Setirot – Rav Elia

Per la mia famiglia rav Elia Richetti z.l. è stato, è e sarà importantissimo. Così come lo è stato, lo è e lo sarà per generazioni di ebrei. Non a caso la sua improvvisa e prematura dipartita verso il Gan Eden ha scombussolato, rattristato, addolorato centinaia e centinaia di donne, uomini, giovani, anziani. Inutile e superfluo quindi elencare di nuovo qui le virtù di un rabbino decisamente fuori dal comune. Ci tengo però a dire anch’io qualcosa. Flash che a me illuminano la mente e riscaldano il cuore. Il giorno che a scuola la voce tuonante come solamente un patriarca può avere squarciò la mattinata: stava “spiegando” a una classe di bambini – quella di mia figlia Rachele – che bullizzare un compagno è un gesto esecrabile. La riconoscenza che gli dobbiamo perché, come ha scritto Rachele «Sei stato il mio Morè, grazie a te ho iniziato a studiare e non ho più smesso. La tua dolcezza, la tua apertura e la tua onestà hanno forgiato il mio rapporto con l’ebraismo, non smetterò mai di ringraziarti per questo e di averti nel cuore. Tu non smettere mai di cantare, che ti sentiamo anche da lassù». E questo per un padre è un dono impagabile. Le lunghe settimane in cui il mio papà z.l. – da segretario della keillah di Venezia – cercava di convincerlo ad accettare di diventare rabbino capo in Ghetto e mi aggiornava la sera («Una dolcissima roccia quell’uomo!»). Le parole colme di affetto e di accoglienza che rivolse a mia moglie Carla in momenti difficili. I consigli e i meravigliosi sorrisi che mi ha regalato in anni e anni di frequentazione magari non assidua però di sicuro profonda e ininterrotta. E mi piace concludere con le parole di un uomo saggio e buono, l’imam della moschea Al-Wahid di Milano e presidente della Coreis Italiana, Yahya Pallavicini: «I maestri spirituali come il rabbino Richetti lasciano il loro ultimo insegnamento, quello di una eredità sovrumana che è impossibile da descrivere. Ci hanno educato a riconoscere i segni. Nel suo caso i segni sono quelli della voce che loda le sacre scritture e fa risuonare la potenza della Torah nell’udito dei discepoli, studenti e ascoltatori. I segni del sorriso e del rigore, di chi sa far prevalere sempre il bene sugli affossamenti dell’anima. I segni della penetrazione dei significati della dottrina ebraica da ritrasmettere a un pubblico eterogeneo. I segni dell’amore per la famiglia e per il mistero della Conoscenza di Dio. Una tradizione islamica ci ricorda che i sapienti sono gli eredi dei profeti e che i profeti non sono mai morti ma pregano e intercedono per le rispettive comunità di credenti e di fedeli». Sì, carissimo Elia, non smettere mai di cantare, che ti sentiamo anche da lassù.

Stefano Jesurum

(8 aprile 2021)