IL CORTOMETRAGGIO DI TOMER SHUSHAN TRA LE NOMINATION DELL'EDIZIONE 2021

Vita da migrante a Tel Aviv. Una pellicola da Oscar
  

Il film White Eye del regista israeliano Tomer Shushan è stato nominato agli Oscar nella categoria Miglior cortometraggio. La sua pellicola, girata con un unico piano sequenza, è un racconto che parla dei migranti eritrei a Tel Aviv, della loro condizione precaria, di pregiudizio, dei rapporti con le autorità. Protagonista della vicenda, Omer (Daniel Gad), che girando una notte per Tel Aviv ritrova la sua bici rubata. È legata nei pressi di una macelleria. Ad averla ora è uno dei dipendenti, Yunes (Dawit Tekelaeb), lavoratore eritreo senza documenti e permesso. Omer lo affronta e chiede la restituzione della bici. Yunes replica di averla regolarmente comprata e di non essere stato lui a rubarla. L'altro non sa se credere a questa storia. Nel mentre però interviene la polizia e la situazione precipita. Omer, che pensava di farsi giustizia, ora guarda tra i rimorsi il volto impaurito di Yunes, a cui gli agenti chiedono documenti che non ha. È una scena che il regista Shushan ha vissuto nella realtà. Il corto è infatti la trasposizione cinematografica di una vicenda molto simile da lui vissuta. “Ho voluto farne un film perché mi ha davvero segnato come essere umano. - ha raccontato Shushan - I sentimenti che ho provato erano così reali e dolorosi”.  
Nella rosa dei candidati all'Oscar, diversi i film che hanno legami con il mondo ebraico, a partire da Mank e Il processo ai Chicago 7. Le due pellicole hanno ricevuto molte nomination, a partire da miglior film. Per Sacha Baron Cohen, candidato come miglior attore non protagonista, la soddisfazione di vedere anche il suo “Borat. Seguito di film cinema” tra i possibili vincitori della statuetta, grazie alla candidatura di Maria Bakalova come miglior attrice non protagonista.
La 93esima edizione degli Oscar si terrà il 25 aprile, con un ritardo di circa di due mesi rispetto alle usuali date di fine febbraio a causa della pandemia.

IL VIAGGIO DEL PRESIDENTE ISRAELIANO

Berlino, Vienna, Parigi. 
Rivlin in missione in Europa

Il Presidente israeliano Reuven Rivlin si prepara per l'Europa. E sarà uno dei suoi ultimi viaggi nel vecchio continente in qualità di Presidente d'Israele. A giugno infatti scadrà il suo mandato e la Knesset (parlamento) ,che emergerà dal voto del prossimo 23 marzo, dovrà eleggere il suo successore. Alcuni nomi sono già in circolazione, ma la rosa dei candidati sarà più chiara in prossimità dell'estate. Intanto Rivlin guarda al presente e a partire da domani farà tappa a Berlino, Vienna e infine Parigi per diversi vertici con i colleghi europei. Un'occasione per rafforzare i rapporti bilaterali, ma anche un momento per segnalare la preoccupazione israeliana per il programma nucleare iraniano e per la decisione della Corte penale internazionale di aprire un’inchiesta su presunti crimini di guerra da parte di Israele. Ad accompagnare il Presidente, il capo di Stato maggiore Aviv Kochavi, a cui sarà affidato il compito di aggiornare le controparti tedesche, austriache e francesi sui temi di sicurezza. Prima tappa della missione sarà la Germania, con l’incontro fissato con il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier a Berlino.
Il giorno seguente, il presidente israeliano si recherà per la prima volta in visita ufficiale a Vienna dove si svolgerà il vertice con il capo di stato austriaco Alexander Van der Bellen. In Austria, Rivlin interverrà anche alla cerimonia di commemorazione della Shoah al memoriale per gli ebrei austriaci. Per l’ultimo giorno è invece fissato l’incontro con Emmanuel Macron in Francia.

IL DOSSIER DI PAGINE EBRAICHE - UN ANNO DI COVID

“Dopo la maturità un futuro incerto”

“Quello alle spalle è stato un anno molto molto complicato. I mesi del lockdown mi sono serviti per stare in famiglia e concentrarmi sullo studio, seppur a distanza. Forse grazie al mio carattere sono riuscita ad affrontare bene tutta la situazione” dice a Pagine Ebraiche Marta Sinigaglia, studentessa del Liceo linguistico della Comunità ebraica di Milano. Nel marzo dello scorso anno, racconta, ha perso il padre Giorgio. Un lutto che ha stretto attorno a lei e alla sua famiglia tutta la Comunità milanese. “La mia esperienza è stata diversa dalle altre. Avevo bisogno di stare a casa, anche dal punto di vista emotivo. E per quello seguire a distanza le lezioni mi è stato d’aiuto”.
Poi la sua riflessione si apre sull’intera situazione della didattica a distanza. “In generale è una condizione che ha i suoi pro e i suoi contro: si possono ottimizzare meglio i tempi, non ci sono spostamenti e io mi trovavo con più tempo per studiare nel pomeriggio. Dall’altro lato, era molto più facile distrarsi, non essendo in classe, ma davanti a un computer nella propria stanza. Stando a casa, con tutta la famiglia attorno, perdere la concentrazione non era così difficile. E anche per i professori cercare di far mantenere a tutti l’attenzione da dietro uno schermo è stato un compito complicato”.

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LA PRESENTAZIONE DELLA NUOVA HAGGADAH ILLUSTRATA  

“Pesach, la festa delle domande”

“In italiano ci sono molte haggadot, una più interessante dell’altra, con infiniti commenti davvero profondi e di piacevole lettura, ma dopo decine e decine di sedarim in famiglia, più o meno con le stesse persone, si è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, di inedito per attirare l’attenzione dei figli, ma anche e soprattutto dei parenti adulti che cercano in questa serata occasioni di riflessione e di studio”.
È nata così, racconta Dario Coen, l’idea di dar vita a una nuova edizione dell’Haggadah. Che accanto al testo tradizionale, in una ampia intervista, portasse il lettore a soffermarsi in modo diverso sui temi salienti della festa. Sulle domande e sulle sfide che questo appuntamento pone all’ebraismo da millenni.

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L’ultimo dei Giusti
Già ideato nella sua natura e nella sua funzione nel corso stesso della guerra, il memoriale di Yad Vashem viene istituito con una legge apposita, la Legge del Memoriale, approvata nell’agosto 1953 dalla Knesset. La Legge era volta, oltre che ad onorare e ricordare gli ebrei vittime della Shoah, anche ad esprimere la gratitudine dello Stato di Israele e del popolo ebraico verso quei non ebrei che avevano aiutato gli ebrei. A questo ultimo fine, nel 1963 ebbe inizio il progetto di riconoscimento di concessione del titolo di Giusti delle Nazioni a coloro che a loro rischio e senza ricompense avevano aiutato a salvarsi almeno un ebreo.
Anna Foa
Oltremare – Mascherine
Nahman Ash ha passato mesi a comparire in conferenze stampa con faccia triste e tesa e il colorito in bianco e nero, e per la prima volta in questi ultimi giorni lo vediamo un filo più colorato e persino sorridente. Per dire, fino a ieri non avevo mai visto che ha una dentatura di quelle che si vedono anche dalla luna e degli occhi azzurrissimi. Essere lo “zar”, cioè il responsabile per la gestione della crisi Corona non è un mestiere facilissimo, e ne abbiamo passati altri di zar in questo lunghissimo anno.
Daniela Fubini
Controvento - Covid e differenze di genere
Del Covid-19 abbiamo imparato molto, sia sulla diagnosi, la terapia, i vaccini. Ma molto rimane ancora da capire. Uno dei misteri riguarda l’epidemiologia. Perché in certe regioni il Covid infierisce più che in altre? Perché i giovani inizialmente non sembravano essere colpiti, e ora invece si ammalano? Il clima ha qualche effetto? E l’inquinamento? E il gruppo sanguigno? Esiste un gene o qualche caratteristica epigenetica che rende alcuni più sensibili al Covid? E soprattutto, si può parlare di una differenza di genere sia nella predisposizione a contrarre il virus che nel decorso della malattia?
Viviana Kasam
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