Ucei a congresso – Il dibattito è aperto

Un congresso aperto, intenso, attento. Il pomeriggio di ieri e la mattinata di oggi hanno segnato l’apertura del grande dibattito sul futuro e sul ruolo delle istituzioni degli ebrei italiani. E’ stato il legame ideale con Israele a segnare l’inizio del sesto Congresso dell’ebraismo italiano. Per un minuto i delegati si sono raccolti in silenzio, a ricordare le vittime del terribile incendio che sta devastando il nord d’Israele. Poi la lettura di un Salmo da parte di rav Riccardo Di Segni e il congresso, affidato alla presidenza di Giorgio Sacerdoti, ha preso il via. Gli 87 delegati (82 quelli registrati nella prima giornata), designati dalle 21 Comunità ebraiche italiane e riuniti a Roma, si confronteranno fino a mercoledì sul progetto di riforma dello Statuto dell’UCEI e sui grandi temi che coinvolgono la minoranza ebraica in un dibattito che fin dalle prime battute si preannuncia appassionante.
Molti i temi al centro della carrellata d’interventi che ha contrassegnato il primo pomeriggio di lavori, tutto dedicato alle proposte di modifica dello Statuto. I relatori hanno spaziato dal ruolo del rabbinato e dei rabbini rispetto al nucleo comunitario alla composizione del “parlamentino” cui sarà affidato il governo dell’ebraismo italiano, dal rapporto tra le grandi e le piccole comunità a quello con Israele.
A inaugurare i lavori una dettagliata relazione di Valerio Di Porto che, in qualità di presidente della Commissione che in quest’ultimo anno ha lavorato alla modifica dello Statuto, ha illustrato i principali punti di cambiamento orientato, ha sottolineato, a valorizzare la rete delle Comunità e il loro legame con l’UCEI intesa quale unione nel senso più profondo tra le Comunità ebraiche italiane. Poi spazio agli interventi che hanno visto susseguirsi tra gli altri al microfono Tullio Levi, presidente Comunità ebraica di Torino; Kobi Benatoff, Roberto Jarach, presidente Comunità ebraica di Milano; Emanuele Pace; Michele Steindler; Vito Anav; Riccardo Pacifici, presidente Comunità ebraica di Roma; Saul Meghnagi; Daniele Bedarida; Victor Magiar, consigliere UCEI; Giulio Disegni; Claudia Fellus; Ester Mieli; Anselmo Calò, assessore UCEI alle finanze; Giorgio Mortara e Davide Romanin Jacur, presidente Comunità ebraica di Padova.
Il senso della svolta rappresentata dalla riforma dello Statuto, destinata a segnare un nuovo corso per l’ebraismo, è tornato come un leit motiv pur declinato in forme diverse. Se Benatoff ha richiamato il Congresso a una riflessione sul futuro dell’ebraismo italiano Victor Magiar ha invitato a non dividersi sulla questione “Statuto sì, Statuto no”. “Il mondo è cambiato – ha detto – siamo cambiati anche noi e dobbiamo cercare di darci strumenti adatti, fondati su regole che siano ebraiche e democratiche”.
“Lo Statuto – ha sottolineato Michele Steindler – è tale solo se ha il consenso di tutti noi. Statuto e Unione sono la casa degli ebrei italiani: se non è adatta finiamo per stare male tutti”. E allora, in quale direzione muovere? Saul Meghnagi ha esortato a mantenere aperto nel Congresso un momento di discussione generale. Rimane aperto il dibattito sul sistema elettorale e sul più opportuno dimensionamento del “parlamentino” chiamato a governare l’ebraismo italiano che, ha detto Vito Anav, potrebbe essere integrato con una rappresentanza degli ebrei italiani che vivono in Israele: una realtà che conta ormai 10 mila anime e che potrebbe rappresentare un Il rischio, ha detto infatti Davide Romanin Jacur, è di penalizzare le piccole Comunità che rappresentano una straordinaria ricchezza del nostro Paese. Molti si sono posti quindi il problema delle modalità migliori per rinsaldare il dialogo tra UCEI e Comunità che per Roberto Jarach potrebbe passare attraverso un “parlamentino organizzato in commissioni con precisi mandati e non solo compiti di controllo”.
Poi il tema del rabbinato che, come sottolineato da Giulio Disegni, alla luce della tradizione ebraica non può essere privato della sua autonomia. “Il rabbino non è semplicemente un dipendente è figura centrale nella vita delle nostre Comunità. Proviamo dunque a immaginare un tavolo di concertazione tra Assemblea rabbinica e UCEI così da riflettere insieme attentamente su questo tema”. Sulla stessa linea Riccardo Pacifici, che ha introdotto il tema del dialogo con gli altri modelli d’ebraismo e la necessità di sistema nazionale di kasherut. “Alcune liste hanno rivendicato rabbini a tempo, alcuni pensano che così possono condizionare l’umore dei rabbini su questioni importanti come ghiurim, divorzi o procedure d’iscrizione alla Comunità. Altri, tra cui io, vogliono sottrarre i rabbini da meccanismi di dipendenza dalla Comunità. Chiediamo però riforme profonde perché siano più vicini alle nostre Comunità e vorremmo deciderlo insieme all’Ari”.
Non è mancato infine un dibattito sul ruolo dell’informazione ebraica italiana che, come rimarcato da Tullio Levi, negli ultimi anni ha compiuto un notevole salto di qualità con la nascita del Portale dell’ebraismo italiano, della newsletter quotidiana l’Unione informa e delle testate Pagine ebraiche, HaTikwa e DafDaf. Un impegno eccessivo? Un circuito che va affiancato a più tradizionali campagne di comunicazione in occasione della raccolta Otto per mille? Alla questione ha dato una prima risposta Anselmo Calò che ha dettagliato l’impegno finanziario sostenuto a questo scopo dall’UCEI. Ma d’informazione, comunicazione e relazioni esterne si parlerà ancora nei numerosi incontri in programma in questi giorni che a questi e a tanti altri temi dedicheranno momenti specifici di approfondimento e confronto.
I lavori sono proseguiti nella mattina di oggi con la relazione del presidente UCEI Renzo Gattegna. Tra gli altri interventi rav Richetti, i consiglieri UCEI Federico Steinhaus, Dario Calimani e Yoram Ortona, Saul Meghnagi e Avraham Hason, rav Laras, rav Momigliano, Roberto Liscia e il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici.
Con un articolato davar Torah il rav Adolfo Locci, rabbino capo di Padova, ha spiegato il significato profondo della festa di Hannukkah. Claudia De Benedetti, vicepresidente UCEI si è infine soffermata sulla drammatica situazione di Gilad Shalit. “Oggi – ha detto – sono trascorsi quattro lunghissimi anni e mezzo da quando Gilad Shalit è stato rapito dai terroristi di Hamas, il tempo del nostro mandato di Consiglio UCEI. Una prigionia che può sembrare una piccola cosa. Eppure non ci stanchiamo di protestare, continuiamo a indignarci. Noi siamo un piccolo popolo e ciascuno è un po’ parente di tutti gli altri, non solo astrattamente responsabile, ma concretamente vicino. Quando qualcuno di noi muore, piangiamo tutti. Ma soprattutto quando qualcuno è tenuto prigioniero come Shalit, siamo tutti prigionieri”.

Daniela Gross