David
Sciunnach,
rabbino
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“Voi
dovrete osservare le Mie leggi ed i Miei statuti e grazie ad essi
l’uomo che li metterà in pratica vivrà ...” (Vaikrà 18, 5). Ha detto il
Grande Rabbì Menachèm Mendèl di Kotzk a proposito di questo verso, che
le mitzvòt vanno compiute con il sentimento “Va Chay ba-em – e vivrà in
esse”, cioè con vitalità e con fervore e non come un’azione abituale e
meccanica.
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Davide
Assael,
ricercatore
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Nel
giorno in cui si apre in Turchia il processo nei confronti del grande
intellettuale Murat Belge, accusato di aver insultato il sultano
Erdogan con i suoi articoli di giornale, la Commissione Europea
proporrà la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi, così
come previsto dall’accordo del 18 marzo scorso. In cambio il governo di
Gavoutoglu sta approvando in fretta e furia una serie di leggi che
soddisfino i requisiti richiesti da Bruxelles. Leggi che dovrebbero far
avanzare lo stato di diritto in un Paese che ha subito un’involuzione
politica come pochi negli ultimi anni. Basta il processo apertosi oggi
(uno dei numerosi in corso con accuse analoghe) per capire quale
consistenza abbiano le richieste europee. La realtà è che l’Ue ha
costruito un accordo guardando solamente alle proprie opinioni
pubbliche e mai lo avrebbe fatto decadere, fregandosene bellamente
delle persone che si danno fuoco nei campi d’accoglienza turchi e dei
loro diritti calpestati. Una pagina infame della storia europea, di
cui, temo, si parlerà nei futuri libri di storia.
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Ddl negazionismo,
l'ok del Senato
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Ok
del Senato al reato di negazionismo. I sì sono stati 134, i contrari 14
e gli astenuti 36. Viene modificata così la legge Mancino. Il testo,
limato rispetto a quello licenziato dalla Camera, torna all’esame di
Montecitorio. Come spiega tra gli altri La Repubblica, sparisce la
parola ‘pubblicamente’ ma ci deve essere un “concreto pericolo di
diffusione” di idee che neghino la Shoah, crimini di genocidio e contro
l’umanità.
“La legge sul negazionismo tutela la nostra società”. Sotto questo
titolo il Corriere della sera pubblica oggi un’articolata riflessione
del presidente del Cdec e Consigliere UCEI Giorgio Sacerdoti. Scrive
Sacerdoti: “Con anni di ritardo, dopo palleggiamenti vari di testi non
coincidenti tra Senato e Camera, è stato messo a punto un testo che, se
non il migliore del mondo, finalmente allinea il nostro diritto a
quello degli altri Paesi europei, inserendo un’aggravante specifica
nella esistente legge contro il razzismo del 1975, poi completata nel
1993. Si tratta dunque di una norma contro una forma particolarmente
subdola di espressione e incitamento al razzismo, non di un nuovo reato
tale da limitare la libertà di opinione e il dibattito storico”.
Negare la Shoah non è infatti espressione di un giudizio storico,
ricorda ancora Sacerdoti. “Normalmente è una fandonia propalata con
intenti razzistici se non eversivi, un’apologia appena mascherata, ed è
contro questo pericolo che la norma è rivolta”.
Il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara
debutta a New York. Oggi a latere della conferenza all’Onu sull’opera
dello scrittore Primo Levi; venerdì invece con una conferenza specifica
al Consolato d’Italia. L’ambasciatore è Dario Disegni, presidente del
Meis, che sarà protagonista di entrambi gli appuntamenti. Intervistato
dal Resto del Carlino, Disegni spiega il senso della sua missione:
“Stringere e rendere efficaci le relazioni internazionali, perché
un’entità culturale come il Museo Nazionale dell’Ebraismo non può che
guardare a orizzonti più vasti. Avviando da subito collaborazioni
scientifiche e progetti; ma pensando a ciò che vado a fare a New York,
anche seminando interesse e, perché no, attraendo potenziali visitatori
e ‘donors’, come si dice là”.
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Leggi
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voto a larga maggioranza Negazionismo, ok del Senato "Tutela per tutta la società" Sì del Senato al disegno di legge sul negazionismo: 134 i voti favorevoli, 14 i contrari, 36 gli astenuti.
“Desidero esprimere la
condivisione e il pieno convincimento della fondatezza delle
argomentazioni che è stata posta a sostegno dell’avvenuta approvazione
da parte del Senato dell’emendamento presentato dall’onorevole Nico
D’Ascola sul disegno di legge sul negazionismo” afferma il presidente
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna”.
“Il testo approvato, che
dovrà ora passare l’ultimo esame della Camera, costituirà un
fondamentale strumento nella lotta a ogni forma di odio senza ledere in
alcun modo l’irrinunciabile diritto alla libertà di opinione e di
ricerca storica. Una vittoria di tutti” sottolinea il presidente UCEI.
“La legge sul
negazionismo tutela la nostra società”. Sotto questo titolo il Corriere
della sera pubblica oggi un’articolata riflessione del presidente del
Cdec e Consigliere UCEI Giorgio Sacerdoti che riportiamo integralmente.
Una legge che tutela la nostra società
Ha
scritto Primo Levi rimeditando la sua esperienza di deportato ad
Auschwitz nella poesia Se questo è un uomo: “Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case…considerate se questo è un uomo che lavora
nel fango, che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una
donna senza capelli e senza nome senza più forza per ricordare.
Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel
vostro cuore…ripetetele ai vostri figli”
La negazione della Shoah è una della menzogne più sfacciate tra quelle
propalate con gli scritti e soprattutto via web da chi, volutamente
dimentico della tormentata storia dell’Europa del XX secolo, vorrebbe
riscriverla per fare dimenticare i crimini del nazifascismo come se non
fossero mai stati commessi, assolvendone i loro responsabili, così
minando la base democratica che le società europee faticosamente si
sono date dopo tante traversie.
L’Unione Europea con una decisione che risale al 2008, frutto di un
attento esame e accurati bilanciamenti, ha inserito la negazione della
Shoah e degli altri più gravi crimini internazionali, condannati dal
Tribunale di Norimberga e poi nello Statuto della Corte Penale
Internazionale, approvato a Roma nel 1998, tra le forme di razzismo che
gli Stati membri dell’Unione devono perseguire, quando espressa con
l’intento o la idoneità di incitare alla violenza e all’odio. Un
intento e un pericolo presenti nella negazione della Shoah, non così
normalmente nella negazione di altri crimini storicamente accertati.
Con anni di ritardo, dopo palleggiamenti vari di testi non coincidenti
tra Senato e Camera, il Senato si appresta a votare finalmente un testo
che, se non il migliore del mondo, finalmente allinea il nostro diritto
a quello degli altri paesi europei, inserendo un’aggravante specifica
nella esistente legge contro il razzismo del 1975, poi completata nel
1993. Si tratta dunque di una norma contro una forma particolarmente
subdola di espressione e incitamento al razzismo, non di un nuovo reato
tale da limitare la libertà di opinione e il dibattito storico. La
discussione sul perché e sul come delle persecuzioni antisemite del
nazismo e del fascismo, persino la minimizzazione della gravità dei
fatti, resta perfettamente libera e ciascuno è padrone di esprimersi al
riguardo, così come è a sua volta libera la critica di giudizi
infondati, avventati o in mala fede al riguardo. Il negare la Shoah non
è espressione di un giudizio storico; normalmente è una fandonia
propalata con intenti razzistici se non eversivi, un’apologia appena
mascherata, ed è contro questo pericolo che la norma è rivolta. Certo,
normalmente chi vuole fare apologia di un reato inneggia ai suoi
autori. Nel caso del negazionismo invece, coloro che in mala fede lo
diffondono, assolvendo i criminali (condannati esattamente settanta
anni fa dal Tribunale di Norimberga, cioè dalla giustizia degli uomini
ma anche davanti al tribunale della Storia) accusano le vittime e i
loro discendenti, in modo subdolo e particolarmente odioso, di essersi
inventati le persecuzioni, per chissà quali fini inconfessabili.
È quindi auspicabile ma anche doveroso che il Parlamento ponga fine a
questa omissione ed eserciti le funzioni di tutela della società che
competono alla politica. Saranno sperabilmente rari i casi in cui la
norma troverà applicazione. Ma la norma penale è anche chiamata ad una
funzione preventiva e a dare un segnale di consapevolezza morale su
quello che è legittimo e quello che è inaccettabile, soprattutto in
questi momenti delicati in cui l’Europa sembra quasi smarrita e
dimentica delle sue radici.
Giorgio Sacerdoti,
presidente della Fondazione Cdec e consigliere Ucei Leggi
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QUI MILANO, QUI BERGAMO Testimone, studioso, etologo
I tanti volti di Primo Levi
Continua
in queste ore all’Università di Milano Bicocca la due giorni di
convegno (apertasi ieri all’università di Bergamo) dedicata a “Primo
Levi etologo e antropologo”. Un programma fitto, con ospiti
prestigiosi, ciascuno a portare il proprio contributo per cercare di
dare un assaggio dell’immenso lascito dello scrittore torinese,
riconosciuto come una delle voci più importanti della Shoah ma la cui
opera va ben al di là di questo fondamentale tema. Ad aprire a Bergamo
i lavori, presieduti nel corso della mattina da Marco Belpoliti
(relatore nella sessione pomeridiana), erano stati gli interventi di
Francesco Remotti, docente dell’università di Torino, e di Marco Aime,
dell’Università di Genova, a cui era seguita la riflessione di Manuela
Consonni, docente della Hebrew University di Gerusalemme e direttrice
del Centro Internazionale Vidal Sassoon per lo Studio
dell’Antisemitismo. Leggi
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QUI ROMA - segnalibro Giovanni Pico e la cabbalà,
gli studiosi a confronto
Il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e la storica Anna Foa tra i protagonisti della presentazione dello studio Giovanni Pico e la cabbalà, curato da Fabrizio Lelli per la Leo S. Olschki Editore, presentato oggi a Palazzo Montecitorio.
Far luce sulla cruciale riflessione di Giovanni Pico della Mirandola in
relazione alle dinamiche intellettuali del suo tempo, analizzando anche
i meccanismi della ricezione della cabbalà pichiana in età moderna e
contemporanea. Questo l’obiettivo del lavoro di Lelli, che inquadra la
straordinaria fascinazione che il noto umanista e filosofo ebbe per gli
studi cabalistici e il contributo che lo stesso offrì, in questa
prospettiva, al mondo culturale di allora e alle generazioni che
sarebbero seguite.
Un’iniziativa che è stata anche l’occasione per un introdurre un grande
convegno di studi che si svolgerà a Mirandola dal 9 al 12 giugno e che,
coordinata dalla Foa, ha registrato tra gli altri un interessante
confronto tra il rav Riccardo Di Segni e Moshe Idel sulla ricezione
della cabbalà nel Cinquecento e una riflessione conclusiva di Saverio
Campanini.
In apertura gli interventi introduttivi di Renata Bertoli, presidente
del centro internazionale di cultura internazionale Giovanni Pico della
Mirandola, e della studiosa Miryam Silvera, in rappresentanza sia
dell’Università di Tor Vergata che del master in cultura ebraica e
comunicazione dell’UCEI di cui è coordinatrice.
A fare gli onori di casa la vicepresidente della Camera Marina Sereni.
Un saluto inoltre anche dalla presidente della Comunità ebraica romana
Ruth Dureghello, dalla direttrice del Centro Romano di Studi
sull’Ebraismo Marina Formica e dal sindaco di Mirandola Maino Benatti.
(Nell’immagine il rabbino capo rav Riccardo Di Segni, la storica Anna
Foa e la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello durante la
conferenza)
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qui roma - il convegno Diritto e tradizioni religiose
Una sfida sempre attuale
Come
si conciliano millenarie tradizioni religiose con le leggi del mondo di
oggi? E come far fronte alle nuove sfide in materia di libertà
religiosa che l'Europa si trova davanti mentre il fenomeno delle
migrazioni diventa sempre più massiccio? Questi i vasti quesiti su cui
si è discusso ieri a Roma nel corso del seminario intitolato appunto
"Diritto e tradizioni religiose", promosso dalla Pontificia Università
Lateranense, nella cui sede si è svolto, insieme alla Comunità ebraica
di Roma. Dopo i saluti del rettore Enrico Dal Covolo, della presidente
della Comunità Ruth Dureghello e dei deputati Simone Baldelli ed
Emanuele Fiano, e un'introduzione del consigliere comunitario Daniel
Funaro, hanno offerto i loro differenti punti di vista il rav Benedetto
Carucci Viterbi, preside della scuola ebraica si Roma, Silvia
Angeletti, docente di diritto ecclesiastico all'Università di Perugia,
il professor Lorenzo Cavalaglio (Pontificia Università Lateranense), e
Vincenzo Zeno Zencovich, professore di diritto comparato all'Università
di Roma Tre, moderati da Matteo Nacci (Pontificia Università
Lateranense). Leggi
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Ticketless
- Notizie vere e false
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“La
guerra e le false notizie”, di cui ebbe a scrivere un grande storico,
Marco Bloch, per quanto possa sembrare anomalo, caratterizza anche la
storia degli ebrei. Un poderoso volume pubblicato dall’Ufficio Storico
dello Stato Maggiore dell’Esercito ci aiuta a sfatare una leggenda che
ha ancora larga circolazione in Italia ossia che a sparare per primo a
Porta Pia sia stato il capitano Giacomo Segre. La scelta, s’è ripetuto
e si continua a ripetere, sarebbe caduta su di lui per annullare la
probabile scomunica papale. Dove sia nata la notizia falsa è difficile
dire, magari per assonanza con un dato storico vero, anzi verissimo: la
vendita dei beni ecclesiastici per effetto della Legge Siccardi. La
scomunica per chi acquistava beni della Chiesa era certa e largamente
documentata è la mediazione degli ebrei, che attirarono su di sé il
risentimento dei clericalli, ma anche la gratitudine dei contadini.
Come spiegò Luigi Einaudi la mediazione ad alto rischio rese possibile
nell’Italia settentrionale l’unica rivoluzione agraria giunta a buon
fine, ciò che consentì ai contadini di possedere finalmente la terra
arata con il sudore delle loro fronti. “Verosimilmente falsa” la
notizia invece su Giacomo Segre: quella di Porta Pia, “non fu una
scelta pianificata dai vertici dell’Esercito, ma si verificò solamente
per un gioco del fato” (A. Zarcone, Il generale Roberto Segre, 2016).
Vere sono invece le notizie che l’autore di questo volume ci fornisce,
con ricca documentazione inedita, su Giacomo Segre, ma anche sulla
genealogia sabaudo-militaresca (la famiglia era originaria di
Saluzzese, se intrecciata con Cesare Segre non saprei dire). Il
Piemonte, si sa, è stata terra di caserme. Spicca la sfortunata vicenda
di Roberto Segre, cui la sorte fu meno generosa. Dopo la prima guerra
militare fu coinvolto in uno scandalo costruito a bella posta per
interrompere la luminosa carriera. La storia narrata in questo libro,
che si segnala per l’acribia archivistica, rafforza l’ipotesi di una
presenza ebraica nelle gerarchie militari dell’Italia unita di non
piccolo conto.
Alberto Cavaglion
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Periscopio - I teppisti noBrigata
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Le
solite, squallide gazzarre organizzate in occasione delle
manifestazioni del 25 aprile, con i soliti teppistelli impegnati a
impedire la partecipazione alle sfilate dei rappresentanti della
Brigata Ebraica – in perfetta continuità e sintonia di spirito con
coloro che il 25 aprile del 1945 (vista, come si dice a Napoli, la
“mala parata”) andavano scappando o nascondendosi, o si affrettavano a
sostituire le braccia tese con i pugni chiusi – sollecitano, come
sempre, alcune considerazioni. Devo dire che, pur condividendo
ovviamente tutte le espressioni di condanna – comunque, come sempre,
troppo poche – che sono state pronunciate nei confronti di questi
squallidi individui, non mi trovo pienamente d’accordo con alcuni di
questi commenti critici, laddove gli squadristi sono stati definiti
‘ignoranti’, e sono stati invitati ad andare a studiare la storia.
Secondo me, i loschi figuri, anche se probabilmente ignoranti, della
storia hanno comunque capito benissimo l’essenziale
Francesco Lucrezi, storico
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