Un progetto per rilanciare la vita comunitaria

Il 14 novembre il Consiglio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha adottato come “testo base per la discussione congressuale” la bozza di riforma dello Statuto predisposta dalla Commissione che ho avuto l’onore di coordinare in questi due lunghissimi anni di incontri, riunioni, stesure via via più perfezionate, polemiche, critiche, proteste. Le linee direttrici e i contenuti della bozza dovrebbero essere ormai noti, anche grazie a Pagine Ebraiche. Desidero quindi concentrarmi sulla sola questione dell’assetto dell’Unione delle Comunità previsto nella bozza.
Una sola avvertenza: la Commissione non ha affrontato tutti i temi potenzialmente sul tappeto. La proposta formulata nasce essenzialmente dall’esigenza di rilanciare la vita comunitaria e di strutturare diversamente il rapporto delle Comunità con il loro ente esponenziale, valorizzando al massimo la presenza delle Comunità stesse negli organi dell’Unione. Già nello scorso numero di Pagine Ebraiche l’ho definita “una piccola, grande rivoluzione”che può così essere sintetizzata. Si prevede la soppressione del Congresso quadriennale e l’istituzione di un Consiglio formato dal presidente di ciascuna delle 21 Comunità o altro rappresentante designato dal Consiglio tra gli iscritti alla stessa Comunità; da 35 delegati eletti a suffragio universale e diretto ogni quattro anni, dei quali 20 eletti dagli iscritti alla Comunità di Roma, nove eletti dagli iscritti alla Comunità di Milano e sei eletti dagli iscritti alle altre Comunità, a loro volta divisi in tre circoscrizioni elettorali, ognuna delle quali elegge due delegati (Nord-Ovest; Nord-Est; Centro- Sud); da tre rabbini che costituiscono la Consulta rabbinica. Si prevede che il Consiglio possa istituire al suo interno commissioni referenti. Si tratta di una disposizione che dovrà essere adeguatamente valorizzata e sviluppata nel regolamento interno del Consiglio, perché la funzionalità del nuovo organismo dipenderà in buona misura dall’efficacia del sistema delle commissioni.
Si prevede che nella prima riunione di ogni anno il Consiglio stabilisca il calendario delle successive riunioni e le sedi, scelte tra le Comunità che facciano richiesta di ospitarne i lavori: è un altro modo per avvicinare i livelli territoriali. Per quanto riguarda l’elezione del presidente, la Commissione ha formulato due ipotesi. In base alla prima, sostenuta dalla Commissione, il Consiglio elegge il presidente e, su proposta di questo, la Giunta con unico voto in blocco. La seconda ipotesi prevede invece che il Consiglio elegga i singoli componenti di Giunta, che a loro volta eleggono il presidente. Secondo la proposta la Giunta, composta di otto membri più il presidente, deve comunque essere rappresentativa di almeno quattro Comunità e risponde al Consiglio, che può revocare la fiducia a tutta la Giunta o a suoi componenti; ne possono far parte due membri esterni al Consiglio.
Per ciò che riguarda il Collegio dei probiviri, si prevede la possibilità di colmare eventuali carenze nella composizione dell’organo con l’elezione di ulteriori supplenti da parte del Consiglio.
Si riconosce al Collegio la facoltà di dare pareri agli organi dell’Unione e delle Comunità; si prevede un obbligo di astensione analogo a quello vigente per gli organi comunitari. La Commissione sta anche verificando se non sia opportuno definire più rigidamente il regime delle incompatibilità.
Si istituisce poi il Collegio sindacale, prevedendo che possa essere affiancato dal Collegio dei revisori. La proposta formulata dalla Commissione favorisce indubbiamente la rappresentanza delle Comunità piccole e medie rispetto alle due più grandi, più di quanto non accada già oggi nel Congresso (ma non nel Consiglio).
È un problema che è stato evidenziato e non può quindi essere taciuto, nell’auspicio che la soluzione ora proposta o altra condivisa da tutte le Comunità possa consentire di superare questo scoglio, dando significato all’espressione “Unione delle Comunità”.
L’organismo assembleare ipotizzato è senz’altro imponente (sfiora i 60 membri contro gli attuali 18) e sollecita la massima responsabilità di chi ne farà parte.
Per poter funzionare appaiono indispensabili due condizioni: la creazione di un costante flusso informativo sulle attività della Giunta, in base a specifiche previsioni statutarie; l’articolazione in commissioni che potranno seguire i principali filoni tematici ed affiancare il lavoro della Giunta riunendosi più frequentemente del plenum.
Un’ultima considerazione: la Commissione ha lavorato in maniera molto intensa ed armonica in questi due anni, giovandosi del confronto con moltissimi soggetti. Non sempre l’apporto ricevuto è stato pari alle attese ma la Commissione ha comunque deciso di affrontare anche i temi più controversi e sui quali il confronto è stato solo parziale, al fine di elaborare un testo il più possibile completo da offrire al confronto congressuale. L’auspicio è che il dibattito in Congresso possa essere sereno e costruttivo, consentendo di rilanciare la vita comunitaria e di addivenire ad un nuovo assetto dell’Unione.

Valerio Di Porto, coordinatore della Commissione per la riforma dello Statuto, Pagine Ebraiche, dicembre 2010