L'ESECUTIVO IN MINORANZA ALLA KNESSET 

Israele, governo sempre più a rischio
 

Ogni cinque anni, dal 1967, il Parlamento israeliano ha approvato il “Regolamento di emergenza – Giudea e Samaria, giurisdizione e assistenza legale”. 
Si tratta di un provvedimento che permette di applicare la legge civile israeliana – e non quella militare – ai cittadini che vivono negli insediamenti in Cisgiordania. Molti i settori regolati, dalla riscossione delle tasse alla giustizia, dalle indagini della polizia su eventuali crimini commessi nelle aree di riferimento alla copertura dell’assicurazione sanitaria nazionale. La normativa, approvata di fatto automaticamente da decenni, regola dunque in modo esteso e fondamentale la vita di cinquecentomila israeliani. Senza, Gerusalemme si troverebbe di fronte a un grosso problema da affrontare. 
Per questo quanto accaduto nelle scorse ore alla Knesset fa molto rumore: la coalizione di governo non è riuscita a far approvare il pacchetto normativo, valido ancora fino alla fine del mese, dimostrando così tutta la sua fragilità interna. Dopo aver già perso la maggioranza con le dimissioni di uno dei suo membri (Idit Silman di Yamina), ora il governo del Primo ministro Naftali Bennett è andato sotto. Cinquantotto i voti dell’opposizione contro i cinquantadue della maggioranza. Ad essersi sfilati, in particolare, due parlamentari: Mazen Ghanaim del partito islamico Raam e Ghaida Rinawie Zoabi della sinistra di Meretz. Il voto è stato la più esplicita dimostrazione delle grandi differenze interne a una coalizione eterogenea che per un anno è riuscita a tenere insieme anime di destra, di sinistra e un partito arabo. La coesione si fondava su alcuni assunti, tra cui quello di evitare per quanto possibile di toccare questioni legate agli insediamenti e i rapporti con i palestinesi. La scadenza della normativa di emergenza ha però fatto riemergere divisioni e contrasti.

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L'INCARICO AL VIA A SETTEMBRE

Venezia, rav Sermoneta il nuovo rabbino capo
 

L’inizio del prossimo anno ebraico porterà a Venezia un nuovo rabbino capo: rav Alberto Sermoneta, in carica a Bologna con la medesima funzione da 25 anni esatti. Una nuova sfida che si materializzerà alla fine dell’estate, nel periodo delle prime festività dell’anno 5783: Rosh Hashanah, Yom Kippur, Sukkot. 
Rav Sermoneta, nato e formatosi a Roma, della cui Comunità è stato sia chazan che sofer, subentrerà al rav Daniel Touitou (il cui mandato è in scadenza nelle prossime settimane). “La sua è la candidatura che ci è sembrata più appropriata per una realtà come la nostra. Un rabbino di grande esperienza, che ha saputo reggere una Comunità significativa come quella bolognese con coerenza, polso fermo e autorevolezza” sottolinea Dario Calimani, il presidente degli ebrei veneziani, nel motivare le ragioni che hanno portato a questa scelta.
Una nomina avallata all’unanimità dal Consiglio comunitario e che ci si aspetta “possa aiutare a riunire le varie anime di questa Comunità, nel segno di quelle qualità umane e rabbiniche che gli sono riconosciute”. Per Calimani rav Sermoneta è infatti “un Maestro con la m maiuscola, competente ed equilibrato; tratti distintivi chiaramente emersi nel suo lavoro a Bologna”.

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DAFDAF GIUGNO 2022

L'importanza di porsi domande
 

“Di cosa è fatto l’universo? Ma, soprattutto, perché ci facciamo tante domande?”.
Sono parole che nella copertina del numero 133 di DafDaf facciamo pronunciare a Filò, il personaggio creato da Luisa Valenti per la rubrica di filosofia che per tanto tempo Sara Gomel ha curato per le pagine del giornale ebraico dei bambini, ma vogliamo chiarirlo subito: è una piccola forzatura. In realtà è un frammento “rubato” al “Missione filosofia”, il libro che presentiamo nelle prime pagine. Scritto da Sara Gomel e illustrato da Elena Triolo (e pubblicato da MIMebù edizioni), riprende e approfondisce alcuni dei temi toccati su DafDaf, per cercare risposta alle domande che abbiamo voluto mettere in copertina, anche grazie ad Artemisia, personaggio creato per il libro da Elena Triolo. Filò e Artemisia, insieme, ci ricordano che la filosofia costituisce un mondo complesso e inesauribile, pieno di spunti pronti per essere trasformati in ragionamenti e riflessioni. In “Missione filosofia” ci sono indizi e riferimenti di arte, scienza, matematica, grammatica, musica… perché tutto ciò che riguarda il sapere è pane quotidiano per chi fa filosofia. 

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I CENTO ANNI DELLA PITTRICE

Dalla fuga d'Egitto all'Odessa narrata da Babel:
ebraismo e identità nell'arte di Silvana Weiller
 

“Un gioco serissimo, anzi profondo”. Potrebbe cominciare da queste parole di Diego Valeri la riflessione sui racconti dipinti di Silvana Weiller. La serie dei cartoni e dei disegni prodotti dell’artista a partire dall’immediato dopoguerra sino a circa i primi anni sessanta, sono conosciuti da pochi e in parte purtroppo andati perduti. Eppure rappresentano, grazie al carattere della narrazione fiabesca, uno spaccato straordinario della sua creatività, nella quale il racconto biblico, attraverso un lessico incantatorio, si colora di magico. Ma andiamo con ordine e avviciniamoci con trepidazione a questa sontuosa parata di personaggi, interpreti di storie antiche, di quelle che si tramandano di generazione in generazione.
Quest’anno Silvana Weiller Romanin Jacur ha raggiunto il secolo di vita; un traguardo importante se non addirittura eccezionale, come d’altra parte eccezionale è stata la sua presenza sulla scena artistica patavina. Nel 1945, moglie di Leo Romanin Jacur, giunge a Padova dalla Svizzera. È una giovane sposa carica di speranze e soprattutto di voglia di ricominciare, fosse solo per quel figlio che porta in grembo. Vuole lasciarsi alle spalle il passato: di fronte a sé ha una strada tutta nuova da percorrere, disseminata di incertezze ma anche di aspettative. Una svolta fondamentale quindi, che prende l’avvio da una città diversa da quella che l’aveva vista ragazza spensierata e felice (nata a Venezia, è vissuta a Milano sino al 1943) e da una posizione sociale differente. Ora deve accantonare traumi e paure (che pur tuttavia torneranno sempre ad aggrovigliarle l’animo) e fare affidamento sulla famiglia per trovare un solido equilibrio fatto di valori, d’identità e di tradizioni, da trasmettere ai figli. Fondamentale diviene la partecipazione alla vita comunitaria che lentamente e faticosamente ricomincia la sua attività. Gli ebrei ritornano pian piano, alcuni con poche cose, altri con niente, qualcuno recupera i propri averi, altri hanno perso tutto. Ugualmente confusi, scossi, annichiliti ma anche animati da una gran voglia di ricominciare.


L’Italia non è più la stessa, il mondo non è più lo stesso, ma la vita deve andare avanti. L’emergenza dei primi momenti lascia il passo alla ricostruzione. Vitale è il desiderio, la necessità di ritrovarsi, sentirsi vivi nonostante tutto; in una parola dimostrare di esserci ancora. Non solo le funzioni religiose e la riapertura dell’asilo per i più piccoli rappresentano una priorità ma anche il ritrovarsi per le festività ebraiche è l’occasione per riunirsi, far festa tutti insieme e insieme ricucire l’esistenza.
Risalgono proprio a questi momenti conviviali i rotoli lunghissimi (alcuni arrivano a quattro metri) che Silvana Weiller disegna per abbellire le poco accoglienti sale della Comunità di Padova (i lavori di restauro verranno effettuati tra il 1961-1962). Sono disegni nati per divertire raccontando, che danno un’impressione di levità e scioltezza, di gioco: di gioco serissimo che allieta.

(Nelle immagini: Silvana Weiller; un suo racconto dipinto dedicato alla festa di Pesach)

Marina Bakos

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LA PRESENTAZIONE DELL'ARCHIVIO VIRTUALE 

Fosse Ardeatine, 335 storie: una rete per la Memoria
 

Sono ad oggi oltre 13mila i documenti selezionati, analizzati e digitalizzati nell’ambito del progetto “ViBiA – Virtual Biographical Archive” ideato dal Museo storico della Liberazione di via Tasso e dall’Università degli Studi di Roma Tor Vergata per raccontare nel modo più esaustivo possibile, partendo dalla storia delle 335 vittime, l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Un progetto in divenire ma che già molti risultati ha messo a segno nei suoi sette anni di attività, col supporto anche del governo federale tedesco che dal 2019 lo sostiene attraverso il Fondo italo-tedesco per il Futuro. L’occasione per fare il punto nel corso di un incontro di studio in svolgimento presso la Sala convegni dell’Archivio storico della Presidenza della Repubblica con la partecipazione dei numerosi partner istituzionali coinvolti in questa rete del ricordo consapevole.
Coordinato dalla professoressa Alessia A. Glielmi, autrice nel 2020 del saggio “Il corpo e il nome. Inventario della Commissione tecnica medico-legale per l’identificazione delle vittime delle Fosse Ardeatine (1944-1963)”, il progetto si basa su un metodo comparativo attraverso il quale è stato possibile individuare i nominativi e i dati biografici di sei vittime considerate ignote, delle quali si è anche ricostruito il luogo e la cella di detenzione a Regina Coeli. Tra essi Marian Reicher e Heinz Eric Tuchman, identificati ufficialmente nel 2020.

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L'ALLARME DEL PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE MUSEO DELLA SHOAH

"Violenza e antisemitismo negli stadi,
serve più consapevolezza" 

“La stagione calcistica italiana si chiude tra luci ed ombre. Al rinnovato entusiasmo manifestato dai tifosi, affollati numerosi sugli spalti, si accompagna purtroppo il persistere di fenomeni di violenza, di richiami nostalgici al fascismo e all’antisemitismo”.
È quanto rimarca il presidente della Fondazione Museo della Shoah Mario Venezia in una nota, segnalando “una irresponsabile competizione al ribasso” che caratterizzerebbe l’ambiente del pallone a vari livelli. Le dichiarazioni in merito ai ricorrenti episodi di violenza verbale si ridurrebbero infatti “a labili e reiterate sentenze: ‘è vero, alcuni dei nostri esagerano, ma gli altri? La stampa è sempre schierata’”.
Affermazioni che, a detta di Venezia, “sintetizzano lo stato delle cose: si minimizzano i fatti interni e si estremizzano quelli esterni”. L’impressione pertanto è che “si stenta a capire, o meglio ad ammettere pubblicamente, che la propagazione di civiltà nel proprio ambito è prioritaria e non sostituibile dalle considerazioni sulle colpe altrui”.
 

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Fermarsi in tempo
Se c’è qualcosa che delegittima l’impegno rivoluzionario è il superamento del limite della misura. Lo dimostrano le rivoluzioni della storia, ma anche le rivoluzioni culturali dei nostri giorni. Lo dimostrano i tentativi di ribilanciare le ingiustizie nelle differenze di genere – anche nel linguaggio –, o di annullare la trasmissione della nostra memoria – magari attraverso la ‘cancel culture’.
Arriva sempre il momento in cui il limite viene superato e si cade in una ingiustizia opposta. E, non di rado, nel ridicolo. È sempre difficile fermarsi in tempo.
 
Dario Calimani
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Psicodramma
Sabina Manes è autrice del libro “Lo psicodramma: tecniche e giochi di conduzione”. Franco Angeli, Milano, 2011, nel quale avvia il discorso citando Jacob Levi Moreno, fondatore della cennata tecnica. Non a caso, nello psicodramma c’è un conduttore. Vedevo “Di Martedì”, programma de La7 condotto da Giovanni Floris, e mi pareva di scorgere qualcosa di diverso dagli altri talk show.
Emanuele Calò
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Pensare un futuro di guerra
Tre mesi e mezzo di full immersion mediatica nella tragedia ucraina ci hanno progressivamente portato ad avvertire la guerra di aggressione e di conquista condotta a non grandissima distanza da noi come fatto quotidiano, al quale paradossalmente stiamo persino facendo l’abitudine. È uno spettacolo terribile che contemporaneamente ci sconvolge e ci avvince. 
 
David Sorani
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