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PAGINE EBRAICHE GIUGNO 2021

La rivolta delle ragazze

Le chiamavano “le ragazze dei ghetti”. Erano giovani, spesso appena adolescenti, ma capaci nell’abisso della Storia di un coraggio straordinario. Renia Kukielka, per esempio. È una ragazzina quando nel 1939 a Chmielnik, in Polonia, i tedeschi massacrano gli ebrei. Scappa attraverso i campi e si unisce alla Resistenza. Ha perso la famiglia, la casa, gli amici, ma rifiuta di rassegnarsi. Spia i nazisti, contrabbanda armi nei ghetti, attraversa i confini. Neanche sotto tortura si perde d’animo, riesce a fuggire e raggiunge la Palestina mandataria. Niuta Teitelbaum è invece una studentessa di storia. Travestita da paesana, il fazzoletto annodato sulle trecce bionde, nel 1943 si introduce in un appartamento della Gestapo in pieno centro di Varsavia. Sorride ai tre nazisti, arrossisce e spara. Muoiono in due, il terzo è ferito. Travestita da medico, gli sparerà in ospedale insieme al poliziotto di guardia. Con il soprannome di “Piccola Wanda con le trecce” finisce sulla lista dei ricercati. Come Renia e Niuta, centinaia di donne ebree in Europa imboccano la via della Resistenza e si trasformano in corrieri e spie, contrabbandano armi e cibo, aiutano i compagni a fuggire e non esitano neanche davanti al nemico.
Il respiro straordinario delle loro storie torna a noi nel nuovo libro di Judy Batalion che molto ha già fatto parlare di sé negli Stati Uniti. Intitolato “The Light of Days: the Untold Story of Women Resistance Fighters in Hitler’s Ghettos” (William Morrow, 576 pp.), il volume riporta alla luce le vicende dimenticate di un gruppo di donne fra i 16 e i 25 anni che, fra Vilna e Cracovia, si uniscono alla Resistenza ebraica e combattono senza esclusione di colpi.


Frutto di una lunga ricerca su diari, memoir, interviste e archivi in yiddish, polacco ed ebraico, The Light of Days non è il classico saggio storico. Le protagoniste hanno un’immediatezza che conquista e il ritmo è quello di un romanzo d’azione. Non per caso, dopo aver occupato per settimane le pagine dei principali media americani, ha scalato la lista dei bestseller del New York Times e Steven Spielberg si prepara a trarne un film.
La genesi del libro si deve al caso. Nel 2017, mentre a Londra fa i conti con la sua identità ebraica, Batalion decide di scrivere di donne ebree che sono state un esempio di forza. La prima a venirle in mente è Hannah Senesh, che nel 1939 dalla Palestina torna in Ungheria per combattere con gli Alleati. È catturata, uccisa e fino all’ultimo si dice abbia guardato i suoi carnefici negli occhi.
La sua vicenda ha per l’autrice un significato particolare. Nata a Montreal in una famiglia di sopravvissuti, fin da piccola ascolta le loro storie di morte e sofferenza. “I miei geni – scrive – erano marcati, perfino alterati, come oggi suggeriscono i neuroscienziati, dal trauma. Sono cresciuta in un’atmosfera di vittimizzazione e paura”. I suoi si sono salvati scappando dalla Polonia e dunque in famiglia fuga significa vita. “Ero cresciuta diventando una che scappa da relazioni, carriere e paesi. Ma Hannah era tornata per combattere. Volevo afferrare la ragione del suo coraggio”.

Alla British Library, su Hannah Senesh trova pochi libri ma uno cattura la sua attenzione. La copertina, di un consunto tessuto blu, recita in lettere dorate “Freuen in di Ghettos", “Le donne del ghetto”. Sono 180 pagine in caratteri minuscoli, tutte in yiddish, una lingua che conosce. “Con mia sorpresa, solo poche pagine menzionavano Hannah Senesh; il resto riferiva le storie di decine di altre giovani donne ebree che avevano sfidato i nazisti, molte avevano l’occasione di lasciare la Polonia occupata nazista ma non l’hanno fatto; alcune hanno addirittura fatto ritorno di propria volontà”. Quelle pagine, dove spicca la testimonianza di Renia, sono una rivelazione. “Dove mi aspettavo buio e dolore, ho trovato pistole, granate e spionaggio. Era un thriller yiddish, che raccontava le storie delle ragazze del ghetto ebree polacche che pagavano le guardie della Gestapo, nascondevano revolver negli orsetti di pezza, flirtavano con i nazisti e poi li uccidevano. Distribuivano bollettini clandestini, lanciavano Molotov, bombardavano le linee del treno, organizzavano mense e raccontavano cosa stava succedendo agli ebrei”.
Dopo la guerra, dice, le loro storie sono state presto messe da parte. Quando hanno raccontato, molte non sono state credute, altre sono state accusate di aver abbandonato la famiglia o di aver dormito con il nemico. Tante hanno infine taciuto per non riaprire vecchie ferite.
Il loro protagonismo, sostiene Batalion, incrina però il mito della passività ebraica davanti allo sterminio e illumina di un’altra luce la portata della rivolta – le insurrezioni nei ghetti e nei campi di sterminio, i 30 mila ebrei unitisi ai partigiani, le reti clandestine che solo a Varsavia hanno aiutato quasi 12 mila ebrei a nascondersi. Sono gocce nel mare immane della tragedia, ma il loro valore simbolico è altissimo.
“Ricercando queste donne – scrive – ho imparato che la narrativa della mia famiglia non è l’unica opzione per confrontarsi con i grandi e piccoli pericoli del mondo. [...] Renia e le sue compagne sono state coraggiose e potenti e hanno aperto la strada alle generazioni successive – non solo le Ruth Bader Ginsburg ma donne come me e come le mie figlie. I miei bambini devono sapere che il loro retaggio non include solo la fuga ma anche l’atto di restare e perfino correre verso il pericolo”.

(Nelle immagini: pionieri in addestramento a Białystok nel 1938;  la carta di identità falsa di Vladka Meed che contrabbandò dinamite nel ghetto di Varsavia)

Daniela Gross

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ISRAELE - DOMENICA IL VOTO DI FIDUCIA ALLA KNESSET

Stato e religione, il piano del nuovo governo

Il rapporto tra religione e Stato è uno dei temi al centro dell’accordo di coalizione che dovrebbe dare vita al governo di Naftali Bennett e Yair Lapid. Non ci saranno cambiamenti radicali, come suggeriscono le parole del futuro ministro per gli Affari religiosi Matan Kahana, ma qualche modifica sì. In particolare sul sistema di nomina dei rabbini locali, sulla casherut, sulle conversioni.
“Sulle questioni per cui non c’è pieno accordo tra i membri della nascente coalizione manterremo lo status quo e aspetteremo ancora qualche anno, fino a quando potremo trovare una soluzione” ha avvertito Kahana, membro del partito nazionalreligioso Yamina. “Le cose che non sono state risolte in 73 anni probabilmente non saranno risolte nel prossimo governo”. Tra queste, per esempio, l’introduzione del matrimonio civile in Israele. Un obiettivo di partiti dei partiti di sinistra – Laburisti e Meretz – e della destra laica di Yisrael Beitenu. Nonostante questa riforma trovi largo sostegno nell’opinione pubblica israeliana (secondo i sondaggi, tra il 70 e l’80 per cento degli israeliani è favorevole all’introduzione del matrimonio civile), una coalizione fragile come quella di Bennett e Lapid non sembra intenzionata a mettere mano a una questione così significativa.
L’accordo prevede però alcuni elementi significativi di novità. In particolare, segnala il sito Calcalist, nel settore della casherut e delle conversioni. I rabbini nominati per ciascuna municipalità, spiega il sito economico, potranno rilasciare certificazioni casher per tutto il paese, creando una competizione sull’intero territorio nazionale attualmente assente. Inoltre a ciascuno di loro sarà affidata anche la possibilità di portare avanti conversioni.
 

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LE DICHIARAZIONI IN CONTROTENDENZA DELL'EX CAPO DI STATO MAGGIORE

"Accordo sul nucleare, Israele ci ha guadagnato"

L’accordo stipulato dagli Stati Uniti di Obama con l’Iran ha permesso a Israele di “spostare enormi quantità di risorse verso altre priorità: le minacce via terra, lo sviluppo di alleanze molto importanti, quattro anni di lotta contro l’Isis, l’avvio di un’operazione contro il radicamento dell’Iran” nell’area.
In controtendenza rispetto a molti suoi colleghi e al suo successore Aviv Kochavi, l’ex capo di Stato maggiore Gadi Eizenkot quando guarda all’accordo sul nucleare iraniano siglato nel 2015 vede diversi elementi positivi. Ha permesso di liberare risorse per affrontare altre minacce, ha sottolineato nel corso di una conferenza in onore dell’ex capo del Mossad, Meir Dagan.
Più in generale, ha aggiunto, “non vedo alcuna minaccia esistenziale per lo Stato d’Israele”.
Questo non significa però abbassare la guardia. “Dobbiamo continuare a garantire che l’Iran non abbia capacità atomiche” ha dichiarato l’ex capo dell’esercito, evidenziando come il contrasto al regime di Teheran sia da tempo sul tavolo dell’establishment della sicurezza israeliana.

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PACIFICO DI CONSIGLIO NASCEVA ESATTAMENTE 100 ANNI FA

"Moretto", il pugile eroe degli ebrei romani

“Avanza il piede sinistro, piantalo saldo in terra, come un soldato, fletti il ginocchio, ruota il tronco, raccogli la spinta, carica la spalla, piega il braccio a novanta gradi. Il gancio è carico, rilascia le velocità e somma le forze: piede, ginocchio, busto, spalla. Questo coordinato di potenza si abbatterà come una montagna su Amalek, qualunque veste indossi”.
Un paio di anni fa, in una emozionante trasposizione teatrale per la Fondazione Museo della Shoah, Antonello Capurso raccontava con queste parole uno dei personaggi più amati e popolari tra gli ebrei romani: Pacifico Di Consiglio, e cioè il “Moretto”. Il pugile dilettante che, nei mesi dell’occupazione nazista, tenne in scacco a più riprese SS e sgherri in camicia nera. Un simbolo di resistenza, al centro in questi anni di molte iniziative.
Di Consiglio nasceva il 10 giugno del 1921, esattamente un secolo fa.

(Nell'immagine Pacifico Di Consiglio, a sinistra, durante un incontro di boxe)

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IN UN LIBRO LA STORIA DELL'INVENTORE DELLE PARALIMPIADI 

Ludwig Guttmann, un cuore da campione

Un progetto d’amore: dare una ragione di vita, una speranza, a chi rischiava di perderla. Un cuore da campione. È il titolo dell’ultimo libro di Roberto Riccardi, colonnello dell’Arma dei carabinieri e giornalista, incentrato sulla figura di Ludwig Guttmann. Il padre, poco conosciuto, di una delle più importanti manifestazioni sportive al mondo: le Paralimpiadi, l’equivalente dei Giochi olimpici per atleti con disabilità fisiche che fecero il loro esordio a Roma nel 1960. 
Nel novembre del ’38, la Notte dei cristalli rappresenta una svolta drammatica per Guttmann. È alla soglia dei 40 anni. È un medico tra i più stimati in circolazione. Ma non c’è fama, non c’è credibilità, che possa tenere di fronte alla furia nazista. La fuga è inevitabile, concludono Ludwig e sua moglie Elsa. Con loro anche i due bambini, il primogenito Dennis di otto anni ed Eva che invece ne ha quattro. “I cuori dei Guttmann sono pieni di angoscia, per quel destino da esuli che non hanno scelto. Ma alla fine del viaggio li attende un Paese libero e ospitale, li attende una nuova vita. A Londra – scrive Riccardi in Un cuore da campione, pubblicato da Giuntina – c’è il futuro, bisogna solo corrergli incontro”. Quel futuro che, per il medico, diventa dal ’44 la direzione di un ospedale: lo Stoke Mandeville, nel Berkshire. Vi transitano, menomati nel fisico e nell’animo, i soldati della Raf che stanno difendendo il Paese e l’Europa dal nazifascismo. La meglio gioventù del tempo. È lì, in quel difficile contesto, che avviene la sua rivoluzione prospettica: “Guarda i suoi pazienti negli occhi e vi legge ciò che nessuno ha visto prima. Non ci sta a imbottirli di anestetici e tornare a casa la sera con la coscienza tranquilla, come se il suo compito fosse stato assolto. Si intrattiene con loro, ha la pazienza di ascoltarli, si sforza di comprenderli intimamente”. Guttmann prende una decisione coraggiosa: dimezza i sedativi. Non vuole più vedere dei ventenni “sdraiati come tanti cadaveri, li mette seduti sui letti e questo produce sofferenza: ma Guttmann non si lascia intimorire e li costringe a giocare lanciando una palla”. 

(Nell’immagine Ludwig Guttmann inaugura i giochi di Stoke Mandeville)
 

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LE INIZIATIVE DEL MUSEO EBRAICO DI BOLOGNA

Dante e le vie degli ebrei

Un dipinto e uno spettacolo. Due strade diverse e complementari per onorare il ricordo di Dante nel 700esimo anniversario dalla scomparsa, soffermandosi in particolare sul suo rapporto con l’ebraismo, gli stimoli che raccolse, la sua percezione nel corso dei secoli.
È l’iniziativa del Museo ebraico di Bologna, che martedì prossimo accoglierà nella sua sede un’opera dell’artista Tobia Ravà: Dante perso nella Selva Alchemica (sublimazione su raso acrilico, 2021). Al centro l’incontro tra il poeta fiorentino e il pensiero di Abulafia, filosofo e mistico della Spagna sefardita e tra i maggiori studiosi della Qabbalah dell’epoca medievale. Ravà, nel suo stile caratteristico, ne fa una lettura simbolica e vi applica quel percorso della lingua ebraica che è la ghematrià, ovvero la corrispondenza tra lettera e numero delle parole.
Tre invece gli appuntamenti con lo spettacolo “Dante e le vie degli ebrei”, ideato da Il Ruggiero, di e con Emanuela Marcante e Daniele Tonini. L’esordio giovedì 17 giugno a Cesena, nel Cortile della Biblioteca Malatestiana, in collaborazione con il Comune, la Società Dante Alighieri, l’Istituto Storico della Resistenza e dell’età Contemporanea, Amici dell Musica “A.Bonci”.

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Il nuovo governo israeliano
Che il nuovo governo israeliano, formato da una coalizione di otto partiti, nasca fragile è una constatazione fin troppo facile. Una fragilità che non deriva soltanto dal numero dei partiti coalizzati ma anche e soprattutto dalla eterogeneità delle loro linee politiche e ancor più dall’assenza di un leader forte e riconosciuto, capace di unificare spinte e indirizzi politici diversi. E tuttavia, se sarà difficile per questo governo portare avanti un programma solido e condiviso, un compito ce l’ha sicuramente ed è un compito di primaria importanza: riuscire a ristabilire nel Paese una convivenza che fino all’ultimo conflitto con Hamas aveva resistito alle prove più dure.
 
Valentino Baldacci
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Spuntino – Gàlbano vuol dire fiducia
l brano di questa settimana si apre con un verbo, “va-yikach” ( = e prese), coniugato al singolare malgrado il soggetto sia costituito da quattro individui (Korach, Datan, Aviram, On) coalizzati contro Mosè sotto la guida di Korach, appunto. La Mishnà ci aiuta a capire perché non viene usato il plurale. In Avòt (5:17) si distingue tra due tipi di contenzioso: (1) “in nome del Cielo,” come quello “tra Hillel e Shammai,” che è sostenibile; (2) “non in nome del Cielo,” come quello di “Korach e tutta la sua congregazione,” che non è sostenibile.
Raphael Barki
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Machshevet Israel – Rubenstein
Un mese fa circa è scomparso nel New England, a 97 anni, uno dei più noti e influenti teologi ebrei del Novecento, Richard L. Rubenstein. Era noto come il ‘decano dei teologi della Shoah’; infatti non vi è testo sulla teologia ebraica o sulle interpretazioni religiose della Shoah che non riporti il suo nome e le sue posizioni, e, nel secondo caso, che di fatto non inizi con lui.
Massimo Giuliani
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