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3 Marzo 2017 - 5 Adar5777
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Lungo il cammino della mia professione, del mio esistere, del mio andare incontro a tantissime persone, ascolto tante storie, leggo e sento tante parole. A volte si tratta di incontri interessanti, stimolanti, preziosi, altre volte le orecchie sanguinano ferite dal numero esorbitante di “Io” che l’interlocutore inserisce nel suo parlare. “Io ho fatto così…quando ero in quel ruolo Io ho deciso in quel modo… quel problema sono Io che l’ho risolto…quella comunità Io l’ho salvata…”. Da un punto di vista squisitamente linguistico in tutte le principali lingue europee è considerato maleducazione mettere al primo posto il pronome di prima persona, singolare o plurale, quando ci si nomina in compagnia.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
Direttore Fondazione CDEC
L’aumento del numero di episodi di antisemitismo negli Stati Uniti rischia di provocare un effetto emulazione di cui in Italia non si sente bisogno. Il tema è quello non proprio nuovo dell’uso pubblico del linguaggio antiebraico, delle sue simbologie tradizionali e delle sue ben note ed efficaci dinamiche comunicative. Un episodio molto recente ha suscitato un certo allarmismo. A Garbagnate, una località che fa parte della città metropolitana di Milano, sono stati affissi alcuni manifesti che riproducono gli stereotipi dell’usura, condannano la società multietnica, denunciano il declino della società italiana bianca e cristiana. Non si tratta di manifesti anonimi e non si tratta di una novità. In realtà la sigla che li firma – Nsab-Mlns – è regolarmente presente nel panorama politico dell’ultradestra neofascista lombarda da molti anni, pare abbia anche partecipato a competizioni elettorali e possiede un regolare sito web che nessuna autorità giudiziaria o di polizia si è mai sognata di oscurare o segnalare.
 
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Puglia, migranti morti
Non si esclude il dolo
Foggia, nella notte incendio nel ‘gran ghetto’ di Rignano appena sgomberato: morti due migranti, originali del Mali. Non si esclude il dolo. “Per la baraccopoli nelle campagne era iniziato lo sgombero per ‘infiltrazioni criminali’, ma una parte dei 500 lavoratori stagionali si era rifiutata di abbandonare la struttura” scrive il sito di Repubblica. Nel corso dell’ultimo anno, viene inoltre spiegato, il ghetto è stato colpito da due grossi incendi che lo hanno distrutto in parte, ma ogni volta le baracche di legno erano state ricostruite. Dal 2012 a oggi è il settimo incendio e quello dalle conseguenze più gravi.

“Quella terapia non è sicura”. Con questa motivazione, un giudice milanese ha vietato ai genitori di una bambina di tre anni malata di tumore di rivolgersi a un medico israeliano, ritenuto non idoneo. A fine ottobre, scrive Repubblica, la famiglia informa di volere trasferire la bambina in Israele per una biopsia. L’Istituto dei tumori di Milano, l’unico centro in Italia ad avere un reparto pediatrico, fra quelli che si occupa solo di tumori, avverte i genitori della piccola delle probabili controindicazioni che possono accompagnare la scelta. La terapia seguita a Milano ha infatti dato risultati confortanti. “È in oncologia – scrive Repubblica – in condizioni di stabilità, non si propongono cambi terapeutici. Eppure il consulto con il professore Shlomi Constantini dà un esito differente: secondo l’israeliano, la malattia è meno aggressiva di quanto riscontrato in Italia e consiglia una terapia molecolare”.
Di diverso avviso il tribunale: “Quando si tratta di minori, le scelte terapeutiche devono essere orientate al migliore interesse del bambino”.
 
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  davar
nomina al leggendario castello di miramare
Crescita culturale e delle risorse Contessa, da Israele a Trieste
Prima presa di contatto, in queste ore a Trieste, per la direttrice del prestigioso Museo dell’arte ebraica italiana Umberto Nahon di Gerusalemme Andreina Contessa. L’illustre studiosa è stata nominata, ieri in serata, alla direzione del museo, del parco e della riserva naturale marina del Castello di Miramare, che alle porte della città giuliana costituisce uno dei principali richiami trainanti del turismo culturale italiano.
Giunta da Israele per una visita lampo all’affascinante e leggendario comprensorio voluto da Massimiliano d’Asburgo all’apice dell’Adriatico, e alle strutture che già oggi richiamano circa 300 mila visitatori l’anno, al margine dei suoi primi contatti ufficiali la studiosa ha voluto subito rendere una visita informale alla sinagoga di Trieste e alle altre realtà della Comunità ebraica di Trieste. Accompagnata dal direttore della redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Guido Vitale, Andreina Contessa ha avuto così modo di visitare anche la sinagoga e il museo ebraico triestino e di incontrare per un breve saluto fra gli altri gli assessori comunitari Livio Vasieri e Davide Belleli, il segretario generale Paolo Levi con Liora Misan, il direttore del museo triestino Ariel Haddad.
L’alto incarico conferito alla studiosa italo-israeliana, che costituisce un riconoscimento degli investimenti sulla cultura del Governo israeliano, della Sinagoga italiana di Gersusalemme e della comunità degli Italkim nel suo insieme, vede la concessione al museo e al parco di Miramare dell’autonomia gestionale e finanziaria, un privilegio concesso dal governo solo alle strutture di maggiore richiamo e di migliore potenzialità di crescita.
Il provvedimento assunto dal ministro della Cultura Dario Franceschini si inquadra nel progetto complessivo di rilancio delle potenzialità culturali ed economiche del paese attraverso gli investimenti sui beni artistici e sulla programmazione culturale. Una svolta che promette di rivoluzionare le prospettive di crescita del sistema Italia attraverso una determinata strategia di crescita culturale.

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nuove idee per la "piccola gerusalemme"
Pitigliano, futuro da protagonista
Il futuro della Pitigliano ebraica, la “piccola Gerusalemme”, al centro dell’incontro che la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni e il Presidente della Comunità ebraica di Livorno Vittorio Mosseri hanno avuto con il sindaco del comune toscano Pier Luigi Camilli. Un incontro nel segno della progettualità, per la valorizzazione e la tutela dell’immenso patrimonio culturale custodito a Pitigliano, dal complesso museale all’antico cimitero ebraico cittadino.
Una sfida, è stato sottolineato, che passa da un sempre più stretto coordinamento tra le istituzioni locali, la Comunità ebraica livornese, l’UCEI, il lavoro dell’associazione “La piccola Gerusalemme” guidata da Elena Servi. Al sindaco Camilli è stato inoltre illustrato il progetto UCEI dedicato agli itinerari ebraici e al virtual tour, che potrebbe presto interessare anche la realtà di Pitigliano.

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L'INAUGURAZIONE IL 26 MARZO
Bologna, la nuova sinagoga

"Luogo di identità e incontro"
“La nuova sinagoga, tra le sinagoghe della Diaspora”.
Domenica 26 marzo si candida ad essere una giornata memorabile per la Comunità ebraica bolognese, attesa dall’inaugurazione ufficiale del suo nuovo Tempio piccolo. Uno spazio dedicato alla preghiera, all’incontro, alla cultura. E una giornata per raccontare il grande lavoro che ha permesso la realizzazione di questo ambiente, svolto con il fondamentale contributo della Soprintendenza archeologica e di quella architettonica.
A fare gli onori di casa saranno il presidente della Comunità ebraica bolognese Daniele De Paz e il rabbino capo Alberto Sermoneta, le cui parole apriranno la giornata. Interverranno anche la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, il presidente della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia Dario Disegni, i rabbini Adolfo Locci e Giuseppe Momigliano.
Una giornata fitta di appuntamenti, che si aprirà al mattino e che proseguirà anche con una qualificata tavola rotonda moderata dal direttore della redazione giornalistica UCEI Guido Vitale con protagonisti il rav Alberto Somekh, l’architetto Andrea Morpurgo, il docente universitario Rony Hamaui e il professor Giuseppe Costantini.
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QUI MILANO - L'EVENTO DEL KEREN HAYESOD
Italia-Israele, progetti di futuro
“Net@ è un programma quadriennale di formazione doposcuola che offre ai giovani israeliani della periferie geografiche e socio-economiche conoscenze tecnologiche avanzate e promuove i valori sociali e doti di leadership”. Un progetto al centro dell’impegno del Keren Hayesod per Israele di cui si è parlato ieri a Milano in occasione dell’apertura della campagna di raccolta fondi in favore dell’organizzazione. Una serata che ha visto protagonisti diversi ospiti, con la partecipazione del mondo ebraico milanese così come di molte persone esterne alla Comunità. “Tutti presenti qui per sostenere e dimostrare la propria amicizia a Israele”, ha ricordato in apertura di serata il presidente del Keren Hayesod Andrea Jarach.


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per 44 anni rabbino capo a padova
Rav Achille Viterbo (1933-2017)
Profondo cordoglio tra gli ebrei italiani per la scomparsa di rav Achille Shimon Viterbo, 83 anni, storico rabbino della Comunità ebraica di Padova (svolse questo incarico dal 1955 fino al 1999) e per molti anni anche suo segretario.
Nato a Tunisi, rav Viterbo aveva conseguito il titolo di Maskil al Collegio Rabbinico Italiano di Roma nel gennaio del 1956 e la Semikhà nel 1963. Negli ultimi anni viveva a Gerusalemme, dove aveva coronato il suo ideale sionista.
I vertici dell’ebraismo italiano e del rabbinato, la Comunità ebraica di Padova, la Comunità ebraica italiana in Israele. La commozione è grande per un uomo che ha lasciato un segno vivo del suo passaggio e del suo magistero.
La redazione si inchina alla memoria del Rav ed è vicina ai suoi familiari. Partecipante attivo, sensibile e garbato nel corso della sua presenza a Trieste ai lavori del laboratorio giornalistico Redazione aperta, il rav Viterbo non ha mai fatto mancare il dono raro e prezioso della sua attenzione, della sua curiosità e della sua saggezza.
Il suo ricordo sia di benedizione.
Nelle immagini due momenti della partecipazione del Rav Viterbo a Redazione aperta, con i giornalisti dell’Unione e con il sociologo Roberto Weber in un confronto dedicato allo sviluppo della Community, ai rapporti fra mondo ebraico e società e alla raccolta delle risorse che garantiscano il futuro dell’ebraismo italiano.


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pilpul
Conoscere l'italiano
A qualcuno interessa che si studi l’italiano?
Perché i giovani escono dalla scuola superiore senza una conoscenza adeguata dell’italiano? La lettera dei 600 docenti universitari che lamentava le scarse competenze linguistiche degli studenti ha suscitato grande scalpore. Personalmente non ho in tasca una ricetta vincente per risolvere il problema, ma credo che potrebbe essere utile se a scuola le ore di italiano potessero essere usate per far lezione di italiano.
Tra pochi mesi concluderò i miei primi 25 anni di insegnamento e in ciascuno di questi (tranne quello in cui avevo una cattedra di solo latino, che anche per questo è stato quasi un anno di vacanza), nella scuola media e nella scuola superiore, nella scuola ebraica e nella scuola pubblica, ho dovuto lottare con le unghie e con i denti per salvare un numero ragionevole di ore di italiano dall’assalto di laboratori, conferenze, cinema, attività manuali e ricreative, corsi di architettura o di economia, ecc. Inizialmente credevo che la difficoltà a utilizzare le ore di italiano per fare italiano fosse dovuta alla peculiare identità di una scuola ebraica; ben presto, però, ho scoperto che non è così: il problema non è, per esempio, il tempo dedicato alla recita di Purim (che comunque è un laboratorio teatrale) o alla stesura di racconti e riflessioni su temi ebraici (fa sempre bene cimentarsi nella scrittura creativa o argomentativa). Il problema è tutto il resto, tutto ciò che affolla le ore di una scuola pubblica o di una scuola ebraica più o meno nella stessa misura, tutto ciò che dovrebbe essere, nelle intenzioni, una pausa nell’attività didattica e finisce invece per sovrapporsi alla didattica e sostituirla.
In certi anni mi impuntavo di più, in altri mi riproponevo di lasciar perdere e di non prendere le cose troppo a cuore, salvo poi faticare a trovare le date per svolgere le dovute tre prove scritte in ciascun quadrimestre. Succede in tutte le materie, naturalmente, ma ho l’impressione che con l’italiano succeda di più, come se l’italiano fosse considerato una specie di jolly, una materia generica che comprende tutte le altre e quindi può legittimamente ospitare al proprio interno qualunque contesto in cui i presenti comunichino tra di loro in lingua italiana. Curiosamente gli insegnanti di altre materie che lamentano la scarsa conoscenza dell’italiano da parte degli allievi sono spesso i primi a cercare di impadronirsi delle ore di italiano per fare altro: evidentemente sono giunti alla convinzione che l’insegnamento dell’italiano sia sostanzialmente inutile.
Probabilmente occorre un ripensamento sull’impostazione generale della scuola, sugli orari, sui programmi, ecc. (ricordiamo tra l’altro che la riforma Gelmini ha tolto dal ginnasio un’ora settimanale di italiano ma nessuno pare essersi scandalizzato più di tanto). Intanto varrebbe la pena di chiedersi: quello della scarsa conoscenza dell’italiano da parte degli studenti è un problema che la società italiana vuole davvero risolvere o è un argomento di conversazione qualunque, tanto per lodare il buon tempo antico?


Anna Segre, insegnante 

Chi boicotta Israele
La parola boicottagio deriva dal nome del capitano inglese Charles C. Boycott, che fu amministratore dei possedimenti del conte di Erne, un ricco latifondista irlandese del diciannovesimo secolo. Poiché Boycott era solito vessare crudelmente i contadini a lui sottoposti, l”Irish land legue” intraprese contro di lui una lotta non violenta che consisteva nell’isolamento e nella non collaborazione. Nessuno gli rivolse più la parola, né intraneva alcun rapporto con questo personaggio, fintanto che fu costretto a dimettersi. Quando si pensa alla parola boicotaggio oggi, viene in mente la pratica di non acquistare determinati tipi di prodotti derivanti da una certa azienda o provenienti da un dato regime autoritario.

Francesco Moises Bassano
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BDS, le parole dell'odio
Chi tra noi spera sinceramente in un futuro di pace per il Medio Oriente si sente obbligato ad agire per cercare di ottenere quel risultato. E siccome le mostruose violazioni dei diritti umani che avvengono in Siria, in Iraq, in Egitto, in Iran ecc. sembrano essere troppe, troppo abnormi, troppo devastanti per essere contrastate efficacemente, allora ecco che l’attenzione si rivolge all’unico Paese nel quale è possibile appellarsi impunemente alla libertà di parola, alla democrazia ed ai diritti umani a sostegno delle battaglie etiche e morali.

Lisa Billig, American Jewish Committee
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Fare la differenza
Mi ha sempre colpito con quanta cura e precisione la Torà descriva come costruire l’Arca e il Tabernacolo. D’altra parte Dio aveva a che fare con gli ebrei usciti dall’Egitto: immagino dei buoni operai abituati a costruire altro dal quale allora tanti dettagli dovevano servire, forse, a segnalare la differenza.

Ilana Bahbout


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