Voci a confronto
In una rassegna molto scarsa di notizie su Israele (e ce ne sarebbero, ma nessun giornale parla per esempio del riarmo egiziano del Sinai, condotto col pretesto di combattere il terrorismo, ma mettendo in campo sistemi d’arma come i missili antiaerei che possono essere diretti solo contro Israele), è interessante leggere alcuni commenti e analisi. Innanzitutto quello di Fiamma Nirenstein sul Giornale , che spiega quanto sia sbagliata la visione europea della crisi fra Israele e Iran: “L’idea di fondo in tutti questi dibattiti è: il solito rompiscatole cioè Israele, guidato da un violento di destra, si vuole avventurare in un’azione bellica che ci travolgerà tutti. Uffa, questo Israele è veramente un pericolo per tutti fino dalla sua nascita. Ma la verità è l’opposto. Israele non ha mai minacciato l’Iran, né nessun altro. L’Iran invece, ma noi non siamo davvero capaci di crederci, sta costruendo una bomba atomica per distruggere Israele: operazione indispensabile all’Iran per imporre la sua bandiera al Medio Oriente, sciiti e sunniti lo vedono come il disgustoso nemico dell’Islam intero, e come il rappresentante ufficiale dell’Occidente.”
Molto interessante anche quello dell’insider di servizi segreti Pio Pompa sul Foglio : vi sono in questo momento “tre illusioni” dell’amministrazione Obama: “il convincimento, data l’impossibilità pratica di annientarne il programma atomico in fase così avanzata, che un Iran in versione di potenza nucleare possa trasformarsi (mantenendo aperte le vie del dialogo) in un elemento di stabilità (…) la necessità di temperare, pur continuando a professare la volontà di garantirne la sicurezza e sopravvivenza, le prerogative dello stato d’Israele (…) il rifiuto categorico, fedele al principio del “nessun uomo a terra”, di interagire direttamente nella crisi siriana.” Sempre sul Foglio va letta anche il racconto piuttosto inquietante di Raineri su un battaglione di islamisti libici finanziato dagli americani che combatte dalla parte degli insorti.
Da leggere anche l’analisi di Carlo Panella su Libero sulla visita di Morsi a Teheran, la prima di un capo di stato egiziano da trentacinque anni: “il trionfo – va riconosciuto – della svolta impressa da Ahmadinejad alla politica estera del suo paese, che durante la sua presidenza è passato dal più assoluto isolamento all’abbraccio con le dittature latino americane (Castro e Chavez) e alla paziente formazione di un immenso blocco di nazioni amiche… Uno schiaffo, aperto, palese, sonoro, alla politica del dialogo di Barack Obama, che vede ridursi in progressione numerica gli alleati degli Usa in Medio Oriente, che vede fallire i suoi colloqui sul nucleare con Teheran, che non ha un “piano B”, una strategia alternativa e di recupero dell’iniziativa né sul primo, né sul secondo fronte e che ora sarà letteralmente sbeffeggiato dalla provocatoria presidenza iraniana della più grande organizzazione informale che raduna la schiacciante maggioranza dei paesi Onu.”
Il problema, insomma, è sempre più la presidenza Obama, che ha fatto gravi danni in questi anni e che è sfidata da un concorrente demonizzato in tutti i modi dalla stampa progressista (anche con buffe contestazioni ai suoi seguaci, per esempio con la buffa storia di un bagno nudista nel Lago di Tiberiade da parte di un deputato americano, su cui sta indagando nientepopodimeno che l’FBI: Molinari sulla Stampa ), ma che sta conquistando spazio anche su testate tradizionalmente liberal, come mostra l’endorsement di “Newsweek” (Vitaliano sul Fatto ).
Ugo Volli twitter @UgoVolli