Se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui

30 gennaio 2017 - 3 Shevat 5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Paolo Sciunnach, insegnante
Memoria del Significato e Significato della Memoria: il ricordo va scolpito nel cuore e nella mente, attraverso lo studio e la riflessione, non solo attraverso l'impatto emotivo delle immagini, dei simboli e delle cerimonie...
Possiamo circondarci di simboli, di monumenti e di cerimonie, ma questo non necessariamente scolpirà il Significato di quello che vogliamo ricordare nel nostro cuore e nella nostra mente. Non dobbiamo solo ricordare, ma riflettere su cosa ricordiamo, dobbiamo ricordare il Significato di ciò che commemoriamo. La Memoria è Memoria del Significato, ma nello stesso tempo è Significato della Memoria.
Il Seder di Pesach ci insegna che la cosa principale non sono i simboli, ma piuttosto il Significato dei simboli, lo studio della Haggadah e le domande e le riflessioni delle generazioni future...
 
Anna
Foa,
storica
Ricordati che sei stato schiavo in Egitto.
 
Canada, l'attacco
alla moschea
Sei persone sono state uccise e altre otto sono rimaste ferite in una moschea di Quebec City quando alcuni uomini hanno aperto il fuoco su decine di fedeli riuniti per la preghiera della sera. Un’azione che il primo ministro canadese Justin Trudeau ha definito “un attacco terroristico contro i musulmani”. La polizia, che indaga per terrorismo, ha reso noto che due persone sono state arrestate e che nulla porta a ritenere che ve ne siano altre in fuga (Repubblica).
L’ordine esecutivo firmato venerdì sera dal presidente Usa Donald Trump, che ha sbarrato le porte ai rifugiati e ai cittadini di sette grandi Paesi musulmani, è stato fortemente contestato e messo in dubbio da ricorsi e sentenze di giudici locali. Il giudice federale di Brooklyn Ann Donnelly, raccontano Repubblica e La Stampa, ha ordinato alle autorità di non dare seguito al provvedimento presidenziale per i cittadini con i documenti in regola provenienti dai Paesi mediorientali e africani banditi. Sentenze simili sono stata emesse in tutta l’America, mentre 15 procuratori di 16 Stati hanno definito il bando “illegale e antiamericano” auspicandone il ritiro.
Su Repubblica alcuni racconti di chi ha subito gli effetti del provvedimento Trump, da una donna originaria del Sudan, dottoranda in antropologia a Standford, detenuta per diverse ore dalla polizia alla famiglia siriana accolta da una comunità ebraica dell’Illinois. “Gli uomini e le donne della sinagoga Al Shalom di Glencoe, – scrive Repubblica – che con l’aiuto dell’agenzia RefugeeOne, ha fatto da sponsor alla famiglia occupandosi di trovarle un posto dove vivere e raccogliendo attraverso una colletta 60mila dollari per aiutarla nei primi tempi. ‘Lo abbiamo fatto pensando ai nostri nonni, ai nostri bisnonni, che sfuggiti all’Olocausto trovada Istanbul rono rifugio in America’, ha raccontato il rabbino della comunità Steven Stark Lowenstein al New York Times”.
 
Leggi

  davar
dopo il 27 gennaio - la quarta ricerca swg
Memoria, numeri per riflettere
Una Memoria protesa verso il futuro, una Memoria partecipata e condivisa, una Memoria viva. Il richiamo è arrivato da più parti nei giorni che ci siamo lasciati alle spalle. Dalle solenni cerimonie istituzionali all'inaugurazione di mostre, dalle proiezioni di film agli incontri letterari. Preoccupanti appaiono così i dati che emergono dalla quarta ricerca sulla percezione degli italiani nei confronti della Memoria
curato dal prestigioso istituto di ricerche SWG con il contributo della redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Dopo la prima anticipazione del rapporto diffusa su questo notiziario negli scorsi giorni, analizziamo ora più nei dettagli i risultati di questo lavoro di ricerca di cui trovate ampia documentazione anche sul numero di febbraio del giornale dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche. 
“I dati – spiegano i ricercatori di SWG – fanno riferimento alle rilevazioni condotte nel quadriennio 2014-2017, su campioni rappresentativi di propri communiter, attraverso rilevazioni cawi effettuate nel periodo compreso tra il 12 e il 22 gennaio di ogni anno.
I campioni 2014, 2015, 2017 sono composti da 1000 soggetti; il campione 2016 è composto da 1200 soggetti rappresentativi della popolazione italiana maggiorenne”.
“Le domande sono state inserite all’interno di indagini più ampie che comprendevano anche altre tematiche di tipo sociale, politico e di costume.
Obiettivo generale dell’iniziativa è produrre un monitoraggio annuale della percezione che gli italiani hanno del fenomeno, verificandone la conoscenza spontanea e sollecitata, la percezione di rilevanza e il grado di coinvolgimento”.
“La lettura trasversale dei dati – questa l’analisi – evidenzia come, al di là delle oscillazioni sul ricordo diretto del significato della data del 27 gennaio, (a questo riguardo va ricordato che il dato 2017 potrebbe essere stato influenzato dalla risalto dato dalla stampa, nei giorni della rilevazione delle attività promosse dall’UCEI in occasione delle ricorrenza) il dato tendenziale confermi la progressiva erosione del significato profondo attribuito a questa giornata”.
Per quanto minoritaria, la percentuale di chi attribuisce a questa iniziativa un valore unicamente retorico è raddoppiata in quattro anni, mentre si è sensibilmente ridotta la quota di chi lo definisce necessario o dovuto.
“Il Giorno della Memoria sta lentamente scivolando verso una accezione essenzialmente formativa e scolastica, correndo il rischio di essere vissuto sempre meno come un qualcosa di coinvolgente e significativo. Un evento ancorato al passato e non all’oggi, che va ricordato per la sua valenza formativa, ma che rischia di perdere di vitalità rispetto al presente”.

Il raddoppio di coloro che pensano che non serva più a nulla è il dato più inquietante e il vero misuratore della percezione della Memoria da parte dell’opinione pubblica. Inquietante perché segna un progresso e si consolida di anno in anno, attribuendo ai rilievi statistici, operati per quattro anni a una distanza di 12 mesi uno dall’altro, una credibilità di molto rafforzata. Inquietante perché segna una forte progressione, raggiunge il raddoppio in 48 mesi e rappresenta ormai circa un quarto della popolazione.
Da tenere presente anche la crescita dell’affermazione, gravissima, secondo la quale il Giorno della Memoria servirebbe “solo agli ebrei”. Dallo zoccolo di partenza del 15 per cento nel 2014 siamo ora al 17 per cento nel 2017. Un’affermazione che disconosce la realtà dei fatti. La Memoria, in effetti, serve alla società italiana, alla democrazia, alla tutela dei valori e dei diritti che ci fanno tutti cittadini e tutti esseri umani. Gli ebrei non hanno purtroppo bisogno di una legge dello Stato per ricordare. Interessanti anche i rilievi più specifici che cercano di identificare i motivi percepiti dell’utilità attribuibile al Giorno della Memoria. Gli indicatori dimostrano tutti un lieve regresso e l’affermazione “aiuta a mantenere viva l’attenzione” passa dal 90 per cento di condivisione all’85 per cento. Ovviamente resta una larghissima maggioranza di italiani che si sentono coinvolti. Ma si tratta di un numero che di anno in anno va riducendosi.

Ricordare è “un atto dovuto”? La percentuale di coloro che condividono questa affermazione scende dal 45 al 37 per cento. Così come appare in forte calo l’indicatore di coloro che pensano che si tratti di un atto “necessario”. In maniera speculare raddoppia (dall’8 al 16 per cento) chi ritiene che si tratti di un atto “retorico” e chi ritiene (dal 5 al 9 per cento) che si tratti di un atto “inutile”. In sensibile crescita, ma solo apparentemente in controtendenza, chi ritiene che si tratti di un atto “formativo”. Relegare al mondo della scuola un valore può infatti costituire uno dei processi di dissociazione di determinate categorie di cittadini che non sono più disposte a farsene carico in prima persona, tendono a negare l’universalità e la quotidianità della Memoria e preferiscono neutralizzare questo elemento circoscrivendolo nel contesto delle istituzioni educative.

Secondo lei gli italiani si sentono, verso la celebrazione del Giorno della Memoria, molto, abbastanza, poco o per nulla coinvolti? (% al netto dei «non so»)

Chiedere al singolo di interpretare una tendenza presente nella società in cui vive è una delle strategie disinibitorie più comunemente utilizzate dai sondaggisti. Attribuire agli altri quello che noi stessi vorremmo dire ma che siamo restii a dichiarare perché ci vergogniamo a farlo è la strada più facile per dire quello che davvero abbiamo in mente. Il campione sociologico interrogato attribuisce alla percezione collettiva della società italiana un ridotto coinvolgimento nei confronti delle iniziative istituzionali sulla Memoria. E questo indicatore è in sensibile ascesa. Il calo della percezione del valore riguarda tutte le sfumature della percezione (molto, abbastanza, per niente). Il momento della verità è quando proiettiamo i nostri sentimenti sulla collettività evitandoci l’imbarazzo di un’affermazione diretta.

E lei personalmente, quanto si sente coinvolto?
(% al netto dei «non so»)

Ed ecco l’altra faccia della medaglia. Quando, dopo aver espresso in maniera disinibita la propria opinione attribuendola all’insieme della società, allo stesso quesito si deve rispondere in prima persona, le cose cambiano radicalmente. Quando dobbiamo uscire allo scoperto siamo tutti più civili, o almeno vogliamo cercare di sembrarlo. Ma per l’analisi sociologica il problema resta. Anche in questo caso, e nonostante tutto, infatti, la tendenza alla perdita della percezione del valore della Memoria resta e l’erosione si conferma comunque. Chi alla vigilia del Giorno della Memoria si sente di affermare apertamente che percepisce poco o per nulla questa data sale così dal 35 al 42 per cento in 48 mesi. Chi sostiene di percepirla “molto” cala dal 19 al 14 per cento.

Il dato forse più difficile da interpretare riguarda la percezione dell’antisemitismo. Qui il sondaggista che cerca di ottenere indicazioni credibili non può ovviamente avventurarsi e mettere l’interrogato di fronte a una domanda diretta. A nessuno viene quindi chiesto direttamente se si sente antisemita, ma si cerca di far proiettare al campione sociologico un’immagine da attribuire più asetticamente all’opinione pubblica in generale. Il problema è molto complesso e richiederebbe ovviamente indagini più approfondite, mentre in questo caso viene evocato a margine di un ragionamento sulla percezione della Memoria.
In ogni caso è possibile notare una tendenza alla crescita graduale di coloro che tendono a negare sentimenti antisemiti nell’ambito della società italiana. E tutto ciò di fronte a un’evoluzione che ha lasciato intendere come in questi ultimi anni la società italiana non potesse considerarsi completamente esente da tendenze globali molto presenti soprattutto nell’area europea di una crescita dell’antisemitismo. Un dato che forse sarebbe azzardato denunciare come negazione irresponsabile o colpevole della realtà, ma che deve comunque essere tenuto d’occhio.

la cerimonia 
Bologna, apre la nuova sinagoga

"Anche questa è Memoria viva"
“Un luogo dalla grande vocazione identitaria. Un luogo in cui non solo la Comunità ebraica, ma la cittadinanza intera ne potrà apprezzarne i suoi aspetti storico-culturali e lo farà grazie ad un accordo che verrà stipulato con le Soprintendenza”. Così il presidente della Comunità ebraica di Bologna Daniele De Paz ha commentato l’inaugurazione del nuovo Tempio piccolo della sinagoga della città felsinea. Inaugurazione resa possibile grazie a un lavoro meticoloso svolto fianco a fianco con due Soprintendenze, Archeologica ed Architettonica, e realizzato alle maestranze che hanno permesso di raggiungere un risultato di alto livello, particolarmente significativo in giorni dedicati alla Memoria viva. Tema che è stato centrale sia negli interventi del presidente De Paz che in quello del rabbino capo Alberto Sermoneta, che hanno inaugurato lo spazio insieme ai rappresentanti delle istituzioni.
“Questo tipo di giornate – la riflessione del rav Sermoneta – non debbono essere intese soltanto come giornate di lutto, bensì di riflessione sul passato, ma ancor di più sul presente e sul futuro.Nonostante tutti i popoli avessero voluto la nostra distruzione, noi ancora esistiamo, manifestando le nostre tradizioni e le nostre usanze”.

Leggi

qui roma - memoria
Pitigliani, i giovani ricordano
Nonni, genitori, nipoti insieme. Una formula che funziona, in grado di coinvolgere le generazioni.
Per il sesto anno, Memorie di famiglia è tra i contributi più significativi offerti dal Centro Ebraico Il Pitigliani per il Giorno della Memoria.
Una intensa mattinata di letture, da parte di giovanissimi e adolescenti, che hanno interpretato davanti a un folto pubblico le testimonianze scritte da loro familiari che hanno vissuto gli anni delle persecuzioni razziali e della guerra.
“Ogni anno un’esperienza che ci gratifica, che lascia una traccia profonda in tutti i partecipanti” sottolinea Giordana Menasci, storica ideatrice e organizzatrice dell’iniziativa assieme ad Anna Orvieto. Iniziativa che segue il principio ebraico della trasmissione midor ledor, di generazione in generazione:
Condotta da Nando Tagliacozzo, la giornata è stata arricchita dalla partecipazione del coro dei bambini Pitigliani Vocal Project, diretto dalla Maestra Evelina Meghnagi e accompagnato da Emanuele Levi Mortera.
Ad aprire l’iniziativa gli interventi del presidente del Pitigliani Bruno Sed, della presidente UCEI Noemi Di Segni e del vicepresidente della Comunità ebraica romana Ruben Della Rocca.

Leggi


memoria - segnalibro
Don Cirillo, luce di umanità
L’incredibile storia di Giulio Segre – salvato dalla deportazione nel 1943 dal parroco di Courmayeur don Cirillo Perron – è abbastanza nota grazie alla pubblicazione del libro “Don Cirillo e il nipotino” e ad una serie di servizi televisivi trasmessi dalla Rai e da Tv2000. Il sacerdote valdostano riuscì a salvare il bambino ebreo facendolo passare come un nipote bisognoso di un lungo periodo di convalescenza in montagna, rimase un anno e mezzo nella canonica di Courmayeur con il rischio per don Cirillo di essere scoperto dai tedeschi. Una storia in parte a lieto fine, perché alla fine della guerra Giulio poter riabbracciare i suoi genitori. Non però i suoi nonni, arrestati nonostante l’età avanzata e uccisi dai nazisti.
Meno nota ma ugualmente meritevole di essere raccontata è l’amicizia sorta negli ultimi anni della vita di Giulio Segre con il vero nipote di don Cirillo, anche lui un sacerdote, valdostano ma per adozione romano, don Donato Perron.


Lucio Brunelli
Leggi

qui firenze - memoria
La didattica per non dimenticare 
Notevole partecipazione ai due incontri sulla Memoria “viva” organizzati a Firenze dal Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia grazie al coordinamento e ai contatti intercorsi tra la professoressa Silvia Guetta e lo Yad Vashem.
Due momenti di incontro per far riflettere i giovani sulla consapevolezza che loro sono l’ultima generazione a poter incontrare ed ascoltare la voce diretta di donne ed uomini che hanno visto e vissuto la Shoah. Da qui, sottolinea la professoressa Guetta, una grande sfida pedagogica. E che si accompagna con queste domande. Chi ha il potere di raccontare la storia? Quali sono le fonti di tale autorità? La memoria deve essere mantenuta come una fonte accademica o popolare? Di quale memoria dobbiamo fare uso: quella collettiva o individuale?
Leggi

qui casale - memoria
Monferrato, incubo e salvezza
"Più diamo rilievo a tutte le voci, più la storia acquisisce sostanza e dignità”. In questa frase di Sergio Favretto c’è forse il senso di questa domenica 29 di Memoria presso la Comunità ebraica di Casale Monferrato. Ogni anno la manifestazione ha il compito di commemorare le vittime dei campi di sterminio, ma è il contesto inevitabilmente cambia: spariscono i testimoni diretti, il negazionismo prende forza e nel contempo gli eventi di cronaca ci fanno riflettere sulla contemporanea capacità di accettare le diversità degli altri.
Leggi

informazione - international edition
Memoria, una sfida nazionale
Come si commemora il Giorno della Memoria in Italia? Nell’odierna uscita di Pagine Ebraiche International Edition, i lettori di lingua inglese possono trovare un senso di come il 27 gennaio viene vissuto nella Penisola. Sono infatti migliaia gli eventi, da nord a sud, nelle città più importanti come in centri minori. Sull’edizione internazionale, spazio alla cerimonia ufficiale che ha avuto luogo a Roma, con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, e la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni. Nella Capitale si sono svolti anche il concerto organizzato all’Auditorium Parco della Musica, giunto al quarto appuntamento, e la corsa “Run for Mem”, che ha portato i partecipanti attraverso un itinerario dei luoghi di Memoria della città.

Leggi

pilpul
Oltremare - Due minuti
A me il Giorno della memoria è sempre andato stretto. Troppo cerebrale, strutturato, tematizzato, sottolineato, a volte perfino gridato. D'accordo, forse sarebbe complesso, logisticamente parlando, far risuonare in tutta l'Europa una sirena lunga due minuti alla stessa ora, anche se i fusi orari non son poi tanti. La gente fermerebbe le macchine, anche in autostrada, scenderebbe dagli autobus, ascolterebbe a capo chino. Il ricordo del peggiore sterminio del terribile Novecento europeo, anche per i tanti che non hanno nessuno di famiglia da ricordare, nessun albero genealogico abbattuto dai nazisti o dai fascisti, diventerebbe qualcosa di palpabile. Stare in piedi in un luogo qualunque della strada quotidiana fra casa e lavoro, o con i sacchetti della spesa che tagliano le mani, e fermarsi immobili con intorno altri sconosciuti per quei due minuti, con la consapevolezza che tutti, proprio tutti sono fermi in quello stesso momento in tutto il continente, aiuterebbe forse anche gli europei meno coinvolti, meno propensi alla memoria, a lasciarsi contagiare. La memoria è contagio, è qualcosa di quasi telepatico, che se tocca i nervi giusti non ha quasi bisogno di essere verbalizzata. E forse nella corsa all’ultimo testimone, questa generazione sta perdendo la capacità di vivere la memoria come un sentimento. Quando noi in Israele ci fermiano (fermiamo un intero paese di otto milioni di persone) per ricordare, nessuno interroga i propri compagni di silenzio su quante nozioni sa sulla Shoah. Certo, noi siamo il paese del post-Shoah, ma non si creda che ogni liceale sappia recitare i nomi dei campi di sterminio o le tappe della democratica salita al potere di Mussolini o di Hitler. Se la memoria della Shoah diventasse il perno sul quale far girare la coscienza del continente europeo, non avrebbe bisogno di tanta pompa magna. Sarebbe un memento chiaro e fermo al presente, e un freno ad ogni deriva populista ed anti-democratica. Finchè resta solo una giornata di interrogazione alla lavagna con gli intellettuali che danno i voti alla fine della lezione, fa meno della metà del suo lavoro.

Daniela Fubini, Tel Aviv

Analisi scorretta - L'uomo forte
La settimana scorsa su “La Repubblica” il sociologo Ilvo Diamanti ha illustrato una ricerca condotta per il quotidiano romano alla metà del mese di novembre 2016. Tre settimane prima del giorno in cui si è svolta la consultazione popolare sulle proposte di modifica costituzionale di Matteo Renzi.
Il risultato della ricerca è interessante ma anche inquietante, anzi direi doppiamente inquietante.
Ben il 79% del campione intervistato (con un margine di errore del 3,5%) afferma di essere moltissimo o molto d’accordo sulla necessità di un “Uomo forte” alla guida dell’Italia
La prima inquietudine viene naturalmente dal risultato della ricerca. L’esperienza degli uomini forti si sa bene come di solito va a finire, anche se non mancano esempi di uomini forti democratici, come Churchill o i due presidenti Roosevelt.
Diamanti spiega la richiesta dell “Uomo forte” con i “personalismi” non solo in politica; con la fine dei partiti tradizionali; l’identificazione dei cittadini con un leader e non ultimo il fallimento della politica intesa come gestione del bene comune che ha disilluso moltissimi elettori ormai pronti ad affidarsi ad un uomo solo.
La seconda inquietudine è determinata dal momento temporale in cui è stata effettuata la rilevazione, proprio nel mezzo della campagna referendaria. La proposta di modifica costituzionale è stata accusata di essere antidemocratica e che avrebbe condotto ad un “uomo solo al comando”; di essere centralista e distruttiva delle prerogative degli Enti Locali e del Senato.


Anselmo Calò 
Leggi





moked è il portale dell'ebraismo italiano
Seguici su  FACEBOOK  TWITTER
Pagine Ebraiche 24, l'Unione Informa e Bokertov sono pubblicazioni edite dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. L'UCEI sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it  Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio "cancella" o "modifica". © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.