“Nuovi ponti tra Italia e Israele”
“L’Italia è un paese stupendo e con enorme potenzialità. Sono felice della scelta che ho fatto” Dirigente di McKinsey, guru economico del centrosinistra renziano, matematico prestato alla politica, Yoram Gutgeld è il personaggio del momento. Ai lettori di Pagine Ebraiche sceglie di presentarsi in una veste inedita: non solo il brillante economista in attesa di pubblicare un nuovo attesissimo libro con Rizzoli ma anche il giovane israeliano fresco di laurea che in Italia trova lavoro, conosce l’amore, decide di costruire il proprio orizzonte sia affettivo che professionale. Da Tel Aviv a Milano: un legame rimasto sempre saldo e che, con quest’ultima sfida, potrà adesso svilupparsi in nuove strade e occasioni di crescita per entrambi i paesi. Lo incontriamo a cavallo tra due sedute parlamentari in un’estate insolitamente calda e tormentata per la politica italiana.
La prima domanda è d’obbligo. Chi gliel’ha fatto fare?
Mi è stata offerta una grande opportunità, che ho scelto di non rifiutare. A sei mesi dall’ingresso in Parlamento il bilancio è positivo: c’è voglia di confrontarsi, le idee che propongo sono ascoltate e prese in considerazione. La politica non è tutta come la dipingono. Quando fatta in modo serio e coerente, e per molti miei colleghi è così, si tratta di un impegno faticoso e utile per la collettività. Un valore in cui credo fortemente.
Se l’estate è stata calda, l’autunno alle porte si annuncia caldissimo. Concorda?Lo snodo fondamentale sarà rappresentato dall’approvazione della legge di stabilità. Ci attendono giorni difficili e tesi. È un fatto innegabile.
In autunno anche un grande appuntamento personale: l’arrivo nelle librerie di un testo molto atteso dall’opinione pubblica. Ci vuol dire qualcosa di più? Sì, è uno studio su equità e sviluppo che sto completando in queste settimane e che sarà pubblicato da Rizzoli. L’idea di fondo è che serva una nuova matematica politica basata su questo assioma: più equità, più Stato sociale, no a nuove tasse. L’unione di questi tre elementi è l’unica ricetta possibile per lo sviluppo.
Le sue teorie economiche sono sempre più sulla bocca di tutti. Meno invece si sa della sua vita privata. Chi è Yoram Gutgeld? In quale contesto familiare è cresciuto?
Nasco in una famiglia ashkenazita con entrambi i genitori originari della Polonia. Mia madre è arrivata nella Palestina sotto mandato britannico prima della guerra, mio padre invece a conflitto in corso. Sono cresciuto a Tel Aviv, in una famiglia israeliana che definirei normale. Non particolarmente osservante ma comunque attenta a determinate cose e aspetti della vita.
Come e quando è arrivato in Italia?Grazie all’offerta di uno stage a Milano con McKinsey. Si parla di 24 anni fa. Un’avventura che mi ha profondamente segnato sul piano professionale ma anche affettivo.
In che senso?
È stato proprio a McKinsey, in quel contesto, che ho conosciuto mia moglie. Originaria del Molise, mi ha insegnato ad apprezzare la bellezza di questo paese. Sono italiano per scelta e per amore. Un fatto di cui vado orgoglioso.
Il legame con Israele resta però costante nel tempo. Quali opportunità di cooperazione vede tra i due paesi? Quale il suo specifico contributo?Italia e Israele sono realtà che hanno imparato a conoscersi sempre di più e meglio. Israele è il paese delle start-up. L’Italia un formidabile bacino di idee e di possibilità inesplorate. Ho ragioni di essere ottimista anche in virtù del messaggio che il governo ha voluto inviare scegliendo Israele come meta della sua prima missione extraeuropea. Una decisione di grande significato che non può non essere accolta con favore. Sono a disposizione e già ho avuto modo di confermare il mio sostegno al presidente Letta, che mi ha contattato personalmente per avere consigli e delucidazioni in merito.
Dall’inizio di questa legislatura alcuni parlamentari del Movimento Cinquestelle hanno fatto parlare di sé per un’accesa e aperta ostilità nei confronti di Israele. Che conclusioni ne ha tratto?L’inadeguatezza dei Cinquestelle alla vita politica è ormai sotto gli occhi di tutti e ciò a prescindere dalle farneticazioni sul Medio Oriente di alcuni di loro. Più in generale nel Parlamento, almeno da un punto di vista economico, prevale un altro approccio. La mia impressione è che siano passati i tempi segnati da una forte e considerevole ostilità preconcetta di più schieramenti politici e che si stia invece consolidando un’idea matura che vede in Israele un modello di crescita e sviluppo da tenere in considerazione, soprattutto sul fronte delle start-up. Certo restano delle sacche di pregiudizio non irrilevanti, ma sono comunque in calo.
Ritiene che valga lo stesso schema di giudizio valga per la società italiana nel suo complesso?Spesso assistiamo a manifestazioni di ostilità molto forti. A Milano ad esempio, quando nel 2011 fu organizzata in pieno centro Unexpected Israel, ci fu chi criticò aspramente e tentò il boicottaggio dell’iniziativa. Però di quella bella occasione di incontro, a due anni dal suo svolgimento, restano oggi i proficui legami di business intessuti tra aziende italiane e aziende israeliane e non le parole al vento di pochi contestatori. Spero che nel solco di quell’esperienza, e già a partire dai prossimi incontri bilaterali di Torino per arrivare fino all’Expo, possano nascere nuove ed efficaci collaborazioni.
Israeliano di nascita, italiano d’acquisizione: la sua è la storia di un immigrato di successo. Viene naturale chiederle qual è la sua posizione sul dibattito sorto attorno ai “nuovi italiani” che tanto fa discutere sia in seno al governo che nelle aule parlamentari. La mia è una posizione di totale apertura. Anche perché l’immigrazione, se vogliamo un futuro, costituisce una necessità imprescindibile.
E per quanto riguarda lo ius soli?
In linea di massima sono a favore.
C’è una radice ebraica nella sua visione economica e politica?
I principi a base della tzedakah e degli insegnamenti di giustizia sociale propri dell’ebraismo sono perme un prezioso punto di riferimento, che sicuramente ha influenzato il mio modo di pensare.
Adam Smulevich (Pagine Ebraiche settembre 2013)
Il disegno è di Giorgio Albertini
(12 settembre 2013)