Israele – La lezione delle elezioni

netanyahu rivlinPotrebbe essere il giovedì 24 luglio, oppure la domenica 27. Ancora non si sa esattamente quando il nuovo presidente d’Israele Reuven Rivlin prenderà ufficialmente in carica come successore di Shimon Peres, che concluderà il suo settennato il prossimo 26 luglio. A due giorni dalla nomina, i commentatori continuano a interrogarsi non soltanto su che tipo di presidente sarà Rivlin, ma anche su quale significato politico assumano le elezioni per il Capo di Stato più infuocate e complesse della storia di Israele.
“Per la classe politica israeliana, l’elezione di Rivlin viene soltanto in seconda posizione nella classifica delle conseguenze significative della corsa alla presidenza. Mentre la nazione guardava Rivlin navigare verso la vittoria, la classe politica era concentrata sul suo sfidante, sulla candidatura di Meir Sheetrit di Hatnua e sul terremoto di cui era segno” scrive sul Times of Israel il corrispondente politico Haviv Rettig Gur.
Già perché nessuno si aspettava un’affermazione così decisa del parlamentare della forza centrista di Hatnua (dove è approdato dopo una carriera prima nel Likud e poi in Kadima), che conta solo sei seggi alla Knesset. Tutti pensavano che il ballottaggio previsto in mancanza di un candidato che raggiungesse la maggioranza assoluta dei voti sarebbe stata una faccenda tra Rivlin e Dalia Itzik (ex speaker della Knesset, già parlamentare di Kadima e prima ancora del Labor), mentre Sheetrit veniva dato come probabile quarto su cinque contendenti.
La sua inaspettata risalita però, spiega Gur, non ha avuto nulla di casuale, ma è dipesa dalla capacità delle opposizioni di unirsi e combattere (e una parte di queste “opposizioni” sottolinea pure, appartiene senza dubbio alle forze del governo). Un accordo per il sostegno a Sheetrit raggiunto probabilmente alle “Sheva Berachot” (celebrazione che avviene ogni sera nei giorni successivi a un matrimonio ebraico) della figlia del leader del partito religioso sefardita Shas Aryeh Deri, dove hanno partecipato anche la leader di Hatnua Tzipi Livni e quello del Labor Isaac Herzog. Il primo è riuscito a mobilitare i voti dei parlamentari haredim, i secondi hanno lavorato sul centro e sulla sinistra, riuscendo a far arrivare a 33 preferenze un candidato che si aspettava ne prendesse neanche dieci. Sheetrit, già titolare di diversi ministeri in vari governi, è sempre stato un uomo politico tendente verso il centro, anche ai tempi della sua militanza nel Likud. Con questo risultato, i leader dell’opposizione hanno voluto dimostrare come la maggioranza di destra in parlamento sia in realtà più teorica e fragile di quanto si potrebbe pensare; per Deri in particolare, un’occasione per dimostrare al Likud il potere che i partiti haredim che Netanyahu ha lasciato fuori dal governo hanno, e la loro capacità di metterlo in difficoltà. E proprio quest’ultimo aspetto si sarebbe rivelato decisivo, con il deputato Ze’ev Elkin che prima della seconda votazione è stato costretto ad andare a convincere Shas e Yahadut HaTorah a votare per Rivlin. “Se Rivlin non avesse vinto, il governo sarebbe caduto” ha sottolineato.
Sullo sfondo, la profonda frattura tra il primo ministro Benjamin Netanyahu e lo stesso Rivlin, che ha pesantemente influenzato la campagna elettorale, con il premier che ha fatto di tutto per impedire la vittoria dell’ex speaker della Knesset (proprio da Netanyahu non riconfermato nel 2013) salvo poi appoggiarlo con riluttanza a pochi giorni dalle elezioni.
Su Haaretz, il giornalista Anshel Pfeffer si concentra invece sulla figura di Rivlin per sottolineare come, nonostante le apparenze, con il nuovo presidente di Israele che si è sempre dichiarato un fiero oppositore dei due Stati per due popoli, la sua vittoria non rappresenti una vittoria di destra. Pfeffer ricorda come Rivlin abbia saputo essere un uomo delle istituzioni anche a costo di inimicarsi il proprio partito (o leader) e promette che sarà un presidente di tutti, arabo-israeliani inclusi, pronto a essere protagonista del gioco democratico senza ombre anche se si tratterà di firmare un accordo di pace con un contenuto da lui non condiviso.
I veri sconfitti dalle elezioni sarebbero lo stesso Netanyahu e il ministro degli Esteri e leader della destra laica nazionalista di Yisrael Beitenu, Avigdor Lieberman, che ha mantenuto un basso profilo rispetto a questo appuntamento, ma che avrebbe voluto vedere al posto di Shimon Peres chiunque tranne che Rivlin, assicura il giornalista.
Secondo il quotidiano free press Israel Hayom invece, quanto accaduto potrebbe aprire la strada allo Shas per rientrare nella coalizione di governo, e per un avvicinamento tra Hatnua e il Labor. Mentre sulla stessa testata, l’editorialista Dan Margalit assicura che Netanyahu e Rivlin sono consapevoli delle circostanze e saprannoo, come già promesso, mettere da parte i dissapori per lavorare insieme. Per il bene di Israele.

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

(12 giugno 2014)