Israele – La pace inesplosa
Come il gioco di specchi in cui l’immagine si riflette infinite volte, il processo di pace tra israeliani e palestinesi riflette sempre lo stesso scenario: avvio di accordi da una parte, ordigni per farli saltare dall’altra. La dinamica si è ripetuta ieri quando su un autobus di Bat Yam, città a sud di Tel Aviv, un passeggero ha trovato in una borsa incustodita una bomba. Grazie al suo intervento e a quello dell’autista, nessuno è rimasto ferito e l’ordigno rudimentale è esploso quando l’autobus era vuoto. Un attacco terroristico, ha dichiarato lo Shin Bet, servizio di sicurezza interno israeliano. Il tutto mentre il segretario di Stato americano John Kerry prepara una bozza di accordi da proporre a israeliani e palestinesi per dare una svolta positiva al conflitto. Speranze di pace, ancora inesplose ma sempre sotto attacco come dimostra l’esempio di Bat Yam, per cui l’azione non è ancora stata rivendicata (l’organizzazione terroristica di Hamas si è detta estranea ma non ha fatto mancare il suo plauso a un attentato che avrebbe potuto fare vittime tra i civili israeliani). O ancora, come dimostra il razzo qassam piovuto ad Ashkelon vicino una fermata di uno scuolautobus. Nessun ferito ma l’ennesimo segnale lanciato dalla Striscia di Gaza contro il processo di pace, in cui è la Cisgiordania di Mahmud Abbas, presidente dell’Autorità nazionale palestinese, ad avere voce in capitolo. E proprio ad Abbas, così come al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, secondo quanto riporta il Jerusalem Post, Kerry avrebbe presentato il famoso lavoro di 160 esperti diplomatici americani, guidati dall’ex generale dei marine John Allen, in cui sono delineate alcune idee per assicurare i confini di Israele e del futuro stato palestinese. Tra cui la presenza dell’esercito israeliano nella Valle del Giordano per un periodo di 10-15 anni, dopo la costituzione del nuovo Stato. Un’idea che non è piaciuta ad Abbas né alla Lega Araba, secondo cui non un soldato israeliano potrà mettere piede nella futura Palestina mentre sarebbe da considerare la possibilità di prevedere il dislocamento di forze internazionali nella zona.
Secondo il capo dei negoziatori palestinesi Saeb Erekat la firma di un accordo quadro con Israele è possibile ma non nei tempi che erano stati fissati in precedenza (aprile 2014). In ogni caso il dialogo tra le parti non sta avvenendo direttamente ma è la diplomazia americana a fare da tramite. Kerry sembra, almeno apparentemente, sicuro di riuscire a portare a casa un risultato. Un successo per l’amministrazione Obama tanto agognato e che porterebbe il presidente Nobel della pace nuovamente al centro degli equilibri mondiali. Gli americani ci provano con il conflitto israelo-palestinese così come con il disarmo dell’Iran. Le variabili, però, sono molte: il campanello di allarme suonato a Bat Yam non è che un esempio di come la situazione può facilmente complicarsi.
Daniel Reichel
(23 dicembre 2013)