“L’inferno mentre partivamo
A Tel Aviv abbiamo saputo”

Schermata 2016-06-29 alle 14.09.19“Siamo decollati dall’Ataturk ad attentato in corso, il che effettivamente è strano. Ma noi non sapevamo nulla. Abbiamo scoperto cosa era accaduto a Istanbul solo quando siamo atterrati a Tel Aviv e abbiamo acceso i cellulari”. Nell’aereo della Turkish Airlines in cui si trovava Dodi Hasbani, partito da Milano in direzione Israele per affari, nessuno, a parte probabilmente l’equipaggio, era al corrente del terribile attentato compiuto da un gruppo di terroristi all’entrata dell’aeroporto Ataturk di Istanbul. Oltre 40 le vittime e più di 230 i feriti per un attacco che al momento non ha ancora una chiara rivendicazione ma è stato da molti ricondotto al movimento dell’Isis. “Sono arrivato a Istanbul da Milano alle 18.30 (ora italiana) e quando sono uscito al mio gate c’erano degli israeliani in coda che partivano per Tel Aviv – racconta a Pagine Ebraiche Dodi, fratello del presidente della Comunità ebraica di Milano Milo Hasbani – All’inizio pensavo fosse il mio volo invece era un altro che partiva sempre per Israele. Noi ci siamo imbarcati con un po’ di ritardo, alle 20.55 (ora italiana), quindi proprio pochi minuti prima dell’attentato (iniziato intorno alle 21.00). C’era un traffico enorme e il nostro aereo è rimasto in coda dietro ad altri dodici, saremo partiti attorno alle 21.20. Mentre fuori si stava compiendo l’attentato. Una cosa terribile ma noi l’abbiamo scoperto solo arrivati al Ben Gurion”. All’aeroporto di Tel Aviv, la situazione era calma e “anche l’equipaggio della Turkish Air Lines, quando gli abbiamo chiesto se fossero a conoscenza di quanto accaduto a Istanbul, hanno risposto di sì e non davano l’idea di essere agitati”. Anche per il ritorno Hasbani dovrà passare per Istanbul. “Sto valutando cosa fare ma non credo di avere molte alternative.
E a Istanbul la situazione in queste ore è molto confusa:“Abbiamo paura, un po’ perché non sappiamo che cosa fare ma anche perché non sappiamo nemmeno esattamente cosa stia succedendo. Il governo in questi casi attua un blocco nella circolazione delle informazioni”, ha raccontato a Pagine Ebraiche un membro della Comunità ebraica turca, critico verso il governo e che ha chiesto di rimanere anonimo perché preoccupato di eventuali ritorsioni. “Quando si tratta di opinioni contro il governo – le sue parole – è meglio pensarle, ma non dirle”. E in questo caso è proprio all’esecutivo turco guidato dal presidente Recep Tayyip Erdoğan che, a quanto afferma, la popolazione attribuisce molte delle colpe del terrore nel paese. “Ormai è opinione diffusa che gli attentati siano anche dovuti a una erronea politica del governo e dell’intelligence, che hanno chiuso un occhio nei confronti dei terroristi e lasciano che agiscano come vogliono, nella convinzione che prima o poi accettino un accordo”. A creare ulteriore avversione è anche il blocco della circolazione di informazioni, che coinvolge anche i social network, i quali stavolta non sono stati chiusi ma resi molto lenti in modo tale da limitare la circolazione di notizie e scoraggiare le reazioni dei cittadini. “È sempre la stessa cosa, – racconta l’intervistato – affermando di voler prima venire a capo della situazione, il governo impedisce alle persone di scrivere su Facebook e Twitter nelle ore e nei giorni immediatamente successivi a disordini di vario tipo, in modo tale che, passato il momento di incertezza, non si diffonda il panico, ma in realtà è anche un modo per mettere a tacere le espressioni di malcontento”.
In quanto minoranza, spiega infine, “naturalmente gli ebrei si sentono ancora più vulnerabili, dal momento che si è visto che sono spesso loro a essere tra i primi bersagli”. La sensazione di paura, aggiunge tuttavia Rosy, anche lei ebrea di Istanbul, è condivisa ormai da tutta la popolazione.”La verità è che sempre più persone ormai, ebrei e non ebrei, cercano di ottenere una cittadinanza europea e scappano dalla Turchia, perché non ne possono più di questo governo e di questo terrore”. Al momento Rosy si trova in viaggio in Spagna, e dovrebbe rientrare a casa domenica, ma non sa ancora in che aeroporto atterrerà. Del resto, dice con ironia – ma nemmeno troppa – “non mi dispiacerebbe rimanere qua in Spagna, o anche in Italia”. 

Daniel Reichel e Francesca Matalon

(29 giugno 2016)