il presente e principalmente il futuro”.