Israele – Chi non vuole l’accordo
Una buona base per negoziare. Il primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu, secondo fonti della radio dell’esercito israeliano, avrebbe accolto positivamente il progetto di accordo di pace con i palestinesi presentatogli dalla diplomazia americana. Un progetto su cui gli Stati Uniti sembrano riporre molta fiducia ma che le violenze degli ultimi giorni mettono a rischio. Dopo l’attentato fortunatamente senza vittime di Bat Yam e il ferimento di un soldato israeliano nei pressi di Gerusalemme, oggi un operatore del ministero della Difesa d’Israele è stato colpito dal fuoco palestinese mentre lavorava nei pressi della barriera di sicurezza vicina al Kibbutz Nahal Oz (sul confine con la Striscia di Gaza). Il lavoratore, gravemente ferito, è stato portato d’urgenza al Soroka Medical Center di Be’er Sheva per ricevere le cure necessarie.
“Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”, sosteneva Agatha Cristie, famosa scrittrice di romanzi gialli. Qui il giallo non sembra esserci ma la prova di una strategia sì: dietro ai tre attacchi, secondo diversi analisti israeliani, si nasconde la volontà di far salire la tensione, proprio in coincidenza della presentazione ai rappresentanti israeliani e palestinesi della proposta di accordo avanzata dal segretario di Stato Usa John Kerry. Una proposta guardata con favore da Netanyahu in quanto recepisce molte delle istanze e preoccupazioni di Israele per la sua sicurezza in caso di costituzione di uno Stato palestinese. Il piano di Kerry, sviluppato da oltre cento esperti e con la consulenza di ufficiali del Mossad e dello Shin Bet, prevede una barriera lungo il confine tra la West Bank e la Giordania, zona da affidare per i primi dieci anni sotto la responsabilità dell’Israel defence force. Poi la gestione dell’area sarebbe condivisa con l’Autorità palestinese, il cui presidente, Mahmud Abbas, non ha gradito l’idea, protestando con una lettera diretta al presidente Usa Barak Obama. Se prima ad essere scettici erano gli israeliani, in particolare per l’atteggiamento dell’amministrazione Obama nei confronti del’Iran, ora sono i vertici palestinesi della West Bank a esprimere il proprio malcontento. La volontà americana, secondo la radio dell’esercito israeliano, sarebbe quella di fare concessioni a Netanyahu su alcuni punti per poi pretendere su altri. Gli scambi diplomatici sembrano essersi però incagliati e ora l’accrescere della violenza, con ben tre attacchi ai danni di Israele negli ultimi tre giorni, complica ulteriormente le cose. La strategia della tensione e della paura potrebbe far saltare per l’ennesima volta il banco delle trattative, anzi quello sembrerebbe proprio il suo obiettivo. L’ennesima spallata a un processo di pace che zoppica e sul cui buon esito appaiono convinti quasi solo gli Stati Uniti.
Daniel Reichel
(24 dicembre 2013)