Israele – A poche ore dal voto

israel elezioniDalle 7 di mattina alle 22 ora locale, gli israeliani si recheranno alle urne per scegliere i propri rappresentanti alla Knesset. 5,8 milioni di persone potranno porre la propria x su uno dei 25 partiti presentatisi a questa tornata elettorale. Se il partito prescelto supererà la soglia di sbarramento del 3,25 per cento allora potrà contare almeno su 4 dei 120 seggi complessivi della Knesset. Per ottenere le chiavi del governo del paese, sarà necessario ottenere l’appoggio della maggioranza del parlamento, ovvero di almeno 61 membri della Knesset. Quando il primo ministro uscente Benjamin Netanyahu di chiudere l’esperienza dell’ultimo governo e tornare, a distanza di due anni dalle ultime elezioni, alle urne, era convinto di avere in mano l’elettorato israeliano. A 24 ore dal voto decisivo, quelle convinzioni vacillano. Lo sfidante Isaac Herzog è avanti nei sondaggi e se le urne dovessero confermare questo vantaggio, per Netanyahu sarebbe una sconfitta, seppur non definitiva. Tutti gli analisti, e di fatto lo stesso Netanyahu, concordano nel valutare queste elezioni come un referendum sull’operato del primo ministro, che negli ultimi sei anni ha governato Israele. Se il Likud di Netanyahu uscirà secondo, dietro al duo Isaac Herzog – Tzipi Livni, nelle preferenze degli israeliani, l’immagine del premier ne risulterà ridimensionata. Non è detto però che questo significhi lasciare la guida del governo ai laburisti. I partiti di destra – il cui elettorato si riunito ieri in piazza a Tel Aviv-, HaBayt Hayhudì su tutti ma anche i religiosi di Shas e Yachad, sembrano poter costituire una solida base per Netanyahu per ottenere la maggioranza alla Knesset; più difficile per Herzog fare lo stesso tanto è vero che ieri ha aperto le porte a tutto l’arco politico, Likud incluso.
Nelle ultime 24 ore ci sono stati ulteriori scambi di convenevoli tra i partiti rivali, nulla di nuovo: Netanyahu ha accusato la coppia Herzog-Livni di volersi sottomettere agli americani sull’Iran e di lasciare mano libera ai palestinesi, mettendo in pericolo Israele; per parte sua Herzog ha ribattuto che l’unico pericolo per Israele è Netanyahu, descrivendo i suoi sei anni di governo come un fallimento che non ha portato maggiore sicurezza o prosperità economica. Me, mai loro, il Leitmotiv della campagna di Netanyahu; noi, mai lui, quella dei laburisti. In mezzo Moshe Kahlon e il suo Kulanu che domani potrebbe fare l’exploit elettorale grazie alla sua battaglia sul costo della vita, fattore molto presente nella sensibilità degli israeliani, più che le preoccupazioni per la minaccia iraniana. Kahlon ha detto ieri di no a Netanyahu e alla sua offerta del ministero delle Finanze ma non è un no definitivo, è un no pre-elettorale. Chi invece ha già detto che sarà al fianco di Netanyahu, in caso di governo, è Naftali Bennett, rappresentante della destra nazionalreligiosa la cui ascesa sembrava difficile da contrastare mentre ora, a pochi mentre dal traguardo, la sua corsa appare meno sciolta. In piazza ieri ha imbracciato la chitarra e raccolto le migliaia di persone presenti – per lo più uomini, racconta Nahum Barnea su Yedioth Ahronoth, con kippah in testa e provenienti da fuori Tel Aviv – attorno al canto di Yerushalaim Shel Za’av. Ma i presenti erano già in molto dalla sua parte, anzi Netanyahu, racconta Barnea, ha cercato di convincerli a votare per il Likud, sintomo di una destra, affermano gli analisti, non poi così unita. In ogni caso la parola spetta alle urne. Domani si capirà meglio il futuro del paese, diviso in tante anime e oramai da un ventennio chiamato in continuazione a votare di due anni in due anni i propri rappresentanti. Sarà Netanyahu, sarà Herzog, il rischio è che questa instabilità investa anche il prossimo governo. Ma ogni valutazione è rimandata una volta noti i risultati.

d.r.

(16 marzo 2015)