Vita da migrante a Tel Aviv La pellicola che punta all’Oscar
Dopo aver ricevuto diversi premi in Israele, il cortometraggio di debutto del regista israeliano Tomer Shushan punta agli Oscar. Il suo “White Eye” è tra i candidati ad ottenere l’ambito riconoscimento cinematografico. La lista sarà nelle prossime settimane ulteriormente ridotta a cinque. “Sono sotto shock ed entusiasta di essere arrivato fin qui, ma spero davvero di arrivare alla premiazione finale”, ha raccontato ai media israeliani Shushan. Il suo cortometraggio, girato con un unico piano sequenza, è un racconto che parla dei migranti eritrei a Tel Aviv, della loro condizione precaria, di pregiudizio, dei rapporti con le autorità. Protagonista del film, Omer (Daniel Gad), che girando una notte per Tel Aviv ritrova la sua bici rubata. È legata nei pressi di una macelleria. Ad averla ora è uno dei dipendenti, Yunes (Dawit Tekelaeb), lavoratore eritreo senza documenti e permesso. Omer lo affronta e chiede la restituzione della bici. Yunes replica di averla regolarmente comprata e di non essere stato lui a rubarla. L’altro non sa se credere a questa storia. Nel mentre però interviene la polizia e la situazione precipita. Omer, che pensava di farsi giustizia, ora guarda tra i rimorsi il volto impaurito di Yunes, a cui gli agenti chiedono i documenti che non ha. È una scena che il regista Shushan ha vissuto nella realtà. Il corto è infatti la trasposizione cinematografica di una vicenda molto simile che gli è realmente accaduta. “Ho voluto farne un film perché mi ha davvero segnato come essere umano. – ha raccontato Shushan – I sentimenti che ho provato erano così reali e dolorosi”.
Il personaggio di Yunes è realmente un lavoratore eritreo, Dawit Tekleab, che il giovane regista ha incontrato per strada e ha deciso di arruolare per il suo film. “All’inizio non capiva. Era spaventato e sospettoso”. Poi i due hanno finito per lavorare insieme per sette mesi, incontrandosi due volte a settimane, al termine dei lunghi turni lavorativi di Tekleab. “Ha voluto essere coinvolto a causa del messaggio del film – ha spiegato Shushan – È un film che non cerca di mostrare la solita vecchia storia dei lavoratori migranti come rifugiati poveri e senza speranza. Li fa apparire come persone reali che affrontano le difficoltà della vita”. Fresco di laurea alla Minshar School of Art di Tel Aviv, Shushan ha scritto il film in un’ora, subito dopo aver vissuto tutta l’esperienza della bici. E, racconta il Times of Israel, ha inviato la sceneggiatura la sera stessa alla Fondazione Makor per il cinema e la televisione israeliani, che ha accolto la sua idea e l’ha finanziata. Il corto è stato poi proiettato e applaudito in diversi festival internazionali. E, all’emittente Kan, il regista israeliano ha detto di essere “felice di sapere di aver toccato il cuore di così tante persone in tutto il mondo. È un privilegio per me usare il cinema come un linguaggio che unisce e collega tutti noi”. Ha inoltre raccontato di aver ricevuto la telefonata della nomina agli Oscar alle due di notte. “Ho iniziato a gridare di gioia e ho svegliato i vicini, che hanno chiamato la polizia. Ho ricevuto una multa per schiamazzi notturni. Spero di poterla mettere vicino all’Oscar”.
Daniel Reichel
Articolo aggiornato 15 marzo 2021