Israele – Londra e quel voto scomodo

Schermata 2014-10-14 alle 13.48.21Iniziativa prematura che mette in difficoltà le trattative per raggiungere la pace. Da Roma, dove ha incontrato il ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini, Avigdor Lieberman, capo della diplomazia israeliana, esprime il suo disappunto per la decisione del parlamento britannico di approvare una mozione in cui si chiede al governo di Londra di riconoscere la Palestina come stato. Un documento non vincolante ma votato dall’ampia maggioranza dei parlamentari presenti ieri alla Camera dei Comuni: 274 sì contro 12 no, su 650 membri totali. E ora Israele, che ha più volte ribadito come ogni iniziativa unilaterale sia di inciampo al cammino verso la pace, valuta quali possano essere gli effetti della decisione britannica. Il voto di Westmister ha valore simbolico, non potendo condizionare la politica del governo guidato da David Cameron, il quale si è astenuto dal voto e ha ribadito come nulla cambi nei rapporti tra Regno Unito e Israele. Nonostante le rassicurazioni di Cameron, nelle file della diplomazia israeliana trapela una certa inquietudine. “Credo sia giusto essere preoccupati per il significato che questa mozione ha in termini dell’orientamento dell’opinione pubblica”, ha dichiarato alla radio israeliana l’ambasciatore di Israele nel Regno Unito Matthew Gould. Ancora più dure le considerazioni dell’ex ambasciatore israeliano negli Usa Michael Oren, preoccupato per l’allargarsi dell’appoggio alle iniziative diplomatiche palestinesi. Intervistato da Ynet, Oren ha sottolineato come “la Gran Bretagna sia membro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. A novembre i palestinesi andranno all’Onu e vogliono ottenere almeno nove voti del Consiglio (per costringere Israele a impegnarsi in un piano per ritirarsi dalla West Bank). C’è la possibilità che l’America si astenga, ma molto dipende da noi”. Per Oren Israele deve prendere delle contro misure di fronte alle azioni palestinesi. “La Gran Bretagna è una dei nostri amici e alleati più stretti e comunque 274 parlamentari hanno supportato la mozione con soli 12 contrari”. Oren sembra guardare dietro al voto, indirizzando la sua preoccupazione a una possibile conseguenza della spinta arrivata da Westmister: una crescita del movimento che auspica il boicottaggio di Israele. Se parliamo di Regno Unito, il paese rimane il secondo partner commerciale dello stato ebraico e nell’ultimo anno solare, come ricorda il Times of Israel, le esportazioni da Israele direzione Uk sono cresciute del 38%. Dal punto di vista economico, la partnership dei due paesi è dunque solida, ma a preoccupare, come ha sottolineato l’ambasciatore Gould, è l’orientamento dell’opinione pubblica d’Oltremanica. Per Gould, sempre più anti-israeliana. E le manifestazioni di queste estate contro l’operazione israeliana a Gaza (denominata Margine Protettivo), ne sono la testimonianza con un altrettanto preoccupante quanto significativo aumento di episodi antisemiti.
E intanto anche in Italia il Movimento Cinque Stelle si propone di seguire le orme britanniche e proporre una mozione in Parlamento perché il governo si impegni a “riconoscere formalmente o Stato della Palestina nei confini del 1967”. “Si tratterebbe – spiegano dal Movimento di Beppe Grillo – di un atto concreto verso la pace in Medio Oriente, a garanzia della sicurezza e della libertà del popolo palestinese ed israeliano”. “Per questo, accogliendo il parere espresso dalla Camera dei Comuni e il riconoscimento formale giunto dall’esecutivo svedese, presenteremo in questi giorni una mozione che impegna il governo a prendere una posizione chiara sulla questione – annunciano i deputati -, a fronte dell’immobilismo mostrato sino ad ora dal ministro Mogherini”. Sull’iniziativa Cinque stelle non si registrano al momento reazioni da parte israeliana, nonostante la presenza a Roma del ministro degli Esteri Lieberman. Ma difficilmente la sua linea si sposterà da quella già ribadita in precedenza: le azioni unilaterali non servono. Lo stesso Lieberman, intervistato ieri da skytg24, aveva aperto al dialogo con il mondo arabo moderato in particolare per contrastare la minaccia e violenza dell’Isis. “Tutto ciò che dipende da noi, noi lo facciamo”, ha dichiarato il ministro.

Daniel Reichel

(14 ottobre 2014)