L'ACCORDO SIGLATO IERI SERA CON MEDIAZIONE EGIZIANA
Gaza-Israele, la tregua tiene

Sembra tenere la tregua siglata da Israele e Jihad islamica dopo tre giorni di lancio costante di razzi dalla Striscia di Gaza. Giornate di tensione ed esplosioni in cui la quotidianità dei cittadini del distretto meridionale d'Israele, quello più esposto al fuoco di Gaza, è stata nuovamente stravolta dalle sirene d’allarme e dalla necessità di correre e trovare riparo nei rifugi. Una prova dura, ma svoltasi “con disciplina”. È la valutazione del ministro della Difesa Benny Gantz, secondo il quale questo approccio nei confronti dell’emergenza avrebbe consentito al governo “di prendere decisioni” e ai militari “di completare le operazioni”. Agli abitanti del Sud del Paese si è rivolto anche Isaac Herzog, il Capo dello Stato, oggi in visita a Sderot (dove si è confrontato con i sindaci del territorio). “Sono venuto qui – il suo messaggio – per ringraziare voi e tutti gli abitanti di quest’area. Senza di essa non ci sarebbe Israele. Voi siete la porta d’accesso al Paese, lo scudo che ci protegge”. Un altro scudo che ha ben funzionato è senz’altro Iron Dome, il sistema antimissile già rodato in altri momenti di crisi che ha disinnescato la gran parte degli ordigni esplosi dai terroristi della Jihad Islamica. La stima è che il 97% dei colpi siano stati neutralizzati.
(Nell’immagine: l’incontro tra il Presidente Herzog e alcuni sindaci del territorio)
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DOMANI LA CERIMONIA IN RICORDO DELLE VITTIME
Jo Goldenberg, a 40 anni dall'attentato
gli ebrei francesi tornano a chiedere giustizia

È l’ora di pranzo del 9 agosto 1982 quando un gruppo di terroristi palestinesi attacca il ristorante ebraico-parigino Jo Goldenberg, tra i più frequentati del Marais. Armati di mitragliatrici e granate, in pochi minuti compiono una strage. Sei le vittime, ventuno i feriti. Uno shock profondo e incancellabile. Ma anche una vicenda dai contorni ancora poco chiari con cui il Paese tornerà a fare i conti nelle prossime ore, nel quarantesimo anniversario dall’attacco, attraverso una cerimonia organizzata dal ministero della Giustizia in collaborazione con il Consiglio rappresentativo degli ebrei francesi e altre organizzazioni.
Giustizia come ricerca di verità e come obiettivo imprescindibile. Un punto che le istituzioni dell’ebraismo d’Oltralpe sono tornate a sottolineare con forza alla viglia dell’appuntamento. Evidenziando in questo senso le responsabilità di Autorità nazionale palestinese e Giordania, entrambe solerti nel rigettare le richieste di estradizione formulate nei confronti di sospetti membri del commando. Dal 2020 si trova invece in Francia un altro sospetto, Abu Zayed, estradato grazie a un accordo con la Norvegia. Dal processo che dovrebbe aprirsi a suo carico è possibile emergano verità volte a far luce non soltanto sull’attentato parigino. Una ipotesi attribuita agli inquirenti francesi vede infatti Abu Zayed coinvolto anche nell’attacco al Tempio Maggiore di Roma del 9 ottobre successivo.
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PAGINE EBRAICHE - IL DOSSIER "LIBRI IN VALIGIA"
Pagine per interrogarsi sull'identità
È sempre il momento per porsi la domanda racchiusa nel titolo del volume di Abraham Joshua Heschel Chi è l’uomo?. Una lettura che rav Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova, racconta di aver fatto diversi anni fa e di aver ripreso in mano di recente. “Come dice il titolo, si parla del significato della vita. Aiuta a ragionare sull’identità dell’uomo. È un saggio, forse è uno dei meno conosciuti di Heschel, che avevo letto parecchi anni fa ed è stato interessante riaffrontarlo. Ci sono tutte le sottolineature che avevo fatto allora e c’è la dedica di una persona che oggi purtroppo non c’è più”. Un valore dunque anche affettivo. “È interessante perché Heschel parte da una riflessione più ampia sull’identità e l’essere umano e poi arriva ad analizzare aspetti del pensiero ebraico, ponendoli come universali. Lui ha tutta l’impostazione del hassidismo”.
Oltre al testo di Heschel, il rav spiega di essersi imbattuto in un grande classico della cultura italiana: I promessi sposi di Alessandro Manzoni. “In realtà non lo sto leggendo, ma ascoltando alla radio. Trovo interessante però provare a ripensarlo attraverso la prospettiva ebraica, analizzarlo riflettendo sull’effetto che ha avuto sul contesto dell’epoca, su quale pensiero abbia contribuito a far maturare. Capire la funzione che in qualche modo ha svolto sui lettori contemporanei e che influenza abbia avuto nei rapporti con la minoranza ebraica. Penso sia un’operazione utile per tutti i grandi classici”. Poi, altro spunto, le letture in ebraico di articoli dedicati ad analizzare, attraverso la Halakhah (la Legge ebraica) questioni di stretta attualità. In particolare il suo occhio è caduto su un tema legato alla politica sia italiana che israeliana: le elezioni e il comportamento dei candidati. “Ho letto un articolo sulla propaganda politica che si chiedeva fino a che punto sia legittimo fare determinate promesse. Se non ci sia il rischio che si cada, secondo la Halakhah, in un atteggiamento ingannevole. In particolare si parla del divieto per i candidati di fare doni o promesse personali agli elettori e di come sia ammesso solo presentare un programma più ampio e generale che tocchi la collettività”.
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FU PROTAGONISTA NELLA RESISTENZA
Alberto Finzi (1922-2022)

È scomparso all’età di 100 anni Alberto Finzi, ebreo alessandrino che fu protagonista nella lotta di Resistenza al nazifascismo. Era il padre del Rav Ariel Finzi, che a partire dal Primo settembre, dopo vari anni di servizio a Napoli, assumerà l’incarico di rabbino capo a Torino. La città in cui i suoi genitori, attivi anche nella ricostruzione comunitaria post-bellica, avevano scelto di impegnarsi e dar vita a una nuova famiglia. Finzi era stato partigiano nelle valli di Boves, in provincia di Cuneo. Un luogo di grande fermento in quei giorni di scelte coraggiose e con il quale aveva coltivato nel tempo un legame forte. Proprio a Boves, non a caso, aveva festeggiato in giugno il traguardo del secolo di vita con accanto tanti familiari e amici. “Ebreo orgoglioso delle sue origini e della sua appartenenza”, lo ricordano i suoi cari in questa triste ora.
(Nell'immagine: i festeggiamenti per i 100 anni di Alberto Finzi; alle spalle un quadro che lo raffigura insieme al fratello durante la lotta partigiana a Boves nell'inverno del 1943)
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Il clima generale

Che le elezioni politiche possano essere un momento di grande tensione e scatenamento di odi e conflitti non è strano. Non le ho viste, ero troppo piccola, ma ricordo quello che mi si raccontava sul clima di quelle del 1948: i comitati civici, l’ombra dell’Armata Rossa, i comunisti che mangiavano i bambini, la guerra fredda, e poi tre mesi dopo l’attentato a Togliatti che ha rischiato di precipitare l’Italia nella guerra civile. Oggi il clima non è bello. Ma gli insulti, invece di essere rivolti a partiti o programmi, sono diventati personali. Non si riesce proprio a sollevarsi dal personale al politico?
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Oltremare - Rumore

Una cosa che conosciamo solo noi, che la guerra la viviamo ogni anno o poco più per due o tre giorni o per una settimana o due, è il suo rumore. La guerra fa rumore. Ne ha sempre fatto, lungo la storia dell’umanità, e anzi, in battaglia i rumori, così come i colori e le forme, dagli stendardi ai disegni su scudi e pettorali, sono stati usati per millenni per avvisare o spaventare il nemico. Non mi era mai venuto in mente però, che oltre ai nemici, oggi anche il lato amico qui li sente, quei rumori, che siano voluti o che siano involontaria conseguenza della tecnologia utilizzata. E così abbiamo passato 36 ore di “boomim”, così li chiamiamo qui, con crasi tipicamente israeliana fra parola inglese e terminazione in ebraico.
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