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11 APRILE 1961: INIZIAVA A GERUSALEMME IL PROCESSO CONTRO EICHMANN

Hannah Arendt: le teorie, gli scritti, l'umanità
Il suo pensiero una chiave per il presente

Esattamente 60 anni fa, in queste ore, si apriva a Gerusalemme il processo contro il criminale nazista Adolf Eichmann. Un evento dal quale scaturirà uno dei libri più importanti del Novecento, La banalità del male
Molte iniziative, in questi mesi, hanno riportato al centro la figura della sua autrice: la grande filosofa ebrea tedesca Hannah Arendt. Una straordinaria mostra, raccontavamo di recente su Pagine Ebraiche in alcune pagine speciali, ha valorizzato in particolare un suo talento meno noto: quella di fotografa. Una prospettiva dalla quale è possibile partire per rileggere tutta la sua vita e le sue opere. 
La filosofa acquistò la sua “spy camera” Minox a Monaco nello stesso anno in cui prese il via il processo contro Eichmann, il 1961. Il genere di macchina che allora andava per la maggiore, un vero gioiello meccanico. Un intero mondo, di relazioni e affetti, emerge dai suoi scatti. Immagini che vanno ad accompagnare una riflessione che investe i temi più pressanti del suo tempo. L'orrore del nazismo, ma anche il razzismo, la società americana, il femminismo, il sionismo. 


Temi che riecheggiano in parte in un graphic novel di recente uscita, Le tre fughe di Hannah Arendt: da Berlino nel 1933 per rifugiarsi a Parigi;  quindi la fuga dalla Gestapo in Francia (dopo essere scappata dal campo di internamento) e l'arrivo a New York. Ma anche dalla filosofia per dedicarsi alla teoria politica e la chiusura definitiva della sua relazione con il filosofo Martin Heidegger, suo controverso mentore ed ex amante, simpatizzante del nazismo.


Proprio nel segno della Arendt, con l'inaugurazione della grande mostra al Deutsche Historische Museum, ripartiva la vita culturale tedesca dopo il primo lockdown. Come ricordavamo allora, la chiara proclamazione di un’intenzione: porre la filosofa in testa alle speranze di ripresa, indicare il suo immenso lavoro come la chiave del nostro futuro. Un tema oggetto di vari approfondimenti. Il primo dei quali usciva proprio nel maggio scorso
“Arendt – ricordava nell'occasione Raphael Gross, il presidente del museo berlinese – era una filosofa che si poneva in relazione strettamente con eventi e sviluppi storici come, ad esempio, nel suo secondo libro, iniziato in Germania, su Rahel Varnhagen e il concetto di assimilazione per gli ebrei in Germania. Ci sono anche i suoi articoli di giornale sul sionismo e l’importanza di un esercito ebraico, i suoi pensieri sullo status dei rifugiati e le aporie dei diritti umani, che stanno attirando un rinnovato interesse e i suoi esami sull’antisemitismo europeo e sul razzismo coloniale: entrambi argomenti per i quali il suo approccio si basa fortemente sulla letteratura, in particolare sulle opere di Marcel Proust e Josef Conrad".
Arendt parlò della soppressione dell’insurrezione ungherese nel 1956, proprio come delle controversie sulla segregazione razziale nelle scuole americane e del movimento studentesco del 1968 nelle sue varie forme, in Europa e negli Stati Uniti. I suoi interventi hanno suscitato innumerevoli dibattiti internazionali. E continuano ad essere letti e commentati. 
"Forse la lucidità con la quale lo sguardo della Arendt penetra i meccanismi totalitari e la società di massa, l’individuo ridotto ad un semplice ingranaggio, de-responsabilizzato e privo di capacità anche solo di interrogarsi sulla propria libertà, offrirà dei mezzi inaspettati per comprendere e rivalutare la nostra realtà" ha scritto di recente su Pagine Ebraiche Goranka Rocco, professoressa di Lingua tedesca all’Università di Trieste. "Forse sarà una spinta per tornare a dialogare con il mondo e con noi stessi, per interrogarci su cosa significano veramente, all’epoca in cui la digitalizzazione, la precarizzazione e la gig economy si incrociano con un’emergenza sanitaria globale, la libertà, la solidarietà e la vera partecipazione politica". 

(Nell'immagine in alto, scattata a Gerusalemme nel 1961, Hannah Arendt con la cugina Eva Mendelsohn e il figlio Michael; un dettaglio della graphic novel sulle sue tre fughe; il pubblico in fila all'inaugurazione della grande mostra berlinese)

IL FILANTROPO SYLVAN ADAMS A PAGINE EBRAICHE

"Israele e Germania insieme per i Giochi del 2036:
idea suggestiva, ne parlerò con il governo"

C’è un’idea suggestiva che aleggia da qualche settimana: una candidatura congiunta israelo-tedesca per ospitare le Olimpiadi del 2036, nel centesimo anniversario da quelle tristemente celebri di Berlino. I Giochi della propaganda nazista, frustrati solo dal talento dell’imbattibile Jesse Owens. 
Per ora un’idea, non molto di più, covata da due dirigenti sportivi tedeschi consapevoli dell’importanza dei simboli. Ma il sasso è stato lanciato e qualcuno da Israele lo sta raccogliendo. “L’idea mi affascina” conferma a Pagine Ebraiche il filantropo Sylvan Adams, proprietario della prima squadra professionistica locale di ciclismo e artefice della storica partenza del Giro d’Italia da Gerusalemme.
“Appena avremo un governo sarà mia intenzione verificare la concretezza di questa suggestione”, sottolinea Adams. La cosa andrà vagliata con attenzione, facendo un calcolo scrupoloso di costi e benefici. Su tutti vale l’esempio della Grecia, che nel 2004 ha ospitato i Giochi “ma poco dopo è andata a un passo dalla bancarotta”. Mancherebbero, in partenza, molte infrastrutture. Un problema non di poco conto. “Ma alla creatività e all’innovazione non bisogna porre limiti” dice Adams, lasciando intravedere più di uno spiraglio aperto. Già il Giro a Gerusalemme, almeno all’inizio, sembrava utopia. E invece…

(Nell’immagine Jesse Owens in una gara dei Giochi berlinesi del ’36)

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L'INIZIATIVA IN PROGRAMMA IL 15 APRILE, SU IMPULSO DELL'UCEI 

Settimia Spizzichino, un francobollo
per onorare una vita di Memoria

Unica tra le donne catturate il 16 ottobre 1943 a fare ritorno, Settimia Spizzichino (1921-2000) nasceva un secolo fa a Roma. Una donna indimenticabile, che ha consacrato la sua vita alla trasmissione di Memoria e consapevolezza. Per onorare questo anniversario il prossimo 15 aprile, in occasione del centenario, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, su iniziativa del Ministero dello Sviluppo Economico, emetteranno in suo ricordo un francobollo commemorativo in trecentomila esemplari. Ad essere accolta una richiesta dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane finalizzata a valorizzare il lascito, l’immensa eredità di una donna straordinaria. Anche per questo l’iniziativa sarà trasmessa in diretta, a partire dalle 11, sulla pagina Facebook e sulla webtv dell’Unione. 
Diceva Settimia, tra le prime voci della Shoah italiana a rompere il silenzio su quanto accaduto: “Io della mia vita voglio ricordare tutto, anche quella terribile esperienza che si chiama Auschwitz. Per questo, credo, sono tornata: per raccontare”.
Settimia fu l’unica di 47 compagne di prigionia a sopravvivere. A loro ha dedicato il suo libro di memorie “Gli anni rubati”, scritto a quattro mani con Isa Di Nepi Olper. Ad Auschwitz finì anche nel famigerato Block 10, dove fu impiegata come cavia umana per esperimenti sul tifo e la scabbia. In un passaggio del suo libro racconta del momento in cui si era guardata allo specchio e non si era riconosciuta, deturpata dagli esperimenti subiti.
Privata della sua femminilità, della sua forza e della sua dignità, nell’inverno del 1945 affrontò la “marcia della morte” da Auschwitz fino a Bergen-Belsen. Qui i prigionieri venivano ammassati in uno stato di completo abbandono e i morti formavano dei mucchi intorno alle baracche. Un giorno, il soldato di guardia sulla torretta cominciò a sparare sui prigionieri: Settimia si nascose sotto un mucchio di cadaveri e lì rimase per diversi giorni, fino alla liberazione da parte degli inglesi il 15 aprile 1945. Il giorno esatto del suo compleanno: proprio per questo affermava di essere nata due volte.

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DAFDAF APRILE 2021

Noi e i nostri sentimenti messi a nudo

E se fossimo trasparenti? Si intitola così il nuovo appuntamento della rubrica filosofica di Sara Gomel, che parte da due libri – Giacomo di cristallo, di Gianni Rodari, e La bambina di vetro, di Beatrice Alemagna – per ragionare con i giovani lettori del numero di DafDaf di aprile in distribuzione su come sarebbe se tutti potessero guardarci dentro.
Come ci sentiremmo se dentro di noi tutto fosse visibile, soprattutto in questo periodo così difficile? Le nostre paure, la preoccupazione, ma anche i ricordi o l’antipatia per qualcuno… Se gli altri vedessero non solo le nostre case e le nostre vite, esposte in ogni incontro online come mai prima, ma anche i nostri pensieri?

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IL CORDOGLIO DEGLI EBREI INGLESI 

"Filippo, un amico e una figura eccezionale" 

Un passo indietro. Questo è stata la collocazione per oltre 70 anni di vita di Filippo d’Edimburgo. Un profilo discreto, ma tutt’altro che irrilevante ai fini della storia recente d’Inghilterra. “È stato semplicemente la mia forza” ha commentato la moglie, la regina Elisabetta. Una grandezza che gli viene riconosciuta da molti osservatori.
Anche il mondo ebraico si è unito al cordoglio. Il rabbino capo rav Ephraim Mirvis ha parlato di “servizio eccezionale reso al Paese” e ricordato con emozione i momenti di confronto intercorsi con lo stesso Filippo. A detta di molti, il membro della Casa reale più vicino a Israele. 
A Gerusalemme riposa la madre Alice di Battenberg, personalità complessa, che nacque principessa ma dopo vari traumi (fu visitata da Freud in persona) trovò una sua strada lontano dagli agi di corte come fondatrice di un ordine di suore greco-ortodosso. Sepolta presso il convento di Santa Maria Maddalena nel Getsemani, sul Monte degli Ulivi, Alice di distinse, al tempo delle persecuzioni antiebraiche, per l’aiuto offerto ad alcune famiglie braccate che trovarono rifugio nella sua casa di Atene. Lo fece senza chiedere niente in cambio e rischiando più volte la vita per mano nazista. Motivo per il quale nel 1994, venticinque anni dopo la morte, è stata nominata “Giusta tra le Nazioni”. 
La cerimonia, svoltasi nell’ottobre di quell’anno, vide la partecipazione dello stesso Filippo. Non una visita di Stato, ma l’omaggio di un figlio alla madre che agì come non tutti fecero nella sua famiglia (che col nazismo finì anzi spesso e volentieri per compromettersi). 

(Nell'immagine Filippo con la madre Alice, proclamata "Giusta tra le Nazioni" nel '94)

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COLONNA DELLA NAPOLI EBRAICA

Gioia Pontremoli (1911-2021)

Una lunga e avventurosa esistenza quella vissuta da Gioia Pontremoli, nata a Smirne e scomparsa nelle scorse ore a Napoli. “L’età di zia Gioia non è certissima, come accade spesso nel nostro comune ambiente d’origine, ebraico e levantino. Un incendio all’anagrafe di Smirne fa il tandem con analogo evento a Yannina, città epiriota d’origine dei Levi per cui sia l’età di mio padre Jo che quella di zia Gioia possono essere solo indiziarie” raccontava di recente, su queste pagine, il nipote Vittorio Levi. 

(Gioia Pontremoli con il marito in una foto degli Anni Novanta)

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L'ASSOCIAZIONE CHE SOSTIENE L'ECCELLENZA PEDIATRICA D'ISRAELE

Amici di Alyn, Segre alla presidenza

“Cercherò insieme al Consiglio di fare il massimo per sostenere la nostra associazione e aiutare l’ospedale come merita”.
Sono le parole con cui si presenta Piergiorgio Segre, neo presidente dell’associazione Amici di Alyn che dall’Italia supporta, con attività e donazioni, l’ospedale pediatrico israeliano. Una realtà d’eccellenza e un punto di riferimento per tutto il Medio Oriente.
Imprenditore milanese attivo da tempo nell’associazione, Segre è stato indicato in occasione dell’ultima assemblea dei soci. L’incontro si è aperto con i saluti di Maurit Beeri, direttore generale di Alyn, che ha illustrato i progressi della struttura e in particolare della divisione ALYNnovation, dove la partecipazione attiva delle aziende si traduce in soluzioni innovative per i piccoli pazienti. Da Gerusalemme sono arrivati anche i ringraziamenti di Brenda Hirsch, importante dirigente dell’ospedale, che ha elogiato l’impegno dell’associazione nella raccolta fondi. 

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Fondamentalismo
“L’orgoglio, la presunzione, insieme all’ignoranza, sono la vera ragione dell’entusiasmo, corruzione della vera religione”.
Così Hume nel decimo dei suoi Saggi morali, laddove “entusiasmo”, nel gergo del ‘700, sta per “fanatismo”. Forse una lontana origine di quella condizione, che oggi chiameremo fondamentalismo, è nella scena che abbiamo letto ieri, a proposito di Nadav e Avihù?
                                                                          David Bidussa
La sedia vuota
Che l’Unione europea sia un organismo in difficoltà è oramai cosa evidente da molti anni. Non si tratta di fare gli uccelli del malaugurio o, peggio ancora, le Cassandre compiaciute del catastrofismo. Poiché la crisi che ha investito, da almeno una decina d’anni, questa non solo incompleta ma anche informe organizzazione, sospesa a metà tra il continuare ad essere una permanente conferenza intergovernativa rafforzata, con qualche prerogativa in più di quelle tradizionali, e il manifestarsi come un progetto del tutto incompiuto sul piano di ipotetiche funzioni federali, è destinata a colpirci ancora per i suoi effetti di lungo periodo. 
Claudio Vercelli
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