Israele – La violenza che allontana la pace

netanyahuIl faccia a faccia di oggi, alla presenza dell’inviato speciale Usa Martin Indyk, tra negoziatori israeliani e palestinesi si apre con le peggiori premesse. A incrinare i rapporti, già molto tesi, il grave attentato di lunedì sera in cui ha perso la vita l’agente della polizia israeliana Baruch Mizrachi. Mentre stava raggiungendo la famiglia per festeggiare la prima sera di Pesach, l’auto di Mizrachi, con moglie incinta e figlio di otto anni al seguito, è stata colpita nei pressi di Hebron dal fuoco di uno o più attentatori, uccidendo l’agente e ferendo la moglie. Un brutale attentato terroristico su cui l’esercito israeliano sta indagando e per cui non ci sono state rivendicazioni. Intanto a Gerusalemme i soldati israeliani hanno dovuto chiudere questa mattina ai visitatori il Monte del Tempio (noto anche come la Spianata delle Moschee). Misura precauzionale dopo le violenze che hanno visto ieri decine di palestinesi lanciare pietre contro l’esercito. Causa della protesta, l’apertura del luogo a pellegrini ebrei e turisti. Un’escalation violenta duramente condannata dal primo ministro Benjamin Netanyahu, che ha puntato l’indice contro l’Autorità nazionale palestinese, rea di soffiare sulla rabbia del proprio popolo e di fare poco per arginare situazioni come quella che hanno portato all’uccisione di Mizrachi. In tutto questo i negoziatori delle due parti dovrebbero trovare oggi un accordo per il prolungamento di altri nove mesi delle trattative di pace.
Il leader dell’Anp, Mahmoud Abbas, si è detto disponibile a un accordo sul proseguo delle trattative ma chiede in cambio il congelamento degli insediamenti israeliani, una definizione nei primi tre mesi dei confini di quello che dovrebbe essere lo stato palestinese e il rilascio di alcuni prigionieri palestinesi. Aut aut che difficilmente Netanyahu apprezzerà, in particolare dopo lunedì, giorno in cui le famiglie ebraiche di tutto il mondo si sono riunite per celebrare Pesach, giorno trasformatosi in lutto per la famiglia Mizrachi. Abbas sembra però pronto al muso duro con Israele. Dopo aver tenuto a lungo il profilo basso, il leader dell’Anp nell’ultimo periodo, tra dichiarazioni e iniziative, vuole riprendere in mano il controllo sulla West Bank. E così ha provocato Israele, chiedendo l’ammissione dei palestinesi a diverse organizzazioni dell’Onu e alla Convenzione di Ginevra; ha sì condannato l’attentato contro l’ufficiale di polizia di lunedì ma ha dichiarato – riporta Haaretz – che l’Idf non ha mai chiesto scusa per le sue uccisioni; e ancora che non riconosce Israele come Stato Ebraico e che nei trattati di pace con Giordania e Egitto questa richiesta non c’era, per cui perché dovrebbe esserci con i palestinesi. Quello che prima era dato come un leader in balia delle correnti che dividono la West Bank, ora cerca di riprendere in mano il timone. Provocare e mostrare i muscoli a Israele sembra una tattica rischiosa per arrivare alla pace. Se questo è l’intento.

(17 aprile 2014)