Ticketless – Mesopotamie
Il paesaggio italiano è stato spesso osservato attraverso la lente della Scrittura. Il sud in particolare, la cui “feracità da Terra Promessa” piaceva a Berenson quanto a Pasolini, la Roma dei colli spesso paragonata alla Gerusalemme dal Tasso e da altri. Uno spazio speciale in questo scenario biblico-letterario occupano i lidi ferraresi, il Polesine, gli spazi sconfinati che avvolgono talora con la nebbia la città di Ferrara.
Ne ha fatto oggetto di un libro appassionante Sandro Abruzzese, migrante interno come ama definirsi, nato in Irpinia e da anni docente a Ferrara. A lui si deve già un libro importante pubblicato da Manifestolibri, un ossimoro geografico fin dal titolo (“Mezzogiorno padano”, 2015). Accompagnato da un fotografo molto bravo (Marco Belli), Abruzzese ha composto un delicato reportage in questa sua patria di adozione, che per molti italiana è diventata una sorta di terra di nessuno, dove non vi sarebbe nulla da vedere. “Nulla da vedere” è non per caso il titolo dato a questo reportage (Rubbettino ed.). Per chi ama i libri di Bassani questo volume rappresenta l’occasione migliore per rivedere e rivisitare attraverso le pagine di un osservatore attento i luoghi che fanno da fondo al romanzo più anomalo dello scrittore ferrarese, “L’airone”, ma non solo questo romanzo. Interessa ad Abruzzese il legame stretto che unisce il centro rinascimentale della città con i dintorni, una linea di immaginazione, che unisce le piccole case di Ferrara ai luoghi della memoria, agli spazi del Polesine, in una stretta unità fra centro e periferia: “Se l’acqua rovescia il mondo, vien fatto di pensare a Gavello, ecco la nostra piccola Mesopotamia, striscia di terra stretta tra il Canalbianco e il Collettore Padano”.
La terra tra i fiumi, la nostra Mesopotamia. La metafora sarebbe piaciuta a Bassani, il Bassani paesaggista, l’animatore di Italia Nostra, il poeta che amava quella terra pur essendosene per sempre allontanato. A Bassani, Abruzzese dedica una lettera toccante, dove si rievoca il ritorno di Bassani a bordo di un’auto di lusso nella sua Casa di Cisterna del Follo e rivede sua madre giovane e lui scolaretto pieno di vita e di fiducia, come sta scritto in una delle sue più belle poesie.
Terre di pazzi, vaganti e braccianti, “per cui la lontananza che oggi affascina produceva spietata emarginazione”, commenta Abruzzese, che possiede una capacità di analisi sociologica non dilettantesca, legata alla lezione di Vito Teti, di cui va segnalato un libro altrettanto appassionante, appena uscito da Einaudi, “La restanza”. Il giorno in cui un fotografo si deciderà a immortalare l’Italia biblica, nei suoi scorci più emozionanti, dovremo ricordarci della Mesopotamia del Polesine che Abruzzese ci ha regalato.
Alberto Cavaglion
(15 Giugno 2022)