LA MOSTRA INAUGURATA A TRIESTE 

1938-1945, i documenti della persecuzione italiana

È il 18 settembre 1938 quando Mussolini, affacciandosi a Piazza Unità d’Italia a Trieste, annuncia l’entrata in vigore delle leggi razziste pronte a negare agli ebrei italiani i più elementari diritti, escludendoli dalla società, cacciandoli da scuole e università, e preludio alla successiva persecuzione delle vite. Proprio a Trieste fa sosta, a partire da oggi, la mostra “1938-1945. La persecuzione degli Ebrei in Italia e a Trieste. Documenti per una storia” con l’esposizione di documenti, testi e foto d’epoca messi a disposizione dalla Fondazione CDEC di Milano in collaborazione con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la Comunità ebraica locale, la Camera di Commercio Venezia Giulia, l’Archivio di Stato, il Comune di Trieste, l’Ufficio Scolastico Regionale, l’Associazione Nazionale Alpini.
“Non tutti i posti sono uguali. Scegliere i luoghi è come scegliere le parole, farlo con sensibilità e cognizione significa voler dire qualcosa. E Trieste, per la storia d’Italia, non è un luogo come tutti gli altri. Essere qui oggi sprigiona un significato speciale” la riflessione del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi nell’intervenire nella sede della Prefettura cittadina, nel primo di numerosi eventi organizzati nell’ambito di tale appuntamento. In questo senso, il suo messaggio, “dobbiamo essere consapevoli che l’antisemitismo” in ogni sua declinazione “non soltanto è ancora drammaticamente vitale tanto nel mondo reale quanto in quello virtuale, ma che spesso le stesse persone che istigano all’odio razziale indirizzano le loro condotte criminose contro bambini, donne, istituzioni”.

Contrastare l’antisemitismo, la valutazione del ministro, “non significa solo astrattamente difendere i diritti, significa concretamente stigmatizzare e punire dei comportamenti pericolosamente antisociali, per isolarne gli artefici”. E, di conseguenza, “proteggerci tutti”.
Con il ministro Piantedosi, a intervenire e partecipare nell’arco dell’intensa giornata – aperta da un convegno sui temi della mostra e proseguita con una sosta davanti alla lapide commemorativa del 18 settembre sotto i portici del municipio, una visita al Museo ebraico dove è allestita la mostra “Dipingere per ricordare” con le opere dell’artista tedesco Alexander Dettmar e un momento di raccoglimento alla Risiera di San Sabba, l’unico campo di sterminio sul territorio italiano – sono stati anche il sindaco Roberto Dipiazza, il presidente della Regione Massimiliano Fedriga, la presidente UCEI Noemi Di Segni, il presidente della Comunità ebraica Alessandro Salonichio, il rabbino capo Alexandre Meloni, l’ambasciatore d’Israele Alon Bar, il direttore della Fondazione CDEC Gadi Luzzatto Voghera e Tullia Catalan, professoressa di Storia contemporanea dell’Università triestina.

Nel presentare la mostra Luzzatto Voghera ha posto l’accento sul fatto che le leggi razziste rappresentarono l’apice di un percorso di violenza e brutalità che aveva caratterizzato il fascismo sin dagli esordi, per poi presentare la specificità dell’allestimento inaugurato quest’oggi con un’area interamente dedicata alla realtà della Trieste ebraica. A guidare l’incontro al Museo il suo direttore Ariel Haddad, con l’artista collegato a distanza che ha illustrato il senso e la sfida del suo lavoro.

Nella serata di ieri l’ambasciatore Bar è stato inoltre il protagonista di un incontro con la Comunità ebraica: ad accoglierlo il presidente Salonichio, il vicepresidente Davide Belleli, i rabbini Meloni e Haddad, il segretario Paolo Levi, il coordinatore dell’istituto comprensivo Morpurgo Tedeschi Nathan Neumann, la copresidente dell’Adei Wizo triestino Liora Misan, la delegata del KKL Simonetta Novelli e il presidente di Italia-Israele Renzo Sagues.

(Nelle immagini: il raccoglimento davanti alla targa in ricordo delle leggi razziste; l’intervento del ministro Piantedosi in prefettura; l'intervento del direttore della Fondazione Cdec Gadi Luzzatto Voghera; l’inaugurazione della mostra. Le prime tre foto sono di Giovanni Montenero)

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IL DOCUMENTARIO PROIETTATO AL TEATRO DELL'OPERA DI ROMA

Shlomo Venezia, il respiro della Memoria

Teatro dell’Opera di Roma gremito di giovani per l’anteprima nazionale del documentario “Il respiro di Shlomo” sulla vita del Testimone della Shoah Shlomo Venezia. Il primo dei cinque eventi per il Giorno della Memoria patrocinati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. A guidare gli spettatori la voce narrante di Shlomo stesso, da una vecchia intervista conservata presso l’Archivio della Memoria della Fondazione CDEC, dalla natia Salonicco dove fu arrestato poco più che ventenne ad Auschwitz-Birkenau, Mauthausen, Ebensee. È la voce di uno dei pochissimi Sonderkommando sopravvissuti allo sterminio quella attorno cui ruota questo nuovo lavoro a cura della Fondazione Museo della Shoah di Roma, con la direzione di Ruggero Gabbai e Marcello Pezzetti come autore, nell’anno che segna il centenario dalla nascita di Venezia (scomparso nel 2012). “Tutto mi riporta al campo: qualunque cosa faccia, qualunque cosa veda”, raccontava. Un lascito affidato anche alle pagine del suo Sonderkommando Auschwitz: volume che segna una svolta e resta una pietra miliare.
“Un teatro pieno è sempre una cosa bella, ancora di più quando a riempirlo sono i ragazzi”, il saluto del sovrintendente del Teatro dell’Opera Francesco Giambrone. “Sentiamo il dovere di fare memoria, di tramandare il ricordo, di impegnarci contro l’oblio”, ha poi aggiunto. Per Noemi Di Segni, presidente UCEI, il respiro di Shlomo “è il respiro di Dio, il respiro della storia del popolo ebraico”. Una serata di Memoria in un teatro simbolo di Roma, un luogo di cultura, “perché la cultura può e deve assumersi le sue responsabilità” ed essere al servizio “della Memoria, della convivenza, della libertà”. Per la Fondazione Museo della Shoah si tratta del quinto documentario prodotto per un pubblico televisivo. “Un impegno notevole e orientato al futuro” le parole del suo presidente Mario Venezia, che è anche il figlio di Shlomo e i cui ricordi arricchiscono di ulteriore significato questa sfida educativa e valoriale. Pensando anche alle nuove generazioni, al passaggio di testimone con giovani e studenti, un pubblico “cui cerchiamo di rivolgerci il più possibile”. Di nuovo stamane, con 80mila studenti da tutta Italia collegati online con Edith Bruck (presente ieri in sala insieme a Sami Modiano).
 

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LA MOSTRA INAUGURATA AGLI UFFIZI

“Raccontare Rudolf Levy, un dovere morale”

Un nome a lungo dimenticato quello del pittore ebreo tedesco Rudolf Levy (1875 -1944), che dopo la cattura a Firenze fu deportato e ucciso ad Auschwitz. Nato a Stettino, allievo di Matisse, dipinse anche nei mesi drammatici della clandestinità. Fino a poche ore dall’arresto per mano di due sgherri della Gestapo presentatisi sotto falsa identità. A ricordarlo una retrospettiva inaugurata quest’oggi dalle Gallerie degli Uffizi, nelle sale di Palazzo Pitti, con 47 opere in mostra. La storia di una vita consacrata all’arte e spezzata dal nazifascismo.
“Di Levy gli Uffizi hanno acquistato nel 2020 uno splendido ritratto di ragazza (‘Fiamma’), eseguito proprio a Firenze e ora, in occasione del Giorno della Memoria, assolvono al dovere morale di raccontare la tragica vicenda del pittore. Vicenda che, si è scoperto, si intreccia brevemente con quella della senatrice Liliana Segre” le parole del direttore degli Uffizi Eike Schmidt nell’inaugurare la mostra.

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DAL TRAM DELLA MEMORIA ALLE PIETRE D'INCIAMPO, LE INIZIATIVE A MILANO 

Liliana Segre: “Shoah, il pericolo è l’oblio”

“Il pericolo dell’oblio c’è sempre. Io penso che tra qualche anno sulla Shoah ci sarà solo una riga sui libri di storia e poi neanche più quella”. È l’amara considerazione della senatrice a vita e Testimone della Shoah Liliana Segre, in occasione della presentazione con il sindaco Giuseppe Sala del calendario di iniziative organizzate nella sua Milano per il 27 gennaio. “So cosa dice la gente del Giorno della Memoria. - ha aggiunto Segre - La gente già da anni dice, ‘basta con questi ebrei, che cosa noiosa’”. Nonostante questa disillusione, la senatrice, sopravvissuta ad Auschwitz, continua ad impegnarsi affinché si conoscano la Shoah e i suoi luoghi. Come il Memoriale da lei fortemente voluto in quello che fu il binario 21 della Stazione centrale di Milano, da dove lei, il padre Alberto e altre centinaia di ebrei furono deportati. Quest’anno il Memoriale di Piazza Safra – oltre ad essere il punto d’avvio della Run for Mem – sarà richiamato sul tram della linea 9 che per due settimane avrà una livrea di papaveri rossi, simbolo di rinascita e sulla fiancata la scritta “27 gennaio – Giorno della Memoria” e “Memoriale della Shoah – Binario 21 – Stazione Centrale”. In città poi saranno molti gli appuntamenti legati al 27 gennaio, tra cui l'apposizione di ventisei pietre d'inciampo. 

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LA TESTIMONIANZA DI EDITH BRUCK DAVANTI A MIGLIAIA DI STUDENTI

"Le guerre sono il fallimento umano"

"Questo devono fare i ragazzi, andare fuori, farsi sentire, urlare che le guerre sono il fallimento umano".
Ottantamila studenti delle scuole italiane si sono confrontati con la Testimone della Shoah Edith Bruck, nel corso di un'iniziativa online promossa dalla Fondazione Museo della Shoah di Roma con la presenza e l'intervento del ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara. “L'atteggiamento dei giovani - ha raccontato Bruck - in parte mi ripaga della grandissima fatica di testimoniare. Anche perché nei primi vent'anni ho sempre pianto nelle scuole. Non riuscivo a controllarmi. E ancora oggi mi capita, perfino con zoom, di piangere. Però credo che finché possiamo piangere e sentire va tutto bene. Guai se non sentissimo più niente". Del dovere di non abbassare la guardia di fronte all'antisemitismo odierno, ma anche del fare i conti con il passato ha parlato il ministro Valditara nel suo intervento. "Vigiliamo, ricordiamo e cerchiamo di capire che i rischi oggi sono tanti. E ha ragione Edith Bruck: dobbiamo fare i conti con il nostro passato perché l'Italia ha promulgato le leggi razziali. - ha sottolineato il ministro - Se alcune decine di migliaia di cittadini italiani di religione ebraica sono stati deportati nei lager è anche perché dei collaborazionisti che appartenevano a un determinato regime hanno collaborato. Trovo infame che ci possa essere stato un italiano che viveva sullo stesso pianerottolo, che sino al giorno prima si salutava cordialmente e poi abbia potuto dire 'guardate qua c'è un ebreo, deportatelo'. Trovo infame tutto questo. Dobbiamo avere il coraggio civile di ricordare".

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MEIS - TATIANA BUCCI E L'INCONTRO CON SCUOLE A FERRARA 

I bambini e quell’infanzia strappata

“Io e Andra siamo scampate alla prima selezione ad Auschwitz-Birkenau perché Mengele ci aveva scambiato per gemelle. E lui aveva bisogno di noi per i suoi esperimenti”. Davanti ai 750 studenti e a 550 scuole collegate a distanza, Tatiana Bucci ha raccontato ancora una volta la propria Testimonianza di sopravvissuta. Ha spiegato come a lei e alla sorella Andra i nazifascisti strapparono l'infanzia, catturandole insieme alla madre e deportandole ad Auschwitz. Un destino tragico, condiviso con il cugino Sergio De Simone, a cui il Museo nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah - Meis ha voluto dedicare l'approfondimento per il 27 gennaio aperto alle scuole e intitolato "Il sorriso strappato. Bambini nella bufera". Un incontro che ha portato centinaia di ragazzi ad ascoltare la voce di Tatiana Bucci dal palco del teatro Comunale di Ferrara. Al suo fianco, il direttore del Meis, rav Amedeo Spagnoletto, lo storico Bruno Maida, docente dell’Università di Torino, e Silvia Cutrera esperta di Shoah e disabilità. “Anche quest'anno - le parole di Spagnoletto presentando l'iniziativa - il Meis dedica il Giorno della Memoria alle scuole e agli studenti. Le nuove generazioni sono a tutti gli effetti i testimoni del futuro che preserveranno e trasmetteranno il valore del Ricordo”. 
Ai ragazzi si è rivolto anche il presidente del Meis, Dario Disegni, in apertura dell'incontro, ricordando la storia della giovanissima Elena Colombo, bimba di appena dieci anni assassinata ad Auschwitz il 10 aprile 1944.

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SEGNALIBRO

La rivolta delle ragazze

Le chiamavano “le ragazze dei ghetti”. Erano giovani, spesso appena adolescenti, ma capaci nell’abisso della Storia di un coraggio straordinario. Renia Kukielka, per esempio. È una ragazzina quando nel 1939 a Chmielnik, in Polonia, i tedeschi massacrano gli ebrei. Scappa attraverso i campi e si unisce alla Resistenza. Ha perso la famiglia, la casa, gli amici, ma rifiuta di rassegnarsi. Spia i nazisti, contrabbanda armi nei ghetti, attraversa i confini. Neanche sotto tortura si perde d’animo, riesce a fuggire e raggiunge la Palestina mandataria. Niuta Teitelbaum è invece una studentessa di storia. Travestita da paesana, il fazzoletto annodato sulle trecce bionde, nel 1943 si introduce in un appartamento della Gestapo in pieno centro di Varsavia. Sorride ai tre nazisti, arrossisce e spara. Muoiono in due, il terzo è ferito. Travestita da medico, gli sparerà in ospedale insieme al poliziotto di guardia. Con il soprannome di “Piccola Wanda con le trecce” finisce sulla lista dei ricercati. Come Renia e Niuta, centinaia di donne ebree in Europa imboccano la via della Resistenza e si trasformano in corrieri e spie, contrabbandano armi e cibo, aiutano i compagni a fuggire e non esitano neanche davanti al nemico.
Il respiro straordinario delle loro storie torna a noi nel nuovo libro di Judy Batalion che molto ha fatto parlare di sé negli Stati Uniti. Intitolato “The Light of Days: the Untold Story of Women Resistance Fighters in Hitler’s Ghettos” (William Morrow), il volume (pubblicato ora in Italia da Mondadori con il titolo Figlie della resistenza) riporta alla luce le vicende dimenticate di un gruppo di donne fra i 16 e i 25 anni che, fra Vilna e Cracovia, si uniscono alla Resistenza ebraica e combattono senza esclusione di colpi.

Daniela Gross

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LE INIZIATIVE A LIVORNO

“Memoria, un patto tra le generazioni”

Cinquecento studenti di scuole di diverso ordine e grado si sono dati appuntamento al Teatro 4 Mori, messo a disposizione dal Comune di Livorno, per un’iniziativa per il Giorno della Memoria ricca di stimoli nell’ambito del progetto triennale “Custodire la Memoria tra le generazioni”. Ad accompagnarli le riflessioni di Roberto Rugiadi, il figlio della Testimone della Shoah livornese Frida Misul – del quale hanno letto il diario fatto ristampare dall’Anppia – ma anche le pagine del libro Il profumo di mio padre in cui Emanuele Fiano elabora la vicenda del padre Nedo deportato anch’egli ad Auschwitz e la storia di Paola Jarach Bedarida, che ha illustrato ai giovani la fuga sua e dei suoi familiari in Svizzera e il “faticoso ritorno”, una volta sconfitto il nazifascismo, in Italia. L’incontro al teatro è stato vissuto conversando e scambiando impressioni e domande in una modalità di condivisione di esperienze diverse, alternate da musiche, letture, coreografie. Presente anche Sky Documentary, con il suo autore Roby Kornblit che ha trattato il tema del passaggio di testimone nel lavoro di prossima diffusione “Eredi della Shoah” (quella di Rugiadi è una delle voci ascoltate).

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TORINO, L'INSTALLAZIONE ARTISTICA PARTE DELLA MOSTRA "OLTRE LE CENERI"

Vercelli, la vita in sinagoga

Nella mostra “Oltre le Ceneri”, appena inaugurata al Museo diffuso della Resistenza di Torino, curata da Ermanno Tedeschi, oltre alle opere pittoriche e alle incisioni dell’artista inglese Beverley Jane Stewart, che raccontano la tragedia della Shoah attraverso lo svuotamento delle sinagoghe di molte parti d’Europa e il loro graduale abbandono, è presente un video suggestivo e particolare. Suggestivo perché fatto di sole immagini e suoni: canti sinagogali che narrano davvero più delle parole; particolare perché, a differenza delle sinagoghe oggetto delle opere della Stewart, per lo più abbandonate, la protagonista del video è la sinagoga di Vercelli, non danneggiata e distrutta dalla guerra, mai abbandonata e tuttora, nonostante molti trasferimenti di ebrei vercellesi, sempre attiva e aperta. Il video dal titolo “Frammenti di vita passata” è stato realizzato da Barbara Altissimo, che ne ha curato la regia con Massimo Vesco, e da Chiara Castellazzi, per la consulenza artistica.

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