La guerra dell’Europa contro la Jihad

rassegna“Un’operazione fulminea, coordinata dai servizi belgi, dal Mossad e dall’Fbi” quella compiuta per catturare ad Atene Abdelhamid Abaaoud, il ventisettenne di origine marocchina a capo della cellula jihadista che voleva seminare il panico in Belgio. Sul Fatto Quotidiano Leonardo Coen riporta la notizia: “Il suo nome di battaglia è Abu Omar Soussi (…) un truce esibizionista: nel marzo del 2014 aveva ‘postato’ su internet un macabro video in cui si mostrava tracotante al volante di un pick up che trascinava quattro cadaveri martirizzati, vittime della mattanza Is. Il mese prima, l’8 febbraio, aveva invece registrato un video su YouTube: ‘Per tutta la mia vita ho visto colare il sangue dei musulmani – diceva pescando nel repertorio ampiamente sfruttato della retorica jihadista – prego che Allah spacchi la schiena di coloro che gli si oppongono, dei loro soldati e dei loro ammiratori, e che li stermini…’, propositi che intendeva mettere in atto in questi giorni”.

In Italia intanto… Dieci jihadisti sono stati espulsi dal paese riferisce il Corriere della Sera: “Ritenuti pericolosi per la sicurezza nazionale sono stati rispediti in patria con un decreto del ministero dell’Interno e l’accordo siglato con le autorità dei Paesi d’origine”. “Si tratta di stranieri che vivono nel centro nord. Sono partiti dall’Africa, dalle regioni balcaniche e dal Medio Oriente”.

Chi non vuole essere Charlie. Rivolta in Niger contro le vignette del giornale satirico Charlie Hebdo: “Ieri nella capitale Niamey i manifestanti hanno incendiato tre chiese prima di dare assalto alla cattedrale. Un centinaio di poliziotti in tenuta antisommossa ha fronteggiato per ore una folla – quasi tutti giovani – armata di sassi e spranghe e inneggiante ad ‘Allah Akhbar'”. (Il Messaggero). Intanto a Gaza, riporta Il Fatto quotidiano, compaiono, sul muro del centro culturale francese, le scritte: “Andrete all’inferno giornalisti francesi”.

Chi non vuole essere Charlie/2. Avvenire annuncia le nuove misure scelte dalla Russia: “La pubblicazione delle vignette di Charlie Hebdo in cui viene raffigurato Maometto ma anche di qualsiasi immagine satirica di tema religioso è stata formalizzata come reato”.

Via. Grande spazio su la Repubblica al grande dilemma degli ebrei francesi, alla luce dell’ultimo attacco al supermercato casher: “Partire o restare?”. Inizia con la testimonianza dolorosa di Virginie Bellaïche l’articolo a firma di Anais Ginori: “Non c’era niente da fare, guardavo la mia Francia che amavo tanto con occhi diversi. Era finita. Non potevo più restare nel mio paese come se niente fosse. Non sono partita per paura o perché vittima dell’antisemitismo. Ma per un chiodo fisso che non riuscivo a togliermi dalla testa. L’idea che in Francia si possa morire perché sei ebreo è diventata per me semplicemente insopportabile. È un’aberrazione che non posso più accettare”. A spingere Virginie a fare l’aliyah in Israele, l’attentato del 2012 alla scuola ebraica di Tolosa, un punto di non ritorno. Ad essere contrario al trasferimento, lo scrittore Marek Halter che su Repubblica lancia l’appello: “Scappando diamo ragione ai jihadisti. Come se dicessimo: Avete vinto, ci avete fatto paura, noi ce ne andiamo”.

Via/2. Sempre Repubblica riporta tradotto un articolo di Isabel Kershner dedicato a Netanya, la città israeliana nella quale si trasferisce la maggior parte degli ebrei francesi. E Debbi Dahan Ben-David, proprietaria proprio lì di Chez Claude, un chiosco di falafel e baguette, esclama riferendosi ai suoi connazionali: “Li stiamo aspettando”.

Via/3. Su Libero, le dichiarazioni del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni a Tv2000: “La situazione in Italia, al momento, è notevolmente differente da quella francese; questo non significa che non potrebbe cambiare… Io spero che cambi in meglio! In Francia è diversa la cultura, la mentalità, e c’è la presenza di milioni di persone di origine islamica che si sono radicate nel territorio e se ne sono appropriate. Questo determina nella comunità ebraica una sensazione di insicurezza che si somma a quella ancestrale”.

A proposito di Je suis juif. Sul Fatto Quotidiano un lettore scrive a Furio Colombo riguardo la poca attenzione riservata alle quattro vitteme ebree uccise nel supermercato casher di Parigi. Colombo risponde amaro: “La incursione nel supermercato kosher è apparso come un fatto, come dire, di terrorismo normale, dove non c’è da meravigliarsi se un islamico uccide degli ebrei, sia pure nella città di Parigi, insomma, come una appendice della guerra di altri”. E continua: “Tutto ci serve forse per dirci che il problema della solitudine di Israele e la solitudine individuale degli ebrei nel mondo si sta adesso trasformando in uno scontro più grande che riguarda non tanto i nemici quanto gli estranei alla fede islamica, condannati a morte dagli estranei alla vita dell’occidente”.

Memoria. Sulla Domenica del Sole 24 Ore il colloquio con il compositore e pianista Francesco Lotoro che ha dato vita a “Tutto ciò che mi resta”, un concerto “con parole, musica e immagini le testimonianze della musica pensata e suonata nei Campi, e in alcuni casi, per i campi”. Lo spettacolo andrà in scena lunedì 26 gennaio all’Auditorium Parco della Musica di Roma, promosso dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica.

Memoria/2. Emanuele Trevi sulla Lettura del Corriere della Sera mette in luce le opere della scrittrice di “Forse Esther” (ed. Adelphi) Katja Petrowskaja e di Marcel Cohen autore di “La scena interiore” (ed. Ponte alle Grazie), con un appunto: “Il fatto è che il cosiddetto «secolo breve», con tutti i suoi inauditi orrori e i suoi luminosi esempi di grandezza umana, sta perdendo uno a uno i testimoni diretti, coloro che «hanno visto con i propri occhi». In teoria, non c’è nulla di nuovo sotto il sole: ogni epoca della storia umana ha attraversato questa mutazione della memoria collettiva. (…) In questi casi, è come se nella continuità del tempo si aprisse un crepaccio”.

Memoria/3. Oggi al Teatro Parenti di Milano la proiezione de “L’uomo per bene”, il documentario di Vanessa Lapa che ricostruisce la figura del nazista Heinrich Himmler. A discuterne, riporta il Corriere della Sera, la regista Andrée Ruth Shammah e lo storico David Bidussa.

Arte e Memoria. Oggi, alla sinagoga di Ostia Antica, l’appuntamento di “Arte in memoria” a cura di Adachiara Zevi. “Tre gli artisti chiamati quest’anno a trasformare il luogo di culto in luogo di cultura”: Enrico Castellani, Ludovica Carbotta e Stih & Schnock. (La Repubblica Roma).

L’ultimo degli ingiusti. La Domenica del Sole 24 Ore dedica grande spazio al film di Claude Lanzmann “L’ultimo degli ingiusti” dedicato al discusso ruolo del rabbino Benjamin Murmelstein durante la Shoah. “Processato dalle autorità cecoslovacche all’indomani della Liberazione, assolto nel 1946”. L’opera di Lanzmann verrà discussa martedì 20 gennaio alla Casa del Cinema di Roma con i giornalisti Sergio Luzzatto e Gad Lerner moderati da Stefania Di Lellis.

La scelta del Campiello. Continua la polemica per la candidatura del matematico Piergiorgio Odifreddi alla presidenza della Giuria dei Letterati del Premio Campiello. Odifreddi è stato protagonista di diverse dichiarazioni provocatorie sulla Shoah e accusato di negazionismo. Sul Messaggero la nota del presidente del Maccabi Italia Vittorio Pavoncello: “Non mi sembra giusto che Odifreddi possa essere nominato presidente della Giuria di un premio letterario prestigioso come il Campiello”.

Rachel Silvera twitter @rsilveramoked

(18 gennaio 2015)