Ephraim Mirvis,
rabbino capo d'Inghilterra
e del Commonwealth
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Il
tempo delle divisioni è finito. Per tutti. Sia per chi sta esultando,
sia per chi prova apprensione per il futuro. È fondamentale che le
fasce vulnerabili della società non subiscano i contraccolpi di questa
campagna e che la leadership morale del nostro paese nel mondo non sia
intaccata.
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Davide
Assael,
ricercatore
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Il
terribile attentato all'aeroporto di Istanbul mostra una volta di più
l'instabilità del Paese ed il totale fallimento della politica
doppiogiochista ed ambigua fino all'inverosimile di Erdogan. In questo
quadro, si inserisce l'accordo appena siglato con Israele. Firma
importante sia perché rappresenta l'unica novità nella regione dopo
l'accordo USA-Iran, sia perché compatta per la prima volta il fronte
sunnita. Il nuovo patto implica, infatti, un riavvicinamento con
l'Egitto di Al Sisi, prima messo all'indice per il trattamento
riservato alla Fratellanza Musulmana vicina ad Erdogan, e con l'Arabia
Saudita, che approva tutto from behind, come dicono in America.
Convitato di pietra la Russia di Putin, a cui è arrivata la tanto
attesa lettera di scuse per l'abbattimento del caccia dell'anno scorso.
Insomma, Al Sisi, Erdogan, monarchia saudita, Putin, non esattamente un
fronte democratico. La domanda è, cosa c'entra Israele con questi qui?
Ancor più facile la risposta: perché dall'altra parte chi c'era?
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Istanbul, orrore jihadista
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Continua
a salire il bilancio delle vittime (36 morti, 147 feriti)
dell’attentato all’aeroporto internazionale di Istanbul, dove ieri sera
un commando jihadista composto da sette uomini armati di mitra e
cinture esplosive è entrato in azione.
“Proprio nel momento più delicato, mentre la Turchia stava cercando di
ridisegnare la propria strategia politica nella regione, abbandonando
le pulsioni islamistiche più estreme, arrivano i colpi più pericolosi
dei terroristi più fanatici” scrive Antonio Ferrari sul Corriere,
ricordando il ripristino delle relazioni tra Gerusalemme e Ankara
siglato appena poche ore prima.
Osserva sullo stesso quotidiano Guido Olimpio: “Il massacro avrà nuove
ripercussioni nel campo della sicurezza che vanno oltre la Turchia. Già
dopo l’attentato in Belgio si è discusso come proteggere meglio gli
aeroporti. Risposta non facile. Gli scali sono già dei bunker, ma ai
terroristi – quale che sia la loro appartenenza – è sufficiente agire
all’esterno. Tra i taxi, vicino alle fermate delle navette e nei saloni
dei check in. È chiaro che servono nuovi filtri per tenere lontani gli
‘assalitori’, ma dove inizia la prima linea di difesa? All’ingresso?
Lungo la strada che porta all’installazione aeroportuale? Il setaccio
stretto – come quello adottato con efficacia in Israele – comporta
tempi d’attesa lunghi e molte risorse. Senza dimenticare che il numero
dei potenziali target è drammaticamente alto”.
“L’ombra dell’Isis si allunga sull’intesa con Israele”, il titolo di
una articolata riflessione di Fabio Nicolucci sul Messaggero.
“L’attentato che ha sconvolto Istanbul ieri sera è l’ultimo di una
vecchia serie o il primo di una nuova? Dopo la conta dei morti e il
lavoro dei soccorritori e dei medici, questa è la domanda alla quale
occorrerà dare una risposta se si vuole approntare una efficace
risposta strategia difensiva”.
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il sì dei ministri all'accordo con ankara "Israele al fianco della Turchia,
i terroristi non vinceranno" Solidarietà
da parte di diversi esponenti della diplomazia e della politica
israeliana è stata espressa nelle scorse ore all’indirizzo del popolo
turco dopo l’attentato all’aeroporto Ataturk di Istanbul. “Esprimiamo
il nostro profondo shock e sdegno per il vile attentato terroristico
compiuto da estremisti che santificano la morte anziché la vita”, il
messaggio indirizzato da Yuli Edelstein, speaker della Knesset al suo
omologo turco Ismail Kahraman. “Purtroppo – ha continuato – come molti
altri Paesi, la Turchia è stata vittima di attacchi terroristici
omicidi da parte di estremisti che, in nome di Dio, vogliono
interrompere il normale vivere civile, seminando paura e terrore per
promuovere i loro crudeli obiettivi”. Ad esprimere le sue condoglianze
anche il ministro dell’Edilizia Yoav Galant, ex comandante del Comando
meridionale delle Forze di difesa israeliane, e tra coloro che ha
appoggiato l’accordo di riconciliazione ufficializzato ieri da Israele
con la Turchia. L’intesa è stata oggi approvata anche dal gabinetto di
sicurezza guidato dal Premier israeliano Benjamin Netanyahu, dopo
quattro ore di discussione e con 7 voti favorevoli contro 3 astenuti. Leggi
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orrore a istanbul - il ponte telefonico
"Il nostro morale è a pezzi,
per fortuna soltanto quello"
Sta
facendo il giro della rete la testimonianza di Edoardo Semmola,
giornalista del Corriere Fiorentino, per molte ore l’unico italiano
all'aeroporto di Istanbul a parlare con i media.
In collegamento con SkyTg24
grazie a un ponte telefonico organizzato dall’ufficio stampa
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Semmola ha raccontato
l’angoscia di quei minuti (mentre ancora si sparava).
“Qui nessuno ci dice niente, nessuno parla inglese, ho saputo che c’era
stato un attentato grazie ai messaggi da casa. Ho sentito del rumore,
non le esplosioni. La polizia ci ha presi in gruppo e fatti spostare in
fila da dove eravamo. Qui è un grandissimo caos” ha spiegato il collega
a Sky.
Per poi aggiungere, una volta finito l’incubo: “Bilancio di fine
serata: stiamo bene. Molto scossi ma bene. Abbiamo visto molto sangue e
macerie. Sentito rumori che nessuno dovrebbe sentire. Siamo in albergo
con il morale a pezzi. Ma solo con quello…”.
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rabbinato italiano, i nuovi incarichi
Ari, rav Arbib alla presidenza
Cambio
al vertice dell’Assemblea Rabbinica Italiana, il cui Consiglio
direttivo ha designato ieri alla presidenza il rabbino capo di Milano
rav Alfonso Arbib.
Rav Arbib succede a rav Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova e
presidente Ari nell’ultimo biennio, cui è stata assegnata la
vicepresidenza.
Nel Consiglio anche rav Ariel Di Porto, rabbino capo a Torino; rav
Riccardo Di Segni, rabbino capo a Roma; rav Adolfo Locci, rabbino capo
a Padova.
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Ticketless - Davanti a |
Decisamente
più fortunata del suo omologo di Predappio, la sindaca di Nonantola.
Non deve fare i conti con una ahimé troppo lacrimata sepoltura, ma ha
il rasserenante dovere di ricordare la vicenda dei bambini di Villa
Emma, una delle storie della Shoah in Italia più toccanti e
significative, come ci è noto da parecchi grazie ai lavori di Klaus
Voigt.
Presto a Nonantola sorgerà un memoriale in ricordo del salvataggio di
quei bambini, purtroppo non sarà possibile restaurare la Villa che li
ospitò, proprietà privata. Del memoriale nascituro già si può avere
notizia visitando il sito www.davantiavillaemma.org. Prato Galli, alle
porte di Nonantola lungo via Mavora, è una costruzione situata proprio
davanti a Villa Emma. Un convegno internazionale, la settimana scorsa,
ha visto convenire a Nonantola storici e architetti e operatori del
settore museale. Bisogna saper fare di necessità virtù. Del resto,
nella storia della cultura, la preposizione “davanti a” non teme la
concorrenza della preposizione “in”. Un leale duello non solo
grammaticale.
Alberto Cavaglion
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RiMEIScolando - Lezioni
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Sono
stata fortunata. Grazie al fatto di essere stata invitata ad insegnare
nel programma del Master in Cultura Ebraica e Comunicazione organizzato
dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Il mio corso, titolato
“Il sionismo: dalle origini alla fondazione dello Stato di Israele”, si
è appena concluso. Ho salutato, fino agli esami si intende, il gruppo
degli otto fedelissimi studenti. Sono stati quindici incontri molto
intensi.
Simonetta Della Seta,
direttore Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah
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Periscopio - Brexit
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Può
capitare di volere dedicare a un medesimo evento due commenti di tenore
esattamente opposto, uno di desolata amarezza, l’altro di rabbia
distruttiva? A me capita oggi, a proposito della Brexit.
Il primo commento che avrei voluto scrivere è, infatti, il seguente.
Appartengo a una generazione a cui hanno insegnato, fin da bambini, che
era finita, o avrebbe dovuta finire per sempre, l’età delle guerre,
delle divisioni, delle esclusioni, delle contrapposizioni, e che si
sarebbe dovuti entrare, sempre di più, sempre più a fondo, in quella
della pace, dell’unione, delle inclusioni, della solidarietà. L’Europa,
in questa visione, certamente un po’ retorica, ingenua e romantica, era
soprattutto un sentimento, una visione, un progetto dovuto, necessario,
irreversibile.
Francesco Lucrezi, storico
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