PAGINE EBRAICHE MAGGIO 2022 - IL DOSSIER EBREI D'EUROPA
Un bivio, tra paure e speranze

Stando all’indagine di JDC l’Europa ebraica si troverebbe davanti a un bivio, “in equilibrio tra preoccupazioni contraddittorie e speranze per il futuro”.
In testa alle preoccupazioni, per la prima volta, c’è l’aumento dell’antisemitismo. Tuttavia questa minaccia esterna è seguita a breve distanza da una serie di minacce percepite relative a questioni strettamente interne. Nello specifico, si parla nell’ordine di “alienazione dalla vita della comunità ebraica (70%); mancanza di rinnovamento delle organizzazioni ebraiche (69%); mancanza di impegno da parte dei membri negli affari o nelle attività della comunità (68%); ignoranza/calo delle conoscenze sull’ebraismo (66%)”.
Un comune denominatore è la preoccupazione per la continuità della vita comunitaria ebraica come scelta di adesione volontaria. In questo senso, suggerisce JDC, “affrontare la pandemia potrebbe aver limitato la capacità dei dirigenti e delle organizzazioni di affrontare questi aspetti chiave”.
Con solo poche eccezioni, tutte le minacce sono valutate come più gravi rispetto alle indagini precedenti. La mancanza di sostenibilità economica per fornire servizi essenziali alla comunità ha registrato ad esempio, a livello europeo, “un aumento di quasi il 10%, passando dal 47% nel 2018 al 56% nel 2021”.
Lo stesso vale per la mancanza di una leadership ritenuta all’altezza delle sfide, “dal 51% nel 2018 al 60% nell’attuale indagine” e per i conflitti interni visti come sempre più insidiosi e laceranti: il dato era del 44% in passato “contro il 53% nel 2021”. Anche l’indigenza di una parte dei propri iscritti, raccontano i leader ebraici, “è cresciuta costantemente negli anni, dal 10% nel 2008 al 35% nel 2021”. Inquietano inoltre, cambiando drasticamente argomento, “i tentativi compiuti in Europa per vietare alcune pratiche religiose (brit milah, macellazione rituale)”. Un motivo di preoccupazione per il 60% dei rispondenti.
Alla domanda sulle cause comunitarie a cui dare la precedenza nei prossimi cinque-dieci anni, i dirigenti hanno focalizzato la loro attenzione “sulla lotta all’antisemitismo e sull’assicurazione della continuità comunitaria”.
In ordine di importanza, le loro principali priorità sono, oltre a quella di combattere il pregiudizio antiebraico nelle sue molteplici varianti, “rafforzare l’educazione ebraica, sostenere chi è in difficoltà, includere la leadership dei giovani negli organi decisionali e sviluppare politiche creative di sensibilizzazione verso i non affiliati”.
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IL CASO DELL'UCCISIONE DELLA GIORNALISTA SHIREEN ABU AKLEH
"Nessuna indagine condivisa con Israele"
I palestinesi e il no alla collaborazione
Il rifiuto dell'Autorità nazionale palestinese alla proposta d'Israele di condurre un'indagine condivisa sulla morte della giornalista di Al Jazeera, Shireen Abu Akleh, non è un buon segno. “Chi non ha nulla da nascondere non rifiuta di collaborare”, il commento di funzionari di Gerusalemme riportato dalla radio dell'esercito israeliano in queste ore. Una valutazione condivisa dal ministro delle Comunicazioni Yoaz Hendel, secondo cui “chiunque sostenga che l'esercito abbia ucciso la giornalista non lo fa sulla base di un'indagine o di fatti, ma di propaganda. Abbiamo detto che indagheremo, ed è quello che stiamo facendo, direttamente e onestamente”. Le dinamiche che hanno portato alla morte di Abu Akleh, uccisa da un proiettile alla testa durante uno scontro a Jenin tra palestinesi armati e forze di sicurezza israeliane, non sono ancora chiare. Una prima autopsia effettuata sul corpo della giornalista dai medici legali di Ramallah ha rilevato che “non era possibile” stabilire se fosse stata uccisa da armi da fuoco israeliane o palestinesi. Nonostante questa mancanza di certezze, le autorità politiche di Ramallah hanno continuato ad accusare Israele di essere responsabile della morte di Abu Akleh. Durante i funerali della reporter, il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha respinto con rabbia la citata proposta di un'indagine condivisa, affermando di ritenere “le autorità di occupazione israeliane pienamente responsabili". “Sono loro che hanno commesso il crimine e, poiché non ci fidiamo di loro, ci rivolgeremo immediatamente alla Corte penale internazionale”, ha aggiunto.
Israele si è rivolta all'Autorità palestinese chiedendo di ottenere il proiettile rimosso dal corpo di Abu Akleh per condurre test forensi e determinare la fonte del fuoco che l'ha uccisa, ma la risposta è stata negativa. L'ufficio del Coordinatore delle attività governative nei Territori, organo ufficiale di governo israeliano in Cisgiordania, aveva anche offerto di far presenziare all'esame rappresentanti dell'Anp e degli Stati Uniti (la giornalista aveva anche cittadinanza americana).
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EUROVISION A TORINO, L'ANNUNCIO DEL CANTANTE MICHAEL BEN-DAVID
"Rappresento Israele e mi sposo,
due sogni che diventano realtà"

Alla vigilia delle semifinali dell'Eurovision di Torino, Michael Ben-David, il cantante che rappresenta Israele nella competizione canora internazionale, ha annunciato di aver chiesto al suo compagno, Roy Ram, di sposarlo. Una notizia ampiamente ripresa e rilanciata dai media israeliani, con le immagini della proposta fatta dal cantante nell'hotel di Torino dove alloggia. “Nel momento più emozionante della mia vita in cui rappresento il mio paese sul grande palcoscenico europeo, ho realizzato un altro sogno”, ha scritto Ben-David, in riferimento al futuro matrimonio.
Il cantante, protagonista di un incontro a Torino organizzato dall'ambasciata d'Israele in Italia e di una visita alla sinagoga della Comunità ebraica locale, si esibirà questa sera per secondo nella seconda semifinale. IM il titolo della sua canzone, dedicata al tema dell'auto-accettazione. “Non posso prevedere quali saranno i risultati, ma sono ottimista perché siamo molto orgogliosi di ciò che abbiamo creato. Abbiamo lavorato ventiquattro ore su ventiquattro. - le parole del venticinquenne di Ashkelon dopo le prove, in cui, raccontano i media israeliani, ha raccolto un lungo applauso dei presenti - Le reazioni che riceviamo sono pazzesche. È incredibile emozionante e non è affatto scontato”.
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IL RICONOSCIMENTO CONFERITO DAL COMUNE DI FERRARA
"Rav Luciano Caro, ferrarese ad honorem"

Dal 1990 rav Luciano Meir Caro è rabbino capo di Ferrara. In questi trent'anni, spiega il rav, “molto ho dato alla città e molto ho ricevuto”. E ora è arrivato il riconoscimento più emblematico di questo consolidato legame: il conferimento, su decisione unanime del Consiglio comunale, della cittadinanza onoraria di Ferrara a rav Caro. “Punto di riferimento per le comunità ebraiche, promotore del dialogo e costruttore di pace che molto si è speso per mantenere viva la memoria della Shoah”, le motivazioni ufficiali che hanno portato il Comune a questa scelta, ribadite nella cerimonia ufficiale organizzata al Ridotto del Teatro Comunale. “Sono lusingato e commosso”, le parole del rav nel corso dell'evento in suo onore tenutasi, alla presenza delle autorità. “Non è solo un atto formale – ha sottolineato il sindaco Alan Fabbri – ma un gesto di affetto, condiviso e richiesto a più voci, è il nostro modo di dirgli grazie”. Ringraziando tutti i presenti, la moglie Miriam, i suoi “prestigiosi Maestri”, il rav ha colto l'occasione per delineare l'origine e l'evoluzione del rabbinato all'interno della storia ebraica. E per ricordare il legame tra la città estense e l'ebraismo. “A Ferrara gli ebrei hanno vissuto momenti non facili, ma anche momenti di tranquillità operosa, integrati come sono nel tessuto della città”. Un rapporto richiamato anche dal ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi, che ha definito la cittadinanza onoraria come un riconoscimento “a tutta la comunità ebraica ferrarese, alla sua storia, alla sua presenza discreta, attenta, continua”. Per la Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche italiane, Noemi Di Segni, rav Caro rappresenta “un esempio e un riferimento di vita anche e soprattutto di fronte alle sfide morali". Di "Maestro di vita" ha parlato anche rav Giuseppe Momigliano, vicepresidente dell'Assemblea Rabbinica italiana. “Lieti e onorati della decisione del consiglio comunale”, il commento di Fortunato Arbib, presidente della comunità ebraica di Ferrara, rimarcando l'impegno del rabbino capo e la sua “instancabile volontà e preparazione”. A tratteggiarne il carattere, il presidente del Museo Nazionale dell'Ebraismo e della Shoah (Meis) Dario Disegni, che ha ricordato la lunga conoscenza che lo lega a Caro, sin dagli anni in cui studiava per diventare rabbino a Torino presso la scuola rabbinica Margulies.
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LA DECISIONE DEI CONSIGLIERI DI MILANO EBRAICA
Comunità di Milano, l'opposizione si dimette
"Impossibile portare avanti un dialogo"
Tutti e otto i Consiglieri di Milano Ebraica, lista di opposizione del Consiglio della Comunità ebraica di Milano, hanno rassegnato le dimissioni nelle giornata di ieri. “Impossibile portare avanti un dialogo - scrive Milano Ebraica in una nota diffusa dal sito della Comunità Mosaico - con una controparte che si contraddistingue" "da un atteggiamento arrogante, dispotico e anti-democratico”. La decisione, aggiungono, è stata presa “con grande amarezza” dopo “mesi difficili” e dopo l'ultima tesa riunione del Consiglio, tenutasi in parte a porte chiuse e in cui si è discusso del messaggio inviato dal presidente della Comunità Walker Meghnagi a Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, che quest'ultimo ha letto pubblicamente durante la convention di Fratelli d’Italia a Milano.
Nel Consiglio a porte chiuse, secondo quanto scrivono i Consiglieri di minoranza, Meghnagi ha letto un messaggio in cui “ha avanzato accuse di aver divulgato un messaggio privato che ha provocato minacce contro di lui e la sua famiglia. Un episodio assolutamente grave per il quale abbiamo tutti espresso massima solidarietà. Ma non possiamo accettare le non velate accuse per cui saremmo noi la causa di queste minacce. È utile - si legge nella nota - allora ricordare ancora una volta, che la lettera inviata a Ignazio La Russa, è stata letta pubblicamente durante la convention di Fratelli d’Italia e subito ripresa e pubblicata dal quotidiano Il Secolo d’Italia e successivamente da altri quotidiani. Una notizia che i bravi cronisti del giornale vicino a FDI non si sono fatti sfuggire”.
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Nazionalismo e nazismo
 Le reiterate accuse di nazismo rivolte da Putin e da tutta la propaganda russa non solo contro il Battaglione Azov ma anche a Zelenski, al gruppo dirigente ucraino e più in generale all’intera popolazione ucraina non possono essere ignorate come semplice propaganda di guerra, anche se questo aspetto è quello oggi prevalente. Bisogna chiedersi se nella storia e nella cultura ucraina c’è qualcosa che in qualche modo possa giustificare quell’accusa.
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Machshevet Israele - Ancora sul midrash
 Devo riprendere il tema del midrash, su cui ho scritto la volta scorsa, per rimediare alle omissioni (di cui ero conscio, data la vastità del tema) e segnalare altri testi, che aiutino a navigare nel mare della Torà scritta e orale approcciata con questo specifico metodo rabbinico. Che sia un mare aperto lo esperimenta chiunque si immerga nei sei volumi della grande sintesi midrashico-aggadica fatta da Louis Ginzberg, scritta in tedesco nei primi due decenni del secolo scorso, subito tradotti in inglese in un’edizione divenuta un classico e ora resi in italiano da Elena Loewenthal.
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