L'ACCORDO AL CAIRO TRA UE, ISRAELE ED EGITTO
Fornitura di gas, una firma per la Storia

L’affrancamento dalla dipendenza del gas russo è uno dei grandi obiettivi della diplomazia europea, al lavoro da settimane per tessere una rete alternativa. Un tema al centro anche dei recenti colloqui israeliani del premier italiano Draghi e della numero uno della Commissione europea Ursula von der Leyen. Proprio von der Leyen ha oggi partecipato a un evento che si annuncia storico e i cui effetti potrebbero andare molto oltre l’esclusiva sfera economica: la firma di un memorandum d’intesa tra Israele ed Egitto che prevede l’impegno a condividere il loro gas naturale con l’Europa, avvenuta in occasione della settima ministeriale del Forum del gas del Mediterraneo orientale al Cairo. “Un accordo che contribuirà alla nostra sicurezza energetica”, il pensiero espresso a margine dell’accordo. “Oggi facciamo la storia”, ha poi affermato la ministra dell’Energia israeliana Karine Elharrar. Una sensazione condivisa dal ministro egiziano Tarek El-Molla. Nuovi orizzonti di collaborazione preparati anche nel pranzo tra Draghi e Bennett, cui anche Elharrar era presente. Nel corso dell’incontro Draghi ha esposto a Bennett le politiche economiche adottate in Italia per calmierare i prezzi dell’energia, riscontrando un forte interesse sul tema della tassazione degli extraprofitti. “Ne voglio sapere di più. Questi – ha dichiarato Bennett – sono tempi davvero eccezionali”. Durante il confronto Elharrar aveva espresso l’intenzione di incontrare a breve il suo omologo Roberto Cingolani. “Vogliamo cooperare anche sul fronte delle rinnovabili, ad esempio sull’idrogeno verde. Spero – il suo auspicio – che ci possa essere presto un ‘memorandum of understanding'”.
Leggi
|
|
ABRAHAM YEHOSHUA (1936-2022) - LA TESTIMONIANZA
Colori e luci di un grande scrittore

Lo incontrai di persona la prima volta all’istituto Van Leer di Gerusalemme. Erano i primi anni Novanta e non avevo ancora letto i suoi libri. I suoi occhi penetravano con passione e i ricci ancora scuri si agitavano con i movimenti della testa. Puntava il dito verso un pubblico di accademici e intellettuali. Non parlava di letteratura ma di politica. Lo preoccupava l’occupazione dei territori palestinesi. “Cosa diventeremo?”, diceva. “Come possiamo noi ebrei occupare altri popoli?”. Il mio ebraico era già sufficientemente buono per capire le sue frasi, scandite con tale chiarezza e convinzione. Una pronuncia tonda, potente, nonostante la lingua scontrasse i denti quando pronunciava le due “t” dell’alfabeto ebraico, regalando una veloce e buffa zeppola. Gli occhi incrociavano spesso quelli di una donna seduta in seconda fila. Lei sorrideva, ricambiava, approvava. Presto avrei conosciuto anche Ika, psicologa, docente, madre dei suoi figli, compagna della sua vita. Si erano conosciuti e amati, condividendo l’amore per i figli e per il proprio paese, per la Francia e poi per l’Italia, per gli amici, per la musica, per il teatro e infine per i nipoti.
La loro casa sul Monte Carmelo era piena di colori e di luce. Ika sembrava sempre di buon umore, ma si capiva che ogni cosa fosse soggetta al suo giudizio. Bulli, come lo chiamavano gli amici, insegnava letteratura all’Università di Haifa. Mi parlava dei suoi studenti, di come a volte le loro domande lo intrigassero. Ika sapeva già tutto. Lui l’aveva messa al corrente, si era confidato, avevano già discusso con lei qualsiasi particolare.
Un giorno di maggio con un tempo splendente feci vedere loro Roma dal tetto del Vittoriano. Sembravano due fidanzati in vacanza. Lui puntava il dito, questa volta non per accusare ma per chiedere cosa fosse quella chiesa, e quel palazzo, e quella rovina. Una curiosità instancabile, insaziabile. Entrambi erano sempre pieni di domande su ogni cosa nuova che vedevano, sui costumi delle persone, sulle abitudini che non conoscevano, sulle storie personali e famigliari, su come ciascuno di noi reagiva alla vita, dalle cose piccole a quelle molto più grandi. Per loro casa era però sempre Israele, con le sue contraddizioni e i suoi problemi. Era comunque il centro della vita, il tronco del loro albero, la postazione speciale dalla quale osservavano e commentavano il mondo. Era la loro prospettiva, da spiegare, difendere e anche mettere in discussione, qualora la loro coscienza sentisse il bisogno di sollevarsi e parlarne.
Una sera li invitammo a cena a Tel Aviv, ed era un pasto di Shabbat. Mio marito recitò le benedizioni del giorno festivo. Cantammo alcuni inni al Sabato. In casa c’era un’atmosfera di grande serenità. Bulli ed Ika si dissero impressionati e cominciarono a inondarci di domande. Cosa ci aveva portati a rispettare in modo così pieno quel giorno? Bulli continuò per anni a fare certe domande.
Chiedeva anche: secondo te perché gli italiani amano leggere i miei libri? Perché parli di valori comuni, rispondevo. Perché descrivi un ambiente molto noto: la famiglia. E lo fai da dentro, scavando, sviscerando, raccontando cosa succede a ciascuno in momenti chiave della vita: innamoramento, tradimento, divorzio, mentire, rapporto con i figli, quello con la morte. Era affascinato dai suoi lettori italiani, dalla sua popolarità, perfino sotto l’ombrellone. “Non scrivo per loro, ma arrivo a loro”. Questo è il grande scrittore, gli ripetevo. Ma lui non amava le categorie. “Faccio quello che so fare, raccontare la vita che conosco”.
Le nostre conversazioni si allargavamo a quasi tutto, un po’ svolazzanti: dai suoi libri alla vita quotidiana, alla scienza. Per mesi si occupò di capire come avrebbe funzionato l’auto elettrica che gli aveva consigliato il figlio. Per altrettanti mesi raccontò com’era bello viaggiare sapendo di fare meno danni all’ambiente.
Durante un’altra delle tante visite italiane salimmo al Gianicolo. Era al tramonto. Ika mi chiese se potevo fotografarli insieme. Sembravano una coppia di giovani innamorati. Anche se Ika mi fece capire che le avevano scoperto un tumore, mostrandomi che la nuova pettinatura, con capelli lunghi che non le avevo mai visto, raccolti in una coda, era una parrucca, seppure assai ben fatta.
In Italia ci tornò senza Ika. “Non sono lo stesso”, mi sibilò quando lo accolsi a Ferrara. “Avrei voluto andarmene con lei, ma non è stato possibile”. La sua curiosità si era un po’ spenta. Qualcosa di lui era andato con lei. Voleva visitare Ferrara, ma non aveva più tante domande sulla vita. Lo guidai nel Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, appena costruito. Rimase impressionato dalla resilienza degli ebrei italiani, dalla loro capacità di mantenere una identità ebraica, attraverso così tanti secoli. Tenemmo una conversazione pubblica, presso il teatro Comunale, su “Il libro ebraico”. L’argomento lo appassionava, i suoi occhi scuri si riaccendevano mentre parlava di come usasse la lingua ebraica, la sua lingua. Una lingua antica e nuova, ci spiegava. Una lingua sintetica che ama le ripetizioni, ci ricordava. Una lingua che lui amava e che modellava magistralmente, da grandissimo artista, come lo scultore che riesce a piegare anche il marmo, come quei pochi che lasciano una impronta sull’anima del mondo.
Ci siamo ritrovati a Gerusalemme, e parlava della sua malattia e della morte, come un testamento vivente. Mi ha accolta felice di rivedermi in Israele. Mi ha salutata con uno sguardo pieno di affetto. Non vedeva l’ora di raggiungere Ika.
(Foto: Marco Caselli Nirmal)
Simonetta Della Seta
Leggi
|
|
ABRAHAM B. YEHOSHUA E L'ITALIA - UN RICORDO
"Amicizia di gioventù, amicizia per sempre"

La passione per l’Italia di Abraham B. Yehoshua ha radici antiche. A fargli conoscere più a fondo questa realtà è stato tra gli altri un grande amico: Carlo Andrea Mortara, economista e consigliere di vari ministri, cui l’univa la comune militanza nelle istituzioni ebraiche. Yehoshua in quanto segretario generale a Parigi della World Union of Jewish Students, incarico svolto dal 1963 al 1967. Mortara in quanto Consigliere della Fgei, la Federazione Giovanile Ebraica d’Italia costituita nel ’48 in un momento di ripartenza dopo l’orrore della guerra e della persecuzione. “Accoglierlo nella nostra casa milanese era sempre una gioia. Parlavamo di tanti temi e in particolare di ebraismo e identità. Allora aveva una visione abbastanza critica nei confronti degli ebrei della Diaspora, ritenendo che il loro posto non potesse che essere in Israele. Col tempo credo che questa sua posizione si sia attenuata”, racconta Mortara a Pagine Ebraiche. Già allora, soprattutto, “si intravedeva una formidabile capacità di scrittura, un talento fuori dal comune”.
Gli aneddoti da raccontare sarebbero molteplici. Uno riguarda Firenze, altra città cui lo scrittore era molto legato. “Pochi lo sanno, forse nessuno per via della sua proverbiale riservatezza, ma proprio a Firenze visse l’esperienza drammatica dell’alluvione. Si trovava lì per un incarico della World Union of Jewish Students. Fu sorpreso dagli eventi e costretto a tornare indietro”. Da Milano sarebbe presto giunto in soccorso Mortara, a capo di un gruppo di studenti dell’Università Statale in azione come “angeli del fango”. Un’esperienza intensa ma anche formativa, sul piano logistico, “per costituire, appena pochi mesi dopo, un gruppo di volontari che accorse in Israele allo scoppio della Guerra dei Sei Giorni”. Mortara è scosso dalla scomparsa di Yehoshua. “Eravamo rimasti molto amici, anche a distanza. Ogni incontro era una festa e, come succede alle amicizie di gioventù, l’impressione salutandoci e riabbracciandoci è che ci fossimo lasciati appena il giorno precedente. Mancherà, sia come scrittore che come uomo”.
(Foto: Marco Caselli Nirmal)
Leggi
|
|
LA MOSTRA OMAGGIO AL GRANDE FUMETTISTA ISRAELIANO
Asaf Hanuka, diario di un realista

Quaranta tavole per celebrare uno dei più acclamati illustratori e fumettisti israeliani, vincitore in anni recenti di prestigiosi riconoscimenti come il Gran Guinigi e l’Eisner Award: Asaf Hanuka. Ad omaggiarlo “Diario di un realista”, mostra a cura della giornalista di Pagine Ebraiche Ada Treves che sarà inaugurata domenica 19 giugno alle 11.30 a Casale Monferrato, nei locali della Comunità ebraica cittadina. Nata in collaborazione con BAO Publishing e inserita nel contesto di CasaleComics & Games, l’esposizione è un percorso attraverso i temi della pluripremiata striscia autobiografica di Hanuka pubblicata in Italia nei tre volumi di “KO a Tel Aviv”. Asaf Hanuka, sottolinea Treves nel presentare la mostra, disegna se stesso. Ed è una scoperta, “qualcosa che gli viene facile, e che porta a una sorta di auto analisi irriverente dove il personale e l’universale si intrecciano e si alimentano vicendevolmente arricchendosi di nuovi paradossi”. Che si tratti di questioni familiari, delle infinite contraddizioni della società israeliana o del racconto delle proprie tradizioni il nucleo resta costante. Il tema centrale, prosegue Treves, “è sempre un’identità di difficile definizione: un ebreo che non crede in Dio, un cittadino israeliano dalla cultura araba, un disegnatore di successo che forse non crede troppo in se stesso”. Qualcuno, aggiunge, “che in fondo ha un’identità segreta: un supereroe, come spesso si disegna, qualcuno che ritiene a definirci sia più quello che nascondiamo rispetto a quello che decidiamo di lasciar trasparire”.
Leggi
|
|
LA PRESENTAZIONE DEL FESTIVAL EBRAICA
"Torniamo a incontrarci, torniamo ad ascoltarci"

Due anni di pandemia hanno trasformato le nostre relazioni. Ora che la morsa sembra essersi allentata la sfida è far sì che l’atteso ripristino della socialità e degli scambi interpersonali si orienti “verso qualità a lungo sopite come gentilezza, pazienza, ascolto e dialogo”. È il filo conduttore della nuova edizione del festival Ebraica, promosso dalla Comunità di Roma e curato da Ariela Piattelli, Raffaella Spizzichino e Marco Panella, il cui tema è quest’anno “Back to Humans”. Molti gli incontri in programma nell’area del quartiere ebraico dal 21 al 23 giugno, preceduti domenica 19 dal ritorno della Notte della Cabbalà. Performance teatrali, presentazioni di libri, passeggiate culturali caratterizzeranno la quindicesima edizione di Ebraica, presentata quest’oggi nel corso di una conferenza stampa nei giardini del Tempio Maggiore. “Un programma articolato e molto piacevole, vitale e vivace” ha sottolineato la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello. “Una nuova occasione, per la nostra Comunità, per aprirsi al confronto".
Leggi
|
|
IL RICONOSCIMENTO DELL'UNIVERSITÀ DI PALERMO
"Evelyne Aouate, donna del dialogo"

Immenso è il segno lasciato da Evelyne Aouate a Palermo in qualità di prima artefice del risveglio d’interesse in corso su tutto il territorio verso la storia e identità ebraica. Un impegno che guarda al presente ma anche al futuro dell’ebraismo siciliano, per far sì che la sua straordinaria eredità progettuale e valoriale non vada dispersa. Va in questa direzione l’onorificenza di benemerito a lei conferita alla memoria dall’Università degli Studi locale. Un riconoscimento che va a premiare persone o enti che “abbiano contribuito alla crescita dell’ateneo, alla circolazione del sapere, al trasferimento delle conoscenza” o che si siano distinti “per atti e comportamenti degni di alta considerazione civile”. È quanto ha fatto nel tempo, con l’ammirazione di molti, Evelyne Aouate. Nella motivazione si attesta infatti il contributo offerto alla diffusione “della conoscenza dell’ebraismo, della sua storia, cultura e spiritualità”. Insieme al significativo apporto dato al Dialogo interreligioso e interculturale, “promuovendo sempre l’ascolto dell’altro, il confronto sincero e pacifico, l’incontro di culture differenti”.
Leggi
|
|
Ticketless - Mesopotamie
 Il paesaggio italiano è stato spesso osservato attraverso la lente della Scrittura. Il sud in particolare, la cui “feracità da Terra Promessa” piaceva a Berenson quanto a Pasolini, la Roma dei colli spesso paragonata alla Gerusalemme dal Tasso e da altri. Uno spazio speciale in questo scenario biblico-letterario occupano i lidi ferraresi, il Polesine, gli spazi sconfinati che avvolgono talora con la nebbia la città di Ferrara.
Ne ha fatto oggetto di un libro appassionante Sandro Abruzzese, migrante interno come ama definirsi, nato in Irpinia e da anni docente a Ferrara. A lui si deve già un libro importante pubblicato da Manifestolibri, un ossimoro geografico fin dal titolo (“Mezzogiorno padano”, 2015). Accompagnato da un fotografo molto bravo (Marco Belli), Abruzzese ha composto un delicato reportage in questa sua patria di adozione, che per molti italiana è diventata una sorta di terra di nessuno, dove non vi sarebbe nulla da vedere.
|
|
|
Periscopio - La luce di Salomone
 Nel decimo Canto del Paradiso Dante racconta di come, entrato nel cielo di Giove, insieme a Beatrice, si veda circondato da dodici spiriti beati che, splendendo come stelle scintillanti, danzano e cantano intorno al visitatore e alla sua guida, creando intorno a loro una corona luminosa, simile all’aureola che circonda la luna.
|
|
|
Pagine Ebraiche 24, l'Unione Informa e Bokertov sono pubblicazioni edite dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. L'UCEI sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Le testate giornalistiche non sono il luogo idoneo per la definizione della Legge ebraica, ma costituiscono uno strumento di conoscenza di diverse problematiche e di diverse sensibilità. L’Assemblea dei rabbini italiani e i suoi singoli componenti sono gli unici titolati a esprimere risoluzioni normative ufficialmente riconosciute. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo comunicazione@ucei.it Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: comunicazione@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio "cancella" o "modifica". © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.
|
|
|
|
|