Israele – Olmert e lo scandalo Gerusalentopoli
Il 3 o 4 giugno 1967, all’apice della tensione alla vigilia della guerra dei Sei giorni, dopo il richiamo alle armi di tutti gli studenti, erano rimasti negli alloggi dell’università di Gerusalemme a Givat Ram solamente i neoimmigrati come me e qualche altro italiano, gli studenti arabi tutti militesenti, e i pochi israeliani della riserva accademica, ossia quei giovani designati a compiere i loro studi universitari prima del servizio militare e poi a servire nell’esercito per un certo numero di anni nelle loro capacità professionali. Questo gruppetto eterogeneo era intento a riempire sacchi di sabbia e a stendere strisce di plastica gommata sulle vetrate per difendere gli edifici dalle prevedibili cannonate della legione giordana. Fra questi giovani della riserva accademica c’era uno studente di legge chiamato Ehud Olmert.
Molti anni dopo, quando Olmert era sindaco di Gerusalemme, gli ricordai le circostanze del nostro primo incontro e lui mi rispose: “Non ricordo dove mi trovavo alla vigilia, so solo che la guerra dei sei giorni l’ho finita sul Golan”. Ora, non c’è persona in Israele che non sappia perfettamente dove si trovava e che cosa stava facendo al momento della sirena che annunciò l’inizio del conflitto. La risposta voleva forse minimizzare la situazione certo legittima ma non proprio eroica in cui ci eravamo trovati, sottolineando invece un finale più epico. Ma forse in quelle poche parole c’era anche una briciola di un tratto che Olmert ha ampiamente rivelato negli anni successivi: la memoria selettiva.
Olmert è uno dei politici che ho conosciuto meglio da vicino, avendo partecipato attivamente come demografo all’elaborazione del piano regolatore di Gerusalemme sotto la sua direzione generale. Molto prima di questo, però il giovane Olmert abitava in una modesta abitazione nella nostra via e quindi lo vedevamo passeggiare tutti i giorni sotto il nostro balcone col suo amico giornalista Dan Margalit, che allora abitava nel nostro stesso edificio. Olmert era un giovane alquanto squattrinato, ma evidentemente capace. Poco dopo la laurea in legge fu eletto alla Knesset in una piccola lista alla destra del Likud capeggiata da Shmuel Tamir, un famoso avvocato molto sopra le righe che più tardi sarebbe stato rieletto nel partito Shinui fondato da Ygael Yadin di centro moderato (vedi alla voce trasformismo). Lo stesso Olmert molti anni dopo sarebbe passato dall’ala più dura del Likud alle file centriste di Kadima dove avrebbe avuto un’influenza non secondaria sul capo del partito Sharon.
Visto da vicino, il sindaco Olmert era uno di quei politici che conoscono perfettamente la materia di cui si stanno occupando, entrano nei particolari, fanno domande pertinenti, richiedono continue spiegazioni, sollecitano fino a spremere i loro collaboratori, il tutto con molta competenza e una buona dose di cinismo. Una volta il suo vicesindaco che voleva forse guadagnare qualche punto politico gli disse con una certa sufficienza (ero presente): “Non so se vorrò candidarmi nella tua lista alle prossime elezioni”. E Olmert prontamente: “Non so se ti vorrò offrire la candidatura nella mia lista”. Il vicesindaco non fu rieletto. Da sindaco va riconosciuto a Olmert di aver molto sviluppato Gerusalemme. Ha completato l’ormai irrinunciabile corsia di scorrimento rapido Begin, ha migliorato le periferie e soprattutto ha portato avanti con decisione l’interminabile progetto del tram di cui Gerusalemme è molto orgogliosa, forse più per un effetto di immagine che non per il reale miglioramento del traffico urbano.
Poi, terminato il suo secondo mandato da sindaco, Olmert è diventato ministro dell’Industria e Commercio nel governo Sharon e dopo l’ictus del gennaio 2006 ne ha preso la successione alla guida del governo. Dalle posizioni marcatamente nazionalistiche in cui era cresciuto anche lui (come Bibi) alla scuola del padre, si era intanto riposizionato all’avanguardia del centro liberale-laico, perfino con una certa tendenza pacifista. Nel suo periodo da premier, Israele ha conosciuto due maggiori episodi militari, la seconda guerra in Libano nell’estate 2006 che sarebbe stato saggio concludere un paio di settimane prima della sua fine effettiva, e la grossa operazione Piombo fuso a Gaza nel dicembre 2008-gennaio 2009. Un premier civile moderato, dunque, ma non alieno dall’uso della forza, come nel caso del bombardamento di quella che poi risultò essere una centrale nucleare in fase di sviluppo in Siria. Ma già nel periodo finale del suo premierato, Olmert passava gran parte della sua giornata con gli avvocati intento a respingere accuse di malversazione e concussione. È dunque possibile che un primo ministro israeliano sia stato coinvolto in un caso di corruzione? E se sì, come si spiega?
Dunque, Olmert era un ragazzo senza un soldo ma di buona famiglia, cresciuto in provincia a Beniamina, fra Haifa e Hadera, figlio di un noto politico, con un fratello esperto di agronomia, un altro militare col grado di generale di brigata e poi sindaco di una cittadina presso Tel Aviv, e uno laureato in scienze politiche e frequente commentatore alla radio di Medio Oriente (oltre che di calcio). Quest’ultimo, Yossi, era poi finito in un mare di debiti ed era scappato in America, e questa è una delle tante chiavi di lettura dell’Olmert più famoso. Una parte dei fondi pubblici stornati sono serviti infatti a coprire i debiti del fratello. Ma in più, l’alacre Ehud non ha mai rinunciato alla bella vita, non ha disdegnato le buste di dollari che gli venivano ficcate in tasca dai seguaci per consentirgli una vita più comoda e finanziargli le campagne elettorali, non si è accorto che stava usando due volte i punti premio accumulati con i molti voli, e alla fine si è trovato sorprendentemente proprietario di un vasto patrimonio immobiliare.
Tutto questo il tribunale ha giudicato poco etico, ma non criminale. Il caso vero è venuto fuori con l’Hotel Holyland, un albergo vecchiotto e periferico a Gerusalemme che era noto soprattutto per il grande plastico che riproduceva minuziosamente l’antica Gerusalemme. Con tutti i permessi municipali ovviamente in regola, l’albergo veniva raso al suolo e sostituito da un gigantesco, esteticamente orrendo e offensivo complesso residenziale. Per spiegare agli ignari le parole “speculazione edilizia” basta vedere il mostro del nuovo Holyland. Ora si sa che l’onnipresente e potente capufficio Shula Zakèn oltre che amministrare i fondi segreti di Olmert, lavorava anche part-time (e con lei anche il capo dell’ufficio urbanistico comunale Uri Shitrit) presso un potente imprenditore, Akirov, che fra l’altro ha costruito il bel centro commerciale nel vecchio quartiere di Mamilla. Peccato che lì, dove sarebbe stato assolutamente essenziale espropriare alcuni metri di terreno per aggiungere una corsia stradale necessaria alla viabilità in centro città, sia stato invece aggiunto un bel porticato commerciale. Una plusvalenza di migliaia di dollari al metro quadrato per centinaia di metri su cinque o sei piani. Al nuovo Holyland, invece, i piani sono una trentina nell’edificio più alto più altri cinque pazzeschi torrazzi di dieci o dodici piani l’uno. Nel corso del processo uno dei complici dell’inghippo, divenuto teste di accusa oramai vecchio e malato, dopo un duro interrogatorio della difesa ha avuto un attacco di cuore ed è morto. Beninteso, pura cronologia, non causalità. Il processo rischiava di essere sospeso, ma il giudice Rosen ha preferito andare avanti, fino alla condanna di Olmert e dei suoi collaboratori.
Per chi conosce l’Italia, queste vicende sono una ben pallida eco delle famose Mani sulla città di Francesco Rosi. Assai modeste in confronto le somme, le case sono ben costruite e non crollano, dal trentesimo piano si gode una magnifica vista. Poco importa se visto dall’esterno quel trentesimo piano è un pugno nell’occhio. A quanto pare, l’uso del potere corrompe, in Israele come in Italia. Poi viene l’euforia con l’abbraccio all’autista (democratico), il buffetto/ ganascino all’attempato consigliere (paternalista), o la frase alla giornalista televisiva (minacciosa). Tanto nessuno può dire nulla a chi sta ben al di sopra di tutte queste mediocri regole e procedure, a chi lavora notte e giorno per il bene del popolo.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme
Pagine Ebraiche maggio 2014
(13 maggio 2014)