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YOM HASHOAH - L'ESPERIENZA DI BOLOGNA 

"Memoriale: un luogo d'incontro, un luogo vivo"

“La scommessa più importante sarà costruire attorno al Memoriale una realtà viva”.
È uno degli auspici che Daniele De Paz, presidente della Comunità ebraica di Bologna, esprimeva nell’inaugurare, nel gennaio del 2016, il Memoriale della Shoah cittadino.
Installato in una piazza di recente realizzazione, in uno spazio adiacente alla stazione ferroviaria dell’Alta Velocità, è stato ideato da Onorato di Manno, Andrea Tanci, Gianluca Sist, Lorenzo Catena e Chiara Cucina, vincitori di un concorso internazionale la cui giuria era presieduta da un architetto di fama: Peter Eisenman, l’autore del celebre Memoriale berlinese.

Un progetto che, commenta De Paz, “trasmette emozione ed energia”. Sono in molti a pensarla così. La piazza, in questi cinque anni, è diventata infatti un luogo d’incontro e aggregazione per molti cittadini bolognesi. Tra i frequentatori più assidui un gruppo di skaters, che l’hanno scelta come base di espressione del proprio estro. Un bravissimo fotografo, Massimiliano Martinelli, ne ha immortalato le prodezze. “Per noi – dice De Paz – questa frequentazione è un valore aggiunto. Un modo positivo di vivere una piazza pensata per far ritrovare le persone e condividere esperienze. Soprattutto in un momento come questo, data l’assenza di eventi pubblici, una funzione essenziale. Ne siamo onorati”.

Sono giovani e giovanissimi i primi fruitori dell’area del Memoriale. Anche grazie al vicino liceo, che proprio su quegli spazi si affaccia. “L’intera area è pensata come un polo culturale, che ci auguriamo di poter ripristinare nella pienezza della sua funzione già dalla prossima estate. Stiamo pensando a qualche iniziativa specifica. Naturalmente – sottolinea De Paz – tutto dipenderà dall’andamento della pandemia”.
Una piazza “che non respinge” dice ancora il presidente degli ebrei bolognesi facendo riferimento a chi, nelle scorse settimane, ha sollevato un problema di degrado notturno. “Ci sono alcuni senza dimora che vi si accampano, liberando poi gli spazi al primo mattino. Qualche traccia del loro passaggio resta. Su questo si può e deve intervenire, invitando a un maggior rispetto del luogo. Ma il tema non può essere strumentalizzato. La fragilità sociale esiste. Da quella piazza – commenta De Paz – non deve essere cacciato nessuno”.

(Nelle immagini di Massimiliano Martinelli alcuni skaters bolognesi nell’area del Memoriale)

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IL DOSSIER "SCACCHI" SU PAGINE EBRAICHE DI APRILE

I film più noti, gli errori più frequenti

Sul numero di Pagine Ebraiche di aprile in distribuzione uno speciale dossier dedicato al mondo degli scacchi racconta questo affascinante gioco, tornato alla ribalta per effetto di una popolare serie televisiva, da una pluralità di punti di vista. A partire dal filtro e della proiezione sulla scacchiera di un'identità ebraica spesso intimamente legata al suo sviluppo e al suo successo. "Giocare a scacchi mi ha salvato la vita" ci ha raccontato tra gli altri Natan Sharansky, figura simbolo della lotta per l'affermazione dei diritti umani. Molte e diverse voci hanno contribuito al dossier, curato da Ada Treves. Con Adolivio Capece, giornalista ed esperto della storia degli scacchi, ripercorriamo (tra luci e ombre) alcune delle apparizioni più celebri di questa disciplina sul grande schermo. 

Il gioco degli scacchi è stato utilizzato dai registi per i propri film sin dalle origini della cinematografia e sin dai primi film muti. Storicamente il primo film incentrato totalmente sugli scacchi è Entr’acte di René Clair, film muto del 1924. La scena più famosa è quella che ritrae il celebre pittore (ma anche forte scacchista) Marcel Duchamp mentre gioca sul tetto di una casa di Parigi insieme ad un altro celebre artista, Man Ray, pure grande appassionato.
Più importante e celebre è però Chess Fever, film muto diretto dal russo Vsevolod Pudovkin e girato durante il torneo di Mosca del 1925, per celebrare la grande diffusione degli scacchi in Russia.
È la storia di un giovane scacchista che per la passione del gioco trascura la fidanzata. Un giorno lei riesce a liberarsi dal controllo dei genitori e spera di passare l’intera giornata sola con lui; lui invece la porta a vedere il grande torneo cui partecipa Capablanca (che aveva allora 37 anni e dal 1921 era campione del mondo); nel film si vede Capablanca in persona: anzi, il cubano interpreta sé stesso!
Da ricordare ancora un altro film muto dell’epoca Le Joueur d’echecs: fu girato in Francia nel 1926, ma venne poi rifatto dodici anni dopo; forse perché l’argomento era piuttosto stuzzicante: il film narrava infatti la storia della “macchina che giocava a scacchi” costruita nel Settecento dal barone Von Kempelen. Come noto si trattava di un falso: l’Automa – come fu subito battezzato il marchingegno – era manovrato da un uomo che vi si nascondeva all’interno, ma ci volle l’acutezza analitica di Edgard Allan Poe per smascherare l’inganno! Il tema ispirò negli anni successivi numerosi altri piacevoli telefilm.
Sono circa un centinaio i film girati sinora che hanno il gioco degli scacchi come filo conduttore; ben pochi però hanno visto anche la versione italiana. Tuttavia spesso i registi non fanno attenzione ai dettagli e alle regole del gioco, per cui capita spesso di vedere la scacchiera messa nella posizione sbagliata, cioè con la casella in basso a destra rispetto ai giocatori nera invece che bianca; oppure, altro errore frequente, vedere il Re e la Regina nelle caselle centrali scambiati di posto (la posizione corretta prevede la Regina sulla casella centrale del proprio colore).
Accade poi spesso che nei (pochi) film che vedono l’edizione italiana ci siano dei brutti errori di traduzione dovuti evidentemente al fatto che il traduttore non è scacchista e che nessuno si è preoccupato di far controllare la traduzione da un esperto.
Succede per esempio in 2001, odissea nello spazio, il famoso film di Stanley Kubrick.
La partita costituisce un momento importante del film e la posizione che prelude alla combinazione finale e che permetterà al computer, il celebre HAL, di dare scacco matto appare con chiarezza sullo schermo, tanto che è stato possibile scoprire che la partita è stata giocata realmente tra Roesch e Schlage ad Amburgo nel 1913.


Un vero disastro la traduzione italiana con i pezzi della sequenza finale confusi tra loro (Cavallo invece di Alfiere, Regina invece di Torre, ecc) mentre sullo schermo appaiono le mosse corrette per cui l’errore è subito evidente!
E succede in La Difesa, tratto dall’omonimo romanzo di Vladimir Nabokov, l’autore del celeberrimo Lolita: Nabokov, come noto, era un grande appassionato di scacchi (specie di problemi: ne compose 18, un paio premiati in concorsi). Corrette le sequenze con l’esecuzione delle mosse (a volte fatte però in modo eccessivamente frenetico); però nella traduzione italiana spicca in particolare, mentre si vede il protagonista analizzare, la frase “se fa questa mossa gli attacco il castello”: è evidente che il traduttore non sapeva che a scacchi il termine inglese ‘castle’ si traduce con ‘arrocco’.
E succede ancora in Dalla Russia con amore, della serie 007, che si apre con una inquadratura che riproduce una tra le più conosciute posizioni degli scacchi, ricavata da una partita realmente giocata tra Spassky e Bronstein a Leningrado nel campionato dell’URSS 1960… ma la posizione riprodotta sulla grande scacchiera murale è senza i pedoni in c5 e d4 (“per evitare possibili problemi di copyright”, hanno spiegato i produttori!). Nel film il nome di Bronstein viene modificato in Kronsteen (Cecoslovacchia) e l’avversario è McAdams (Canada). Purtroppo il doppiaggio italiano del commento della sequenza di mosse che i due giocano è fatto al contrario (come se il Nero fosse al posto del Bianco, quindi muovendo il Nero viene detto Re a2 invece di Re h7 e muovendo il Bianco viene detto Donna in d4 invece che in e4)!


Sicuramente il film a soggetto scacchistico più conosciuto dal grande pubblico è Il Settimo Sigillo di Ingmar Bergman. E sebbene il grande regista svedese si sia documentato sul gioco, tanto che la posizione finale, bene inquadrata in una delle purtroppo poche sequenze dedicate alla situazione sulla scacchiera, vede la Morte dare al cavaliere Block “ scacco matto nell’angolo”, nel rispetto della predilezione dei migliori giocatori medievali per questa posizione di matto, considerata “di grande bellezza”, tuttavia la scacchiera a volte la si vede inquadrata nella posizione regolamentare altre volte al contrario (con l’angolo in basso a destra nero invece che bianco); sembra inoltre di vedere i 2 Alfieri bianchi entrambi su casa bianca.
Peccato infine che nella versione italiana ci sia una frase come “ti soffio il Cavallo” che è una pugnalata al cuore dello scacchista, perché, per quanto abolito definitivamente nel 1934,
il ‘soffio’ è proprio del gergo dei giocatori di Dama!
Tra i film in cui gli scacchi fanno da filo conduttore vanno ricordati White snows of Russia, girato nel 1980 in Russia e basato sulla biografia di Alekhine scritta da Kotov (dal titolo White and Black). Poi 8×8, film surrealista del 1956 di Hans Richter. Quindi Black and White as Day is Knight, studio sulla paranoia negli scacchisti, con scene tratte dai mondiali giocati tra il 1972 e 1978. Die Scachnovelle, girato in Germania nel 1960 e tratto dal libro di Stefan Zweig La novella degli scacchi. La giocatrice di scacchi (Francia 2008) un bel film tratto dal romanzo di Bertina Heinzich. Il cielo cade (Italia 2000) primo film dei registi gemelli Antonio e Andrea Frazzi, tratto dal romanzo autobiografico di Lorenza Marzetti, premio Viareggio; siamo nella campagna toscana, nel 1944; la piccola Penny, 8 anni, e la sorellina Baby passano le vacanze nella villa dello zio ebreo Alfred Einstein (cugino dello scienziato) e qui assistono ai contatti con i tedeschi, fra cui un generale bonaccione e scacchista: il gioco degli scacchi è simbolo di pacifica convivenza.
Da ricordare, più che altro per una curiosità, La regina degli scacchi (Italia 1999): stesso titolo della serie Netflix che tanto successo ha avuto di recente e storia abbastanza simile, ma questo film è della regista Claudia Florio (che disse d’aver letto il più possibile sugli scacchi) e si svolge interamente nelle Marche (tra Ancona e Jesi); è la storia di una ragazzina diciassettenne (interpretata dalla slovacca Barbara Bobulova, che entra bene nel personaggio, pur avendo 24 anni) che si dedica al gioco degli scacchi (diventerà una campionessa) e scopre i segreti della sua infanzia oscura (pare si tratti di una storia realmente accaduta); la protagonista, stando ai critici, trova nel rigore logico degli scacchi un sollievo alle sue tensioni psicologiche; un altro critico affermò: “Le inquadrature mettono in risalto le varie tattiche e strategie degli scacchi tanto da far venire il desiderio di giocare, o almeno provarci”.
Non possiamo elencare tutte le pellicole (è stato calcolato che siano almeno un migliaio) nelle quali, a torto o a ragione, sono state inserite scene scacchistiche; basti ricordare Mezzogiorno e mezzo di fuoco di Mel Brooks e Blade Runner di Ridley Scott. Concludiamo allora con la scena scacchistica più famosa, quella che caratterizza il celebre film Casablanca, in cui il regista (Michael Curtiz) ci offre un primo piano di Humphrey Bogart che gioca ‘da solo’ (in realtà sta analizzando una sua partita che stava giocando per corrispondenza) anche mentre parla con Peter Lorre (la scena in cui i due giocavano insieme fu tagliata in fase di montaggio). Finzione cinematografica? No: Bogart era infatti un grande appassionato del gioco ed anche un discreto dilettante. In una sua biografia si legge che da ragazzino si guadagnava da mangiare battendo a scacchi gli avventori di un bar vicino casa oppure nei Caffè di Broadway o nei parchi di Coney Island: ha poi affermato che studiava, più che le mosse, la psicologia e la forza dell’avversario, ovvero intuiva quando fosse il caso, e quando no, di alzare la posta.
Bogart come detto giocava anche per corrispondenza; un giorno del 1943 ricevette una visita di agenti F.B.I., che volevano arrestarlo perché in quella missive con l’Europa ricche di lettere e numeri ci vedevano qualcosa di losco, così fu costretto a smettere. Un’ultima curiosità: lo scrittore Antonio Costa ha fatto notare che nel film Provaci ancora Sam di Herbert Ross con Woody Allen, quest’ultimo riceve la visita di un amico che vuole consolarlo per essere stato abbandonato dalla moglie; e sulla scacchiera posata sul tavolino del soggiorno attorno al quale sono seduti i due amici è riprodotto la stessa posizione che Bogart stava analizzando in Casablanca! “Sono appassionato di scacchi” dirà Allen intervistato in proposito. “Il mio è stato un omaggio a Bogart”.
Troviamo ancora Woody Allen che gioca a scacchi in una scena del film Ciao Pussycat (1965): sta giocando con una ragazza, si trova in posizione persa: allora la distrae facendo finta che stia arrivando un amico, lei si gira e lui approfitta per prenderle la Regina e buttarla via.
Ma questo non basta per evitare la sconfitta: la Regina infatti non serve alla ragazza (bastano Alfiere e Torre) per dargli scacco matto.

Adolivio Capece, giornalista, studioso di storia degli scacchi


(Nell'immagine in alto una scena dal film "Novella degli scacchi", del 1960, tratto dall'omonimo racconto di Stefan Zweig; in basso un giovane Woody Allen in "Ciao Pussycat" del 1965)

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LA MISSIONE RIVELATA DAI MEDIA ISRAELIANI 

Scongiurare un accordo con l'Iran:
il capo del Mossad a Washington

Il capo del Mossad Yossi Cohen si recherà in visita ufficiale a Washington nei prossimi giorni, dove incontrerà alti funzionari governativi e capi dell’intelligence statunitense per discutere la questione del programma nucleare iraniano. A rivelarlo, l’emittente israeliana News 13. Si tratta del primo viaggio ufficiale di un funzionario israeliano alla Casa Bianca dall’inizio della presidenza di Joe Biden. Secondo i media israeliani, Cohen potrebbe incontrare lo stesso Biden in forma privata nel corso della sua permanenza negli Usa. In ogni caso il suo obiettivo è chiaro: convincere Washington che non ha senso tornare all’accordo nucleare firmato nel 2015. Per il capo del Mossad, così come per i vertici dell’intelligence e della politica israeliana, qualsiasi nuova intesa – a cui gli Stati Uniti stanno lavorando a Vienna attraverso colloqui indiretti con Teheran – deve prevedere condizioni molto più rigorose di quella precedente.

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YOM HASHOAH IN ISRAELE E IN ITALIA

"La forza dei sopravvissuti un esempio da seguire"

Immobili per le strade, nelle auto, negli uffici, nelle case. Per due minuti, come ogni Yom HaShoah, tutti i cittadini d’Israele si sono fermati per un momento di raccoglimento, scandito dal solo suono della sirena. Per il secondo anno, a fare da sfondo a questo giorno di Memoria, la crisi sanitaria che ha segnato profondamente le vite dei sopravvissuti, come ha detto il Presidente d’Israele Reuven Rivlin.
Intervenendo alla cerimonia allo Yad Vashem, Rivlin ha infatti ricordato che “900 sopravvissuti alla Shoah sono morti in Israele a causa della pandemia. Erano sopravvissuti a ghetti, campi di sterminio, barconi di immigrati e campi di internamento. Ma l’ultima battaglia della loro vita l’hanno combattuta disorientati e isolati, i loro volti sotto mascherine, guanti sulle mani, desiderosi di contatto ma separati da coloro che amavano".
“Stasera – ha continuato Rivlin – i nostri cuori sono con loro e con le loro famiglie. Ricordiamo il loro coraggio, il loro spirito. Ricordiamo l’ispirazione, la forza che ci hanno dato e ci danno ancora. Che la loro memoria sia di benedizione”.
Yom HaShoah di raccoglimento e riflessione anche in tutta l'Italia ebraica. Con il suono della sirena che, al pari di quanto accade in Israele, è risuonato stamane al Portico d'Ottavia. Il cuore dell'antico quartiere ebraico di Roma. 
"Prima è stato fatto il possibile per non ricordare, oggi la Memoria viene diluita", l'allarme del rabbino capo rav Riccardo Di Segni nel corso di una cerimonia in sinagoga. Il rabbino capo si è detto preoccupato per l'uso che in certi ambienti si starebbe cercando di fare della Memoria, svuotandola di unicità e senso. 

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YOM HASHOAH - IL RAPPORTO KANTOR

"Complottismo, un problema enorme"

Il mondo ebraico deve mantenere alta la guardia a fronte dell’aumento delle teorie complottiste antisemite che hanno trovato terreno fertile nelle fragilità e insicurezze generate dalla pandemia. A dirlo Moshe Kantor, presidente del Congresso ebraico europeo, in occasione della pubblicazione del Rapporto annuale sull’Antisemitismo 2020 del Kantor Center dell’Università di Tel Aviv. “Il 2020 è stato un anno di disordine sociale, e di profonda polarizzazione globale. La pandemia ha creato le condizioni sociali in cui l’antisemitismo, il razzismo e l’estremismo prosperano – le parole di Kantor – Nell’ultimo anno, si sono diffuse teorie cospirative sugli ebrei, il popolo ebraico o lo stato di Israele, come se ci fossero loro dietro la pandemia, o comunque ne approfittassero. L’attenzione costante sul ruolo degli ebrei dietro gli eventi globali dimostra che l’antisemitismo, come centro delle teorie del complotto, non è andato via”.

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PAGINE DI STORIA

Il Novecento con gli occhi di Vasilij Grossman

Due libri molto diversi, ma altrettanto straordinari nella loro capacità di raccontare la storia tragica del Novecento. Sono Vita e destino e L'inferno di Treblinka di Vasilij Grossman, opere scelte dalla storica Anna Foa nella nuova puntata di pagine di storia. “Grossman è un grandissimo autore, pensatore e scrittore. Vita e destino è il suo libro più grande, equiparato a Guerra e pace perché, come in Tolstoj, attraverso il romanzo entri in una maniera straordinaria, molto di più che con qualsiasi libro di storia, nella Storia. In questo caso è il nazismo, è lo sterminio degli ebrei, ma è anche lo stalinismo, il gulag, Stalingrado, la guerra patriottica”, spiega Foa. Con il romanzo di Grossman (che il regime sovietico cerco di distruggere) si entra dunque attraverso la porta principale nelle ferite del Novecento. Ma lo si fa anche attraverso L'inferno di Treblinka, che è invece un puntuale reportage di quello che lo stesso autore vide con i suoi occhi entrando nel campo di sterminio nazista appena abbandonato. Due testimonianze molto diverse, ma altrettanto potenti e da prendere in mano proprio in occasione di Yom HaShoah.

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FORMAZIONE 

Diploma universitario triennale UCEI,
quattro tesi davanti alla commissione

Dal segno della letteratura yiddish al risveglio dell'identità ebraica nel Meridione, dal confronto fra tradizione e modernità all'esperienza del chassidismo. Temi stimolanti, al centro di altrettante tesi di laurea discusse nelle scorse ore nell'ambito di una sessione mista - svoltasi in parte in presenza e in parte online - del Diploma universitario UCEI. 
"Una sessione di ottimo livello" sottolinea Myriam Silvera, coordinatrice del Diploma. "Significativi i temi trattati. E significativo che, anche in questo periodo particolare, si vada avanti nel segno della qualità. Abbiamo un totale di una quarantina circa di studenti, distribuiti su tre livelli di studio. Ci sono già molte richieste anche per il prossimo anno. Un segno d'attenzione importante". 

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IL PROGETTO DELLA FONDAZIONE MUSEO DELLA SHOAH

"Testimoni del futuro, i giovani protagonisti"

“Da sempre il nostro obiettivo è quello di coinvolgere i giovani in modo concreto. Un’operazione culturale di ampio respiro che passa attraverso vari progetti e impegni. L’idea è che le iniziative che proponiamo debbano portare a risultati tangibili. Che a parlare siano i fatti”. Un concetto caro a Mario Venezia, presidente della Fondazione Museo della Shoah di Roma, che appena pochi giorni fa presentava con queste parole il nuovo logo dedicato all’attività didattica. L’esito di un concorso di idee che aveva chiamato a raccolta, insieme al ministero dell’Istruzione, il mondo della scuola. Un impegno che prosegue in queste ore con l’avvio di un nuovo progetto: “Radici future”. 
 

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LUTTO TRA GLI ITALKIM  

Eugenio Cuomo (1939-2021)

È mancato in questi giorni Eugenio Cuomo, già direttore della Biblioteca della Facoltà di Giurisprudenza a Gerusalemme, salvatosi bambino dalla persecuzione nazifascista.
Eugenio e la sua famiglia si salvarono grazie all’aiuto di Gino e Pia Candini, due agricoltori di Cinquanta, frazione di San Giorgio di Piano nel bolognese, che li nascosero nella loro casa colonica. I Cuomo rimasero a Cinquanta fino al 1945, protetti dai Candini, che condivisero con loro il cibo, mentre i bambini, Romano e Eugenio, diventarono compagni di gioco. Scegliendo di ospitare la famiglia Cuomo, i Candini si esposero a gravi rischi: nell’inverno del 1945, in prossimità della casa si accampò un battaglione della Wehrmacht in ritirata verso Nord.

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Setirot - Rav Elia 
Per la mia famiglia rav Elia Richetti z.l. è stato, è e sarà importantissimo. Così come lo è stato, lo è e lo sarà per generazioni di ebrei. Non a caso la sua improvvisa e prematura dipartita verso il Gan Eden ha scombussolato, rattristato, addolorato centinaia e centinaia di donne, uomini, giovani, anziani. Inutile e superfluo quindi elencare di nuovo qui le virtù di un rabbino decisamente fuori dal comune. Ci tengo però a dire anch’io qualcosa. Flash che a me illuminano la mente e riscaldano il cuore. 
Stefano Jesurum
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Spuntino - Ambivalenza della vite
A volte il confine tra positività e negatività è impercettibile. Un esempio è la vite (“ghefen”). Nei Salmi (80:9) Israele è paragonato alla pianta dell’uva. Sulla bevanda derivata esiste una benedizione particolare (“borè perì ha-ghefen”) e il brindisi è sempre “le-chayim!” (= alla vita!). Eppure il vino accompagna non solo occasioni liete (come le nozze, il brit milà) ma anche momenti tristi. 
Raphael Barki
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