VERSO ITALIA-INGHILTERRA

Wembley, la Sukkah e la strada giusta contro l'odio

Fu Pelè in persona a dare a Wembley il titolo di “cattedrale del calcio”. Si riferiva allo stadio costruito negli Anni Venti del secolo scorso, con le due inconfondibili torri in stile neoclassico come sfondo, abbattuto all’inizio del Millennio per far posto al più moderno impianto oggi fruibile. Quello in cui Italia e Inghilterra si sfideranno stasera con in palio il titolo europeo.
Cambia l’involucro, ma non la sostanza: il nome Wembley evoca sempre suggestioni profonde. Uno dei simboli di un’Inghilterra che non sembra aver dubbi sulla vittoria finale. Anche in virtù della sua storia, del suo orgoglio di essere progenitrice del calcio moderno. “Football is coming home”, cantano i tifosi inglesi. Il tema è complesso. Tra serio e faceto, abbiamo cercato di ricordarlo anche su queste pagine.
Su una cosa però la federazione calcistica locale è senz’altro maestra: ed è la capacità di affrontare, con serietà e determinazione, i tanti mali che affliggono il mondo delle curve. A partire dai rigurgiti di odio, e spesso di antisemitismo, che imperversano anche tra gli hooligans. L’idea è che le parole e gli slogan da soli non bastino. Ma che a parlare debbano essere i fatti.
Un’immagine, suggestiva, torna a circolare in rete. Ed è quella di una Sukkah costruita a ridosso del prato di Wembley in occasione della Festa ebraica delle capanne di due anni fa. Fu proprio la Football Association a perorare l’iniziativa, ricordando che non è vero sport se non dà forza e voce a tutti. Se non vede nel contributo delle cosiddette “minoranze” un valore aggiunto.
Da “cattedrale” a Sukkah: un’iniziativa unica nel suo genere, a suo modo pionieristica. 
Roberto Mancini conosce bene la mentalità anglosassone. Lui in Inghilterra ha giocato (Leicester) e allenato (Manchester City). E per il ritiro degli Azzurri ha scelto la sede di un club che della propria “diversità” ha fatto una bandiera: il Tottenham Hotspur, per antonomasia, la squadra ebraica d’Oltremanica. Chissà che non possa essere di buon auspicio per stasera.

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I VERTICI DELL'EUROPA UNITA AL CAMPO DI FOSSOLI  

"Da questo orrore è nata l'Europa"

Un’Europa inconsapevole della propria storia e dei propri errori è un’Europa destinata a precipitare in un nuovo baratro. Al contrario un’Europa in grado di far tesoro della drammatica lezione del passato sarà protagonista di un vero cambiamento. A difesa e tutela, nel segno di una Memoria viva messa al servizio della collettività, dei diritti e della libertà di tutti. È il messaggio della storica visita avvenuta quest’oggi a Fossoli, nel 77esimo anniversario dell’eccidio nazista di 67 internati politici, da parte della presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen e del presidente del Parlamento europeo David Sassoli.
“So che devo la mia stessa libertà, a persone come i vostri genitori e i vostri nonni. Quindi oggi voglio onorare la memoria di tutti coloro che hanno combattuto per la nostra liberazione. È anche grazie al loro sacrificio che è nata un’Europa finalmente pacifica e democratica” ha detto von der Leyen nel corso della cerimonia istituzionale, successiva alla deposizione di una corona e alle preghiere in ricordo delle vittime da parte del vescovo di Carpi Erio Castellucci e del rabbino capo di Modena e Reggio Emilia rav Beniamino Goldstein (immagine in basso). “La nostra Unione – ha poi aggiunto la presidente della Commissione, citando anche Primo Levi – è lungi dall’essere perfetta. E ogni giorno dobbiamo chiederci se siamo fedeli ai suoi valori fondanti. E dobbiamo agire, qualora non fosse così”.
Al centro della sua riflessione, come in quella del presidente Sassoli, il contrasto a nuovi pulsioni nazionaliste e discriminatorie (evidente il riferimento allo scontro sul tema omofobia con il premier ungherese Orban) e il contrasto a un antisemitismo tornato ad alzare la testa. Essenziale in questo senso, ha osservato Sassoli, l’azione del ricordo. Una luce che aiuta a capire. “L’orrore che ci travolse – ha sottolineato – nasceva dentro grandi culture democratiche, liberali, progressiste anche, in un tempo di grandi invenzioni tecnologiche, di scoperte, di artisti, letterati e filosofi cosmopoliti e pieni di ingegno, ma tutti, tutti, incapaci di fiutare per tempo il pericolo del fascismo e del nazismo”. Una miopia che fu fatale. Le istituzioni europee, ha ribadito Sassoli, “sentono il dovere, tutte insieme, di non dimenticare”.

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IL DOSSIER MUSEI SU PAGINE EBRAICHE

"In presenza o sul digitale, la sfida è fare rete"

È presto per valutare l’impatto della pandemia sulle istituzioni museali e più in generale sulla produzione culturale: i luoghi di cultura chiusi per mesi hanno attuato le strategie più diverse, provando a immaginare modi nuovi per raggiungere comunque il proprio pubblico. Pur se pesantemente condizionati e limitati, i musei ebraici non si sono fermati. Dalla presentazione di un nuovo museo che a Lisbona racconterà la storia degli ebrei portoghesi, progettato da Daniel Libeskind, all’apertura di Anoha, la struttura dedicata ai bambini del museo ebraico di Berlino, con una nuova mostra sull’arca di Noè, tutto mostra come siano stati mesi di progetti e nuovi stimoli. A inizio giugno durante l’ultima plenaria della International Holocaust Remembrance Museum (IHRA), il gruppo di lavoro dedicato a musei e memoriali ha dedicato tempo e riflessioni comuni proprio a quanto accaduto. Simonetta Della Seta, che con la sua direzione ha portato al successo il Meis e che della delegazione IHRA è parte da molti anni, alla luce dei ragionamenti condivisi con colleghi da tutto il mondo spiega come il periodo della pandemia abbia portato a cambiamenti importanti: “Il più rilevante è certamente il processo di digitalizzazione, che ha spinto i musei ad affrontare un upgrade tecnico importante, con risultati interessanti. Alcuni hanno potuto raggiungere molte più persone, o sono riusciti ad arrivare più lontano. L’aspetto più problematico è che non tutti i musei hanno le capacità economiche per affrontare uno sviluppo digitale adeguato; l’impegno è teso ora a esportare le buone pratiche, soprattutto dai musei grandi ai più piccoli”. Non basta avere uno o più tecnici esperti di digitalizzazione: è tutto il gruppo di lavoro che deve condividere il processo, e resta fondamentale trovare i finanziamenti necessari. “Conviene sempre dare la priorità, nella richiesta di fondi, a tutto quello che è ‘educational’ sia verso l’esterno che all’interno delle organizzazioni. E rivolgersi ai giovani. La spinta alla didattica è sicuramente un risultato, e il ponte verso un nuovo periodo nella vita dei musei. Una scelta condivisa anche da grandi istituzioni, come Uffizi e Louvre”. Non solo aspetti positivi, però: c’è grande preoccupazione per il rischio che il mondo virtuale si scosti da quello reale, qualcosa che può succedere con grande facilità.

(Nell'immagine di Giovanni Montenero: Simonetta Della Seta a Trieste, in occasione di una visita al laboratorio giornalistico UCEI Redazione Aperta)

Ada Treves

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DAFDAF ESTATE 2021

Tra Bicerin, lenticchie e Toledoth

Per il numero estivo di DafDaf Claudia De Benedetti, ideatrice della rubrica “in cucina”, ha preparato due ricette: il Bicerin, una specialità torinese evoluzione di una ricetta di gran moda nel 1700, e una gustosa minestra di lenticchie, utile anche a fare un piccolo ripasso della Parashà di Toledoth. Potrebbe sembrare fuori stagione, forse, ma si tratta di un piatto facile, gustoso e veloce da cucinare che è perfetto anche d’estate, gustato tiepido, accompagnato magari da una bruschetta.
Buona lettura, e buon appetito.

a.t twitter @ada3ves

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MICHAEL WOODS PROTAGONISTA 

Tour de France, la maglia di miglior scalatore
sulle spalle del capitano del team d'Israele

Dopo quella gialla, la più amata dai francesi: la mitica maglia a pois, quella che contraddistingue il miglior scalatore del Tour de France.
A due terzi di corsa l’onore di indossarla è toccata al canadese Michael Woods, capitano della Israel Start-Up Nation, balzato per la prima volta in testa alla classifica dedicata.
Forte dei suoi 54 punti, l’esperto ciclista precede al momento il colombiano Nairo Quintana con 50 e l’olandese Wout Poels con 49. Per portare il simbolo della leadership fino a Parigi servirà ora un’impresa: mancano ancora molte vette da scalare e i pretendenti, anche a questa maglia, sono tanti.
Per la squadra israeliana un traguardo parziale ricco comunque di significato. Un altro motivo di gioia in un 2021 già ricco di soddisfazioni. A partire dalla maglia rosa vestita per alcuni giorni da Alessandro De Marchi nell’ultimo Giro d’Italia.

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LA SCOMPARSA DELLA TESTIMONE DELLA SHOAH

Esther Bejarano (1924-2021) 

Nelle scorse ore, presso l’ospedale israelitico di Amburgo, è venuta a mancare Esther Bejarano, musicista ebrea tedesca 96enne sopravvissuta ad Auschwitz e Ravensbrück.
Nata Esther Loewy il 15 dicembre 1924 a Saarbrucken, fu arrestata a 15 anni mentre fuggiva verso la Palestina mandataria britannica; trasferita presso il campo di lavori forzati di Neuendorf e nell’aprile 1943 deportata ad Auschwitz-Birkenau, entrò come fisarmonicista nell’orchestra femminile diretta da Alma Rosè; successivamente trasferita a Ravensbrück, riuscì a fuggire nel marzo 1945.
Dopo la guerra risiedette ad Amburgo e continuò a fare musica, nel 1980 fondò con i figli Edna e Joram l’ensemble Coincidence, ancora 90enne si imbarcava in lunghe tournée tra Israele, Turchia, Italia e Grecia, scrisse libri e tenne conferenze; a Berlino ricordano alcuni suoi passionali interventi pubblici contro la rinascita di movimenti politici di ispirazione neonazista.
Nel 2013 incontrai Esther nella sua casa di Amburgo, era una donna minuta e sorridente; dopo esserci scambiati gli auguri in ebraico (erano i giorni di chol hamoed di Sukkoth), Esther mi raccontò i suoi giorni nel Block dell’orchestra femminile di Birkenau.

Francesco Lotoro

(Nell'immagine Francesco Lotoro insieme a Esther Bejarano)

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LA SCOMPARSA DI UN PROTAGONISTA DEL MONDO DELL'IMPRENDITORIA

Emilio Ottolenghi (1932-2021)

Grande protagonista del mondo dell’imprenditoria e della finanza, Emilio Ottolenghi ha legato il suo nome a realtà come Intesa San Paolo e Credito Romagnolo e soprattutto alla Petrolifera Italo Rumena. L’azienda di famiglia fondata nel 1920 e dal ’26 interamente sotto il controllo della famiglia Ottolenghi. Un’istituzione gloriosa, ora guidata dal figlio Guido, premiato nel centenario dalla sua istituzione con il titolo di Cavaliere del lavoro da parte del Capo dello Stato Sergio Mattarella.
Il riconoscimento a una fortunata storia d’impresa in grado di emergere e sopravvivere a dure prove. A partire dalla persecuzione antiebraica, che dal ’38 in poi travolse un giovanissimo Emilio. Indifferenza e marginalità nel suo destino di quegli anni difficili. Ma anche la solidarietà offerta da alcuni coraggiosi abitanti di Cotignola, Comune del Ravennate, che nel momento più buio si spesero in soccorso a lui e ai suoi cari. Un gesto di solidarietà mai dimenticato e poi solennizzato con l’attribuzione del titolo di “Giusti tra le Nazioni”.
“Uomo coraggioso e instancabile testimone di uno dei periodi più bui della nostra storia, che ha saputo raccontare attraverso uno straordinario impegno civile e di memoria”, lo ricorda Confindustria in una nota.
Impegno che ha trovato anche la strada di una pubblicazione, “Il merito dei padri. Storia de La Petrolifera Italo Rumena 1920-2020”, scritto insieme a Guido e a Tito Menzani. Con l’occasione del centenario, nell’ambito di una serie di eventi celebrativi, padre e figlio hanno anche svelato una targa.
“Qui – si legge all’ingresso della Petrolifera – vi è stata felicità e crescita, persecuzione e battaglie, sconforto e riscatto, isolamento e ingegnoso sviluppo delle infrastrutture, opportunità colte o negate. Qui abitano l’ansia degli onesti e la solidarietà tra persone di buona volontà, il rispetto del lavoro, della comunità e dei clienti. Da cento anni persone serie collaborano con buoni frutti in questo luogo e così possa essere per molti anni ancora”.
Sia il suo ricordo di benedizione.

(Nell’immagine la testimonianza di Emilio Ottolenghi per il documentario “La punta della Baiona”, per i 100 anni della Petrolifera Italo Rumena) 

 

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LA PROTESTA DEGLI EBREI NAPOLETANI

"Strada intitolata ad Arafat, il Comune
ha scelto di ricordare un terrorista"

Sconcerto, tra gli ebrei napoletani, per la decisione dell’amministrazione comunale di intitolare una traversa di via Garibaldi ad Yasser Arafat. La decisione è stata presa dalla commissione toponomastica su proposta dell’assessore Alessandra Clemente. 
In una nota diramata dalla Comunità ebraica si parla di “sorpresa” nell’apprendere di un tale passo, ufficializzato nelle scorse ore.
“La sorpresa – viene evidenziato – non risiede tanto nella decisione in sé, visto che già in passato il protagonismo della giunta comunale guidata dal sindaco Luigi De Magistris su questioni di competenza di ben altre istituzioni pubbliche si è manifestato con una visione dichiaratamente squilibrata della questione israelo-palestinese”. L’assessore Clemente, sottolinea la Comunità ebraica, “avrebbe potuto fare una proposta di buonsenso e di conciliazione, intitolando una strada senza nome" ai tre premi Nobel del 1994: e quindi non solo Arafat, ma anche gli israeliani Rabin e Peres. Con questa iniziativa il Comune ha invece mostrato "dove cade la sua scelta tra il ricordo dei Nobel per la Pace ed il terrorista”.

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L'INIZIATIVA IN PROGRAMMA AD AGOSTO

Effetto Venezia, Livorno festeggia
nel segno della cultura ebraica

È stata presentata a Livorno, nello splendido scenario del “Cisternino di Città”, la 36esima edizione della rassegna Effetto Venezia quest’anno intitolata “A braccia aperte”. Tra gli ospiti della kermesse che avrà luogo dal 4 all’8 agosto Red Canzian, Irene Grandi, Drusilla Foer, Melancholia, Valerio Aprea, Margherita Vicario.
Un occhio di riguardo per “Palazzo Bagitto” dove si terranno le attività del Progetto “Livorno Pisa No Ghetto”, come ha sottolineato la direttrice artistica della manifestazione Francesca Ricci. Va ricordato che Livorno è stata una città priva di ghetto non solo per gli ebrei e l’accostamento a Venezia assume un duplice significato.

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BOLOGNA - LA PROIEZIONE IN PIAZZA MAGGIORE

Lettere dall'archivio, il racconto del '38

Nato da un progetto di ricerca promosso dall’Ordine degli Architetti ed Ingegneri di Bologna e dalla Comunità ebraica cittadina e condiviso col Tavolo Istituzionale per la Memoria del Comune, “Lettere dall’Archivio. Storie di architetti ed ingegneri ebrei vittime delle leggi razziali a Bologna”, racconta le storie di alcuni professionisti espulsi o discriminati dai rispettivi ordini professionali a seguito dell’entrata in vigore dei provvedimenti antiebraici fascisti. Storie esemplari e toccanti quelle su cui si sofferma il regista Davide Rizzo in questo film documentario. Tra le altre quelle di Enrico De Angeli, Giulio Supino e Guido Muggia, le cui vicende personali e professionali sono raccontate attraverso le testimonianze di studiosi, colleghi e parenti che ne ricostruiscono il filo della memoria.
“Lettere dall’Archivio sarà protagonista di una speciale proiezione, domani sera alle 21.15, in Piazza Maggiore, nell’ambito della rassegna “Sotto le stelle del cinema”. 

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LO SPETTACOLO PROMOSSO DAL MUSEO EBRAICO DI BOLOGNA

Dante e gli ebrei, un viaggio itinerante

Esordio a Bertinoro per lo spettacolo “Dante e le vie degli ebrei”, curato dalla struttura performativa e di ricerca Il Ruggiero e promosso con la collaborazione del Museo ebraico di Bologna. Un viaggio “tra storia e poesia, inferni e promesse di paradiso”, dedicato alla storia di Dante nel mondo ebraico. 
Lo spettacolo ha seguito il poeta tra Bologna, città di amici strettissimi e di frequentazioni universitarie, e la Romagna, terra piena di presenze e storie degli ebrei, da Forlì (la città di Guido Bonatti, astronomo e astrologo posto nell’Inferno) a Cesena dove nacque Ovadya Sforno, a Bertinoro che diede i natali a rabbi Ovadià da Bertinoro. Fino all’ultimo approdo Ravenna, dove morì nel 1321. 

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Da Genova a Venezia
Venti anni dopo a Venezia il G20 rimette sul tavolo le parole che furono spente a Genova.
Si può essere ottimisti e dire: diamo al futuro una possibilità. Oppure si può essere perplessi, se non pessimisti e dire, chissà se siamo ancora in tempo.La risposta, direbbero i miei amici, ascoltala nel vento.
                                                                          David Bidussa
Ossessioni e identità
A dare credito alle cronache di questi giorni, l’Unione europea, per autorevole bocca della presidente della Commissione, intenderebbe assumere misure di rigore nei confronti dell’Ungheria di Viktor Orbán, in ragione della legislazione omofobica che Budapest ha introdotto. In che cosa dovessero consistere tali gesti vincolanti, non è ancora dato saperlo. Posto che per sanzionare un membro dell’Unione, occorre il voto unanime dei suoi appartenenti. Quindi, anche del paese che fosse fatto oggetto di eventuali restrizioni. 
                                                                          Claudio Vercelli
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