LA MISSIONE NEGLI USA DEL PREMIER ISRAELIANO
Bennett e il vertice con Biden:
"La priorità è fermare l'Iran"

Un nuovo spirito di collaborazione per costruire insieme, Usa e Israele, una strategia per fermare l’Iran. Questo l’obiettivo dichiarato del Primo ministro israeliano Naftali Bennett, atterrato in queste ore a Washington (nell’immagine, l’arrivo). Nella sua prima visita negli Stati Uniti da quando è Premier, Bennett ha chiarito che vuole evitare ogni scontro con l’amministrazione Biden e ricostruire un dialogo bipartisan con la politica americana, tenendo però fuori la questione palestinese. “C’è una nuova amministrazione negli Stati Uniti e un nuovo governo in Israele, e io porto con me da Gerusalemme un nuovo spirito di cooperazione che si basa sulla speciale e lunga relazione tra i due paesi”, ha dichiarato Bennett prima di partire per gli Stati Uniti. Sull’incontro con Biden, il Premier ha fatto un breve elenco dei temi in agenda: “Ci occuperemo di molti fronti, in particolare quello iraniano, e soprattutto del salto in avanti, negli ultimi due o tre anni, nel programma nucleare di Teheran. Affronteremo anche le aree dell’economia, dell’high tech, dell’innovazione, della crisi climatica che ci sta preoccupando tutti e, naturalmente, della lotta alla pandemia”. La questione sicurezza sarà però il cuore dell’incontro, con il Premier pronto a ribadire al Presidente Usa Biden che l’intesa sul nucleare, che l’amministrazione Biden sta cercando di ricostruire, non è una strada percorribile per Israele. “Quello che dobbiamo fare, e che stiamo facendo, è formare una coalizione regionale di paesi arabi con cui si può ragionare, che respinga e blocchi questa espansione e questo desiderio di dominio dell’Iran", ha detto Bennett. Per farlo, la strategia condivisa dal Premier e dal suo alleato di governo Yair Lapid, capo degli Esteri e prossimo Primo ministro, è evitare lo scontro aperto con la diplomazia Usa e soprattutto ricucire con i democratici un rapporto incrinatosi durante gli ultimi governi Netanyahu.
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LA TESTIMONIANZA DEL FIGLIO DI MIREILLE KNOLL
"Io e il no vax torinese, un dialogo impossibile"

Qualche settimana fa, attraverso Pagine Ebraiche, Liliana Segre ha lanciato un messaggio chiaro: “Se uno vuole vedere il complottismo ovunque, resti a casa. Da solo. Non giri per le strade, non vada nel mondo, non danneggi gli altri”.
Erano i giorni delle prime manifestazioni di piazza contro i nuovi provvedimenti del governo all’insegna del delirante paragone, con tanto di stella gialla al petto di vari contestatori, con le vittime della persecuzione nazifascista. La senatrice a vita non si è detta sorpresa da questo deriva: “È un tale tempo di ignoranza, di violenza, neanche più repressa, che è diventato maturo per queste distorsioni. Una scuola, che è stata recepita, in cui i bulli sono i più forti”.
Il pericolo rappresentato dal movimento no vax per la salute della collettività è tra i temi oggetto di attenzione del laboratorio giornalistico UCEI Redazione Aperta in svolgimento in questi giorni. Al riguardo la redazione ha raccolto la testimonianza di Daniel Knoll (nell’immagine), il figlio di Mireille, l’anziana donna francese massacrata nel 2018 da un vicino islamico contro il quale si aprirà a breve il processo. Mireille, ricorda il figlio, era sfuggita in gioventù al rastrellamento del Vel d’Hiv (la più grande retata di ebrei condotta sul suolo francese durante la seconda guerra mondiale).
Lo scorso fine settimana Daniel si trovava a Torino. Mentre passeggiava in centro, ci ha raccontato, una stella gialla ha attirato la sua attenzione. A brandirla un manifestante no vax che protestava contro i dispositivi anti-Covid in vigore, e in particolare contro l’introduzione del Green Pass. “La mia prima reazione – spiega – è stata di sorpresa. Mi sono avvicinato e in inglese ho cercato di spiegargli quanto quel messaggio fosse sbagliato. Ma è stato tutto inutile, si è rifiutato di ascoltarmi. Ne sono uscito affranto”. Knoll si dice amareggiato da questo cortocircuito storico, di questa crescente perdita di senso. “In giro ci sono molti stupidi. Ma non è solo stupidità, è anche antisemitismo. Ed è anche ignoranza. Anche di questo, purtroppo, dobbiamo occuparci”.
Eloquente al riguardo il Gran Rabbino di Francia Haim Korsia. In un recente editoriale firmato dal rav e da altri personaggi autorevoli della società francese si legge infatti: “Dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per convincere gli scettici e combattere gli oppositori della vaccinazione che, con il pretesto della libertà, vogliono affermare il loro diritto di essere un pericolo per gli altri. Questi ultimi usano la libertà, uno dei pilastri essenziali del nostro trittico repubblicano, come uno spaventapasseri per gridare allo scandalo o addirittura alla cospirazione. Una minoranza di francesi invoca a gran voce, e talvolta in modo indecente, le proprie libertà individuali per rifiutare il vaccino contro la pandemia che sta devastando il pianeta”. Rifiutare il vaccino, ricordavano rav Korsia e gli altri firmatari, non solo metto a rischio se stessi ma vuol dire “praticamente armare il proprio corpo, come si tirerebbe la linguetta di una granata, per trasformarla in un ordigno potenzialmente letale, colpendo alla cieca e a caso intorno a noi”.
Quel che Knoll ha cercato di spiegare con lucidità e pacatezza al manifestante torinese. Venendone però respinto in modo brusco.
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LA MOBILITAZIONE DEL MONDO EBRAICO
"Solidarietà al popolo afghano,
è il momento di agire"

Mobilitazione, nel mondo ebraico, per la sorte dei profughi afghani. Ad aprire una porta è in queste ore la Comunità ebraica fiorentina: "Siamo in stretto contatto con l'assessore comunale all'educazione e welfare Sara Funaro per valutare la possibilità di accogliere qualche bambino nella nostra scuola materna se ve ne sarà la necessità", l'annuncio dato ieri dal suo presidente Enrico Fink. "In momenti come questi - il suo messaggio - è necessaria una mobilitazione comune. Non possiamo restare indifferenti di fronte al dramma di una popolazione, e in particolare al terrore che leggiamo negli occhi delle donne afghane, che temono la cancellazione dei loro diritti più elementari". Le immagini di genitori che affidano a sconosciuti i propri figli perché siano tratti in salvo, aggiunge Fink richiamando un recente intervento dell'antropologo Ugo Caffaz, "non può non colpirci: e anche se nessun paragone fra vicende storiche diverse è possibile, Storia e Memoria non sono scindibili". Da qui l'offerta di massima disponibilità al Comune "per fare la nostra parte nello sforzo di accoglienza".
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PARALIMPIADI
Cento metri dorso, l'impresa di Shalabi:
la prima medaglia di un arabo-israeliano

Storica medaglia d’oro d’Israele alle Paralimpiadi, la prima conquistata da un atleta arabo nella storia delle partecipazioni israeliane ai Giochi. A firmare l’impresa il nuotatore Iyad Shalabi, primo al traguardo dei 100 metri nel dorso. Trentaquattro anni, paralizzato dall’età di 13 agli arti inferiori, Shalabi è musulmano. La sua storia sta emozionando il Paese. “Abbiamo realizzato un sogno” ha commentato il suo allenatore, in lacrime, pochi istanti dopo il trionfo.
Tra i primi a complimentarsi il Capo dello Stato Isaac Herzog: "L'intero Paese - gli ha detto nel corso di una telefonata - è fiero di te".
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QUI ROMA - APPUNTAMENTO CON LA TRADIZIONE
Le feste e l'emozione dello shofar

Pochi giorni ancora a Rosh haShanah, il capodanno ebraico, e Yom Kippur, il giorno del digiuno di espiazione. Non si può pensare a queste festività senza associarle al suono dello shofar, il corno di montone. Il tokea, colui che suona lo shofàr, recita due benedizioni e produce tre suoni: tekià (il richiamo), shevarìm (tre richiami brevi), e teruà (nove o più suoni brevi). Anche quest’anno al Tempio Maggiore di Roma il tokea sarà il rav Alberto Funaro. Spetterà a lui il compito di emozionare, risvegliare, chiamare all’introspezione e all’avvicinamento al Signore tutti i frequentatori. Perché il suono dello shofar non è semplicemente una mitzwa da adempiere, ma ha un significato più profondo: raggiungere il cuore e la testa di ciascuno.
Del connubio fra cuore, anima e intelletto, rav Funaro ha fatto l’ingrediente fondamentale della sua crescita personale, ma è anche ciò che cerca di trasmettere ai suoi allievi. “Ero ancora molto giovane – ricorda il rav – quando andavo al Tempio di via Balbo e, assieme ad un mio coetaneo figlio di un responsabile della sinagoga, mi esercitavo di nascosto a provare a far suonare lo shofar. Eravamo giovani, non avevamo ancora il fiato necessario e l’impostazione giusta per farlo, ma prova e riprova alla fine ci riuscimmo”. Rav Funaro semplicemente “è” la voce dello shofar di Roma, seguendo una lunga tradizione di rabbanim che lo hanno fatto prima di lui. Il suo modo di suonare così unico e particolare commuove la platea del Tempio.
Lucilla Efrati
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Studiare Torah
 Su Pagine Ebraiche di agosto leggo in calce al mio articolo su “Studi talmudici e studi secolari” la stimolante reazione dell’amico Alberto Cavaglion che ringrazio per l’interesse manifestato sul tema. Parafrasando Maimonide egli si professa “perplesso in cerca di guida” e pone due interrogativi. Anzitutto, “può un giovane studiare la Torah e il Talmud prescindendo dalla filosofia classica?” La risposta è: sì, certamente, è possibile. Così è stato fatto in molti ambienti per generazioni e le eccezioni alla Salomon Maimon sono state relativamente poche.
Rav Alberto Moshe Somekh
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Ticketless - L'allampanato Artom
 Leggere La scuola del silenzio. Per un profilo di Isacco Artom di Liana Funaro, appena stampato da Belforte, ha significato per me ritornare indietro nel tempo, in un certo senso ringiovanire. Un rimpianto, che vorrei condividere con altri della mia generazione, passati attraverso le stesse stagioni, le stesse letture, interessati come me ad approfondire la presenza e il ruolo che in quella storia gli ebrei hanno occupato e occupano (o vorrebbero occupare). Cercherò di spiegarmi meglio.
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Dimenticanze non casuali
 Abbiamo concluso il nostro intervento di mercoledì scorso con una domanda, relativa alla posizione occupata dal popolo ebraico nella visione teologica di Dante.
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