#IsraeleDifendeLaPace – Dignità e valori della vita, modelli a confronto

Dolore e profondo turbamento attraversano l’opinione pubblica israeliana per l’uccisione dei quattro bambini palestinesi nel corso delle operazioni condotte contro i terroristi di Hamas nella Striscia di Gaza. “È sul respiro dei bambini che si regge il mondo”, dice il Talmud. Naturale quindi che un’intera nazione sia scossa dalle immagini del funerale e dallo strazio dei familiari.
Un sentimento collettivo che segna il distacco con la cultura della morte propagandata dagli integralisti di Hamas e che risalta in particolare nell’intervista rilasciata dallo scrittore Abraham Yehoshua, tra i protagonisti del movimento pacificista e non certo tacciabile di simpatie verso il governo Netanyahu, al corrispondente dal Medio Oriente del quotidiano La Stampa Maurizio Molinari.
“Si è trattato di un errore da parte israeliana, non certo di un fatto intenzionale. Se Israele avesse voluto uccidere civili nella Striscia di Gaza – spiega Yehoshua – in nove giorni di operazioni militari non ne sarebbero morti 200 ma 2000. È lo stesso comportamento dei palestinesi a Gaza che descrive l’atteggiamento dell’esercito israeliano verso i civili”. Sollecitato a chiarire questo riferimento, Yehoshua afferma di alludere al fatto che molto spesso i palestinesi della Striscia salgono sui tetti delle case per evitare che vengano colpite dagli aerei, consapevoli del fatto che l’esercito israeliano “fa di tutto per evitare la morte di civili”. I palestinesi sceglierebbero quindi di avere un atteggiamento “quasi suicida” sfidando la sorte fino al punto da rischiare la vita. “È una dinamica che descrive il carattere terribile del conflitto in corso”, sottolinea Yehoshua.
Da una parte rispetto di ogni singola individualità umana, dall’altro il disprezzo più totale della stessa. Non solo nei confronti del nemico, ma anche della popolazione civile palestinese che si finge di voler rappresentare e tutelare.
Eppure, rileva il giornalista, sono molti in Europa a imputare a Israele una eccessiva “disinvoltura” negli attacchi contro i civili, indicando nella morte dei bambini sulla spiaggia una conferma di tale approccio. “Ripeto, i bambini sono morti a seguito di un tragico errore che le forze armate vogliono appurare e punire con un’inchiesta interna. Israele – prosegue Yehoshua – non ha come politica l’uccisione di civili. È piuttosto Hamas che spara solo contro i civili. In Israele ci sono molti obiettivi militari ma i razzi che i miliziani di Hamas lanciano, ogni giorno, sono tutti diretti verso i centri abitati. Perché Hamas non tenta di colpire basi dell’esercito, campi di addestramento, porti militari e piste di atterraggio? La sua strategia è di colpire i civili israeliani e, al tempo stesso, di usare quelli palestinesi come degli scudi umani. Questo è il nemico che Israele si trova ad affrontare”.
Malgrado la diversità di valori in campo, alcuni giornali pregiudizialmente schierati non perdono l’occasione per procedere all’usuale demonizzazione di Israele. In varie modalità: in primis con una titolazione fortemente aggressiva che lascerebbe intendere la volontà continuativa di colpire, da parte del governo “di Tel Aviv” (altra locuzione che denota un pregiudizio), la popolazione inerme. E poi, con le consuete lacune informative che escludono dalla narrazione alcuni momenti rilevanti ai fini di una adeguata consapevolezza da parte del lettore.
Un pessimo esempio lo offre in questo senso Umberto De Giovannangeli sull’Unità: “Dopo una giornata segnata dalla crudeltà contro i più piccoli, quattro bimbi palestinesi uccisi sulla spiaggia e altri due più tardi, scatta una breve tregua umanitaria tra Israele a Gaza. Tel Aviv ha infatti accettato la proposta Onu per far giungere aiuti alla popolazione”. Non una parola viene spesa per le responsabilità di Hamas e per il continuo lancio di razzi verso il territorio israeliano mentre il rifiuto del gruppo jihadista di rispettare la proposta di ‘cessate il fuoco’ formulata dall’Egitto viene appena accennata. Come se fosse un elemento marginale e non la chiave dell’intero conflitto.

(17 luglio 2014)