Conoscere l’italiano

anna segreA qualcuno interessa che si studi l’italiano?
Perché i giovani escono dalla scuola superiore senza una conoscenza adeguata dell’italiano? La lettera dei 600 docenti universitari che lamentava le scarse competenze linguistiche degli studenti ha suscitato grande scalpore. Personalmente non ho in tasca una ricetta vincente per risolvere il problema, ma credo che potrebbe essere utile se a scuola le ore di italiano potessero essere usate per far lezione di italiano.
Tra pochi mesi concluderò i miei primi 25 anni di insegnamento e in ciascuno di questi (tranne quello in cui avevo una cattedra di solo latino, che anche per questo è stato quasi un anno di vacanza), nella scuola media e nella scuola superiore, nella scuola ebraica e nella scuola pubblica, ho dovuto lottare con le unghie e con i denti per salvare un numero ragionevole di ore di italiano dall’assalto di laboratori, conferenze, cinema, attività manuali e ricreative, corsi di architettura o di economia, ecc. Inizialmente credevo che la difficoltà a utilizzare le ore di italiano per fare italiano fosse dovuta alla peculiare identità di una scuola ebraica; ben presto, però, ho scoperto che non è così: il problema non è, per esempio, il tempo dedicato alla recita di Purim (che comunque è un laboratorio teatrale) o alla stesura di racconti e riflessioni su temi ebraici (fa sempre bene cimentarsi nella scrittura creativa o argomentativa). Il problema è tutto il resto, tutto ciò che affolla le ore di una scuola pubblica o di una scuola ebraica più o meno nella stessa misura, tutto ciò che dovrebbe essere, nelle intenzioni, una pausa nell’attività didattica e finisce invece per sovrapporsi alla didattica e sostituirla.
In certi anni mi impuntavo di più, in altri mi riproponevo di lasciar perdere e di non prendere le cose troppo a cuore, salvo poi faticare a trovare le date per svolgere le dovute tre prove scritte in ciascun quadrimestre. Succede in tutte le materie, naturalmente, ma ho l’impressione che con l’italiano succeda di più, come se l’italiano fosse considerato una specie di jolly, una materia generica che comprende tutte le altre e quindi può legittimamente ospitare al proprio interno qualunque contesto in cui i presenti comunichino tra di loro in lingua italiana. Curiosamente gli insegnanti di altre materie che lamentano la scarsa conoscenza dell’italiano da parte degli allievi sono spesso i primi a cercare di impadronirsi delle ore di italiano per fare altro: evidentemente sono giunti alla convinzione che l’insegnamento dell’italiano sia sostanzialmente inutile.
Probabilmente occorre un ripensamento sull’impostazione generale della scuola, sugli orari, sui programmi, ecc. (ricordiamo tra l’altro che la riforma Gelmini ha tolto dal ginnasio un’ora settimanale di italiano ma nessuno pare essersi scandalizzato più di tanto). Intanto varrebbe la pena di chiedersi: quello della scarsa conoscenza dell’italiano da parte degli studenti è un problema che la società italiana vuole davvero risolvere o è un argomento di conversazione qualunque, tanto per lodare il buon tempo antico?

Anna Segre, insegnante

(3 marzo 2017)