“Shoah, la forza dei sopravvissuti
ha permesso la ricostruzione”

Immobili per le strade, nelle auto, negli uffici, nelle case. Per due minuti, come ogni Yom HaShoah, tutti i cittadini d’Israele si sono fermati per un momento di raccoglimento, scandito dal solo suono della sirena. Per il secondo anno, a fare da sfondo a questo giorno di Memoria, la crisi sanitaria che ha segnato profondamente le vite dei sopravvissuti, come ha detto il Presidente d’Israele Reuven Rivlin.
Intervenendo alla cerimonia allo Yad Vashem, Rivlin ha infatti ricordato che “900 sopravvissuti alla Shoah sono morti in Israele a causa della pandemia. Erano sopravvissuti a ghetti, campi di sterminio, barconi di immigrati e campi di internamento. Ma l’ultima battaglia della loro vita l’hanno combattuta disorientati e isolati, i loro volti sotto mascherine, guanti sulle mani, desiderosi di contatto ma separati da coloro che amavano”.
“Stasera – ha continuato Rivlin – i nostri cuori sono con loro e con le loro famiglie. Ricordiamo il loro coraggio, il loro spirito. Ricordiamo l’ispirazione, la forza che ci hanno dato e ci danno ancora. Che la loro memoria sia di benedizione”.
Rivlin, rivolgendosi ai sopravvissuti presenti a Gerusalemme e non solo, ha ricordato i tanti incontri e cerimonie a cui ha partecipato in questi anni di una presidenza che volge oramai al termine. “Non ero solo. – ha dichiarato – Con me c’erano sei milioni di nostri fratelli e sorelle. Anche voi, i sopravvissuti, eravate con me. Non ho le parole per descrivere la forza che ho tratto da voi. Voi, i sopravvissuti alla Shoah, gli eroi della nostra rinascita, che avete trovato il coraggio di risalire dalla terra impregnata di sangue e lacrime per sperare di nuovo, per scegliere la vita, per scegliere di amare, per scegliere di ridere, di godere, di credere, di costruire e creare. Per costruire una casa nazionale e una casa per voi”.
Quest’anno la commemorazione è stata dedicata all’80esimo anniversario dell’Operazione Barbarossa: l’invasione nazista nei territori sovietici nel 1941. Un’operazione, ha ricordato Rivlin, che ha dato inizio “all’assassinio di massa degli ebrei in Unione Sovietica e nei territori annessi per mano dei nazisti, per mano dei loro collaboratori locali, così come per mano di tutti coloro che hanno facilitato il loro compito. Il loro obiettivo era di non risparmiare nessuno, ‘fino all’ultimo ebreo’. Fu un omicidio brutale che mirava alla distruzione totale e sistematica del popolo ebraico. Le comunità ebraiche che avevano vissuto lì per secoli furono cancellate dalla faccia della terra”.
In ricordo di questi tragici eventi e di tutte le vittime della Shoah, nel corso della cerimonia sono state poi accese le tradizionali torce di Memoria. A compiere il simbolico gesto, sei sopravvissuti: Shmuel Naar; Zehava Gealel; Yossi Chen; Halina Friedman; Sara Fishman e Manya Bigunov.
Yom HaShoah di raccoglimento e riflessione anche in tutta l’Italia ebraica. Con il suono della sirena che, al pari di quanto accade in Israele, è risuonato stamane al Portico d’Ottavia. Il cuore dell’antico quartiere ebraico di Roma.
“Prima è stato fatto il possibile per non ricordare, oggi la Memoria viene diluita”, l’allarme del rabbino capo rav Riccardo Di Segni nel corso di una cerimonia in sinagoga.
Il rabbino capo si è detto preoccupato per l’uso che in certi ambienti si starebbe cercando di fare della Memoria, svuotandola di unicità e senso. Accostando ad esempio le vicende relative alla Shoah con altre questioni. “Qualcuno vorrebbe trasformare il Giorno della Memoria in un Giorno delle Memorie. Se ricordiamo insieme tutto, non ricordiamo più niente”, le sue parole. Rav Di Segni ha invitato a una vigilanza attiva su vari fronti: dalla questione dei “Giusti” (chi sono, in base a quali criteri), alla memoria degli indifferenti e dei carnefici, che non vanno dimenticati, all’uso strumentale operato da alcune realtà nei confronti del 25 Aprile, spesso stravolto nel suo significato autentico.