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18 gennaio 2015 - 27 Tevet 5775
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
Chi comincia una azione meritoria deve portarla a termine; se non la conclude il suo livello spirituale ne esce intaccato. Lo si impara da Yehudà, figlio di Giacobbe, che interviene per evitare la morte di suo fratello Giuseppe ma non lo riporta al padre. Per questo “Yehudà scese dai suoi fratelli”: i fratelli lo fecero scendere, spiega Rashi, dalla sua grandezza.
 
David Bidussa,
storico sociale
delle idee
Stasera a Milano al Teatro Franco Parenti verrà presentato in anteprima il film “L’uomo per bene” della regista Vanessa Lapa che racconta la vita pubblica di Heinrich Himmler, l’architetto del genocidio di milioni di ebrei, Rom, comunisti, appartenenti a confessioni religiose minoritarie, omosessuali e dissidenti, attraverso le sue lettere private, alla moglie, ai figli, all’amante, le fotografie di famiglia, i diari, i disegni. Perché molti continuano a stupirsi del fatto che il male non sia prodotto da indivuidui luciferirini, ma da ‘uomini comuni’, e si ostinano a non voler capire che i carnefici, sono spesso, se non sempre, gli inquilini della porta accanto?
 
 
 
L'Occidente unito
contro la Jihad
l“Un’operazione fulminea, coordinata dai servizi belgi, dal Mossad e dall’Fbi” quella compiuta per catturare ad Atene Abdelhamid Abaaoud, il ventisettenne di origine marocchina a capo della cellula jihadista che voleva seminare il panico in Belgio. Sul Fatto Quotidiano Leonardo Coen riporta la notizia: “Il suo nome di battaglia è Abu Omar Soussi (…) un truce esibizionista: nel marzo del 2014 aveva ‘postato’ su internet un macabro video in cui si mostrava tracotante al volante di un pick up che trascinava quattro cadaveri martirizzati, vittime della mattanza Is. Il mese prima, l’8 febbraio, aveva invece registrato un video su YouTube: ‘Per tutta la mia vita ho visto colare il sangue dei musulmani – diceva pescando nel repertorio ampiamente sfruttato della retorica jihadista – prego che Allah spacchi la schiena di coloro che gli si oppongono, dei loro soldati e dei loro ammiratori, e che li stermini…’, propositi che intendeva mettere in atto in questi giorni”.

Memoria. Sulla Domenica del Sole 24 Ore il colloquio con il compositore e pianista Francesco Lotoro che ha dato vita a “Tutto ciò che mi resta”, un concerto “con parole, musica e immagini le testimonianze della musica pensata e suonata nei Campi, e in alcuni casi, per i campi”. Lo spettacolo andrà in scena lunedì 26 gennaio all’Auditorium Parco della Musica di Roma, promosso dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica.
 
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  davar
le scuole italiane in polonia
In viaggio per la Memoria
Le sorelle Andra e Tatiana Bucci e Sami Modiano. Saranno loro le voci che accompagneranno, con la propria dolorosa quanto fondamentale testimonianza, i duecento ragazzi delle scuole italiane che in queste ore prenderanno parte al viaggio della Memoria organizzato dal ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca con il supporto dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Il ghetto di Cracovia, il quartiere ebraico di Kazimierz e il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau i luoghi al centro del viaggio, a cui parteciperanno, assieme al ministro dell'Istruzione Stefania Giannini, il presidente dell'UCEI Renzo Gattegna, il presidente dell’Assemblea rabbinica italiana e rabbino capo di Genova Giuseppe Momigliano, il professor Giovanni Maria Flick, presidente onorario del Museo della Shoah di Roma. Con loro, il Consigliere UCEI e assessore al Bilancio Noemi Di Segni e il presidente della Comunità ebraica di Firenze Sara Cividalli.

A dare un quadro storico dei tragici eventi che misero in moto la macchina dell'orrore nazista sarà Marcello Pezzetti, direttore scientifico della Fondazione Museo della Shoah.
Ma sarà la voce dei testimoni Andra, Tatiana e Sami a far comprendere ai giovani la disumanità di Auschwitz.
“A Sami Modiano e alle sorelle Bucci rivolgo un forte ringraziamento per l’importante opera di testimonianza che svolgono ogni anno, riportando le vicende di cui sono stati protagonisti ai nostri ragazzi - ha dichiarato il ministro Giannini - Il Miur e la scuola italiana sono fortemente impegnati nei percorsi di educazione alla Shoah per consentire agli studenti di raccogliere il testimone della memoria. È un nostro dovere nei confronti del passato e un diritto nei confronti del futuro”. Il viaggio, che oggi si snoderà nei vicoli della Cracovia ebraica per poi continuare domani con la visita al campo di Auschwitz, vedrà tra i suoi momenti salienti la firma del rinnovo del Protocollo d’intesa e della Circolare per la celebrazione del Giorno della Memoria.

(Nell'immagine il presidente UCEI Gattegna e il ministro Giannini in partenza questa mattina per la Polonia).
 

qui Roma - la mostra al vittoriano-
La fine dell'orrore

“Normalmente la gente pensa che la liberazione dei campi di sterminio si compia in un lasso di tempo breve, mentre invece occupa un intero anno, da quando si aprono i cancelli di Majdanek a quando questo avviene a Mauthausen e Stuthoff. Ed è tutto fuorché un lieto fine, visto che dei 700mila prigionieri liberati nel gennaio del ’45 circa 300mila moriranno di lì a poco”. Correggere le letture distorte, vincere i clichè, cambiare la percezione dell’opinione pubblica su un tema di straordinaria attualità come ricorda, questo 27 gennaio, il 70esimo anniversario dalla chiusura della macchina della morte per antonomasia: Auschwitz-Birkenau.

È la sfida della mostra “La fine dell’orrore. La liberazione dei campi nazisti” (27 gennaio-15 marzo 2015) con cui la Fondazione Museo della Shoah di Roma torna a proporsi al pubblico in questa nuova stagione di Memoria. Ospitata nelle sale del Vittoriano, la mostra è l’ultimo anello di una catena narrativa che ha visto approfondire, in questi anni, diversi momenti storici della Shoah e del processo di annientamento perpetrato a danni delle diverse identità che furono oggetto di persecuzione. Dall’emanazione delle leggi razziste che già nel ’38 privarono gli ebrei italiani dei diritti più elementari al lager di Auschwitz-Birkenau, dall’istituzione dei ghetti nazisti alla razzia del 16 ottobre al Portico d’Ottavia.

(Nell’immagine, simbolo della mostra, un sopravvissuto russo liberato dalle truppe americane a Buchenwald identifica una guardia violenta)
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israele
"Hitler, ti ho sconfitto"
Michael e Marion Mittwochs, oltre ad essere una coppia allitterante e vagamente adatta a muoversi con grazia in un romanzo per signore, sono la nuova favola bella della vita vera. I Mittwochs, nati entrambi in Germania rispettivamente 92 e 90 anni fa, sono scappati in Inghilterra durante la persecuzione nazista e hanno fatto l’aliyah nella nascente Israele.
Dopo essersi finalmente incontrati nel kibbutz di Kvutzat Yavne vicino ad Ashdod, si sono prodigati ad accogliere chi fuggiva dalla sfilacciata Europa in tempesta e si sono trasferiti in Galilea. Il kibbutz Lavi, di cui sono fondatori, ha visto il loro matrimonio come la prima di una lunga serie di unioni e li continua ad ospitare. Insieme hanno avuto cinque figli che ogni giorno si prodigano per il paese che ha strappato i genitori dalla deportazione: il secondogenito è professore di Astrofisica alla prestigiosa università Technion di Haifa mentre la terzogenita lavora in una scuola di Gush Etzion e si occupa di bambini che richiedono cure e necessità particolari.
Una storia come tante che compongono il mosaico d’Israele se non fosse per un particolare che non ha lasciato indenni da una lacrima sul viso: martedì scorso a trovare i nonni quasi centenari è arrivato Gadi con sua moglie Noa ed il loro neonato; il centesimo nipote di Michael e Marion.
Il piccolo si chiama Dagan Raz e ha preso il nome dal dottor Dagan Wertman della brigata Golani, compagno di una vita di Gadi, ucciso nel 2009 durante l’Operazione Piombo Fuso.
Il bisnonno Michael ha accolto il piccolo Dagan con un gran sorriso ed ha affermato a gran voce: “Questa è la nostra risposta ad Hitler. Ci ha provato a spazzare via ed ecco che noi portiamo al popolo ebraico un centesimo nipote”.
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qui livorno
Inciampare nel ricordo
Commozione, orgoglio, rammarico e dolore. Questi sono i sentimenti che ho provato davanti a quelle lapidi, piccole, ma di grande significato. Due nomi, da sempre evocati, di nonna e zio, mai conosciuti ma sempre presenti, ora sono là davanti alla casa dove abitarono, dove vissero la loro quotidianità spezzata da una follia. Ho provato questo nel vedere quelle lapidi. Piccola testimonianza di una tragedia immane, che spesso viene dimenticata, ridimensionata o, peggio strumentalizzata.


Mario Bueno

pilpul
Dieudonné e i rosso-bruni
Se si vuole cogliere il senso, neanche troppo sofisticato, ad onore del vero, delle incestuose contaminazioni tra quello che resta di una certa sinistra radicale, in questo caso autodefinitasi «anti-imperialista», e le vecchie e nuove ramificazioni di una destra fascistoide alla ricerca di un uovo respiro populistico, che trovano nell’antisemitismo un loro punto di coagulo, la traiettoria del ‘comico’ ed ‘umorista’ Dieudonné è emblematica.
Poiché, proveniendo dal magmatico arcipelago dell’antirazzismo, spesso contraddittorio, dal quale ha preso le mosse prima come autore e attore, poi come politico sui generis, ha raccolto su di sé molti aspetti della transizione dalla legittima lotta contro il rifiuto della diversità, laddove quest’ultima è invece intesa come uno stigma sociale, all’enfatica valorizzazione della ‘differenza’ come tratto sul quale costruire una piattaforma ideologica di rigetto del repubblicanesimo francese e, più in generale, europeo.
Altri sono gli aedi culturali di questo mutamento, di un tale smottamento di pensieri dove alla critica dell’esistente si sostituisce l’esaltazione di una presunta «identità» il cui fondamento è giocato esclusivamente sul vittimismo e sulla ripetizione ossessiva del paradigma del risarcimento: “Siamo stati defraudati, esistiamo perché abbiamo il diritto ad esercitare la rivalsa” paiono dire all’unisono costoro. Ma rimane il fatto che il triste figuro, il polemista che calca le scene, e con successo, del mondo dello spettacolo francese, abbia dalla sua un pubblico (pagante) che gli intellettuali rosso-bruni spesso possono solo invidiargli.


Claudio Vercelli
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Charlie e noi
Ad una settimana dall’attentato di Parigi, quando tutti erano ‘Charlie’, emergono ora i ‘non Charlie’, tutti quelli cioè che condannano l’irriverente satira antireligiosa, tra i quali possiamo annoverare anche alcune espressioni del Papa.
I ‘non Charlie’ sono in gran parte esponenti dei paesi musulmani, dove i più estremisti si identificano con i fratelli Kouachi, ma ci sono anche posizioni meno estreme da parte di giovani musulmani in Europa che giustificano l’attentato contro i giornalisti in quanto ‘se la sono cercata’. Tuttavia, ieri come oggi, spicca la debole presenza di coloro che dicono ‘Je suis Juif,’ e soprattutto di coloro che pongono interrogativi sull’eventuale colpa degli ebrei di Parigi che andavano a fare la spesa nel negozio casher. Anche loro forse se la sono cercata? Riemerge la vecchia storiella della persecuzione dei ciclisti e degli ebrei in un paese immaginario, dove la popolazione incredula si domanda: Ma perché i ciclisti?
Sappiamo bene come l’antisemitismo sia un fatto endemico, così compenetrato nella storia d’Europa che quando viene allo scoperto non lascia traumi nella collettività dei ben pensanti, in quanto non riguarda loro, ma solo altri, gli ebrei per l’appunto. E questo è il grandissimo errore di interpretazione collettiva in quanto bisogna finalmente capire che chi è antisemita non odia solo gli ebrei ma soprattutto ogni forma di libertà e di progresso.


Antonella CastelnuovoLeggi

Nugae - Cuori
Il punto è che sono facili da disegnare, dev’essere questo che rende i cuori così sempre sulla punta della penna. Certo in realtà non vengono mai simmetrici, ma almeno hanno reso meno tristi quaderni di matematica pieni di esercizi sbagliati, segnalano la presenza sventurata di un foglio di carta al momento di una conversazione telefonica lunga, sono favolosi elementi decorativi sulle pagine dei punti noiosi dei romanzi, tipo le descrizioni puntigliose di posizioni geografiche o i momenti di riflessione inopportuni quando si vorrebbe solo sapere se il maggiordomo è l’assassino. O se anche lui la ama o no.
Ma oltre che ottimi scarabocchi i cuoricini ovviamente sono anche versatili messaggi. Sono dichiarazioni in mancanza di ars poetica o a seconda dell’esuberanza del mittente anche apprezzamenti nettamente più blandi, sono ramoscelli d’ulivo o passe-partout per poter dire qualunque cattiveria, sono l’apoteosi dell’espressione da femmine o meri ornamenti di un biglietto d’auguri di compleanno come se così sembrasse meno anonimo.
Francamente un po’ se ne abusa, rendendo melensa qualsiasi comunicazione scritta, tanto che volte è pure difficile resistere nelle proprie ostinate questioni di principio e non farsi travolgere dal fiume di appiccicume.
Cuori di tutti i colori sono anche appesi, di carta, su cancelli e porte delle sinagoghe e delle moschee francesi, per iniziativa di Coexister, un’associazione di cui sono partner praticamente qualsiasi ministero e istituzione religiosa del paese e che si definisce un movimento interreligioso dei giovani ebrei, cristiani, musulmani, atei o agnostici per il vivere insieme puntando tutto su attività di formazione e sensibilizzazione.
Durante queste settimane tristi della Francia e di tutti, per manifestare sostegno alla comunità ebraica e a quella islamica e con l’idea di rispondere “creando ponti anziché erigendo muri”, gli attivisti dei gruppi locali hanno disegnato, tagliuzzato, formato ghirlande e appeso con un filetto bianco cuori variopinti. Su cui hanno anche scritto frasette tenere, niente di troppo filosofico, forse addirittura eccessivamente zuccherose. Ma in questi giorni alla fine una notizia dolce è proprio quello che ci vuole.


Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche





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