Israele – Cosa significa il voto

israel-electionNessuno si aspettava che Benjamin Netanyahu riuscisse ad invertire in questo modo i sondaggi che lo davano dietro all’Unione Sionista. Di certo non ci si aspettava un tale disparità tra i seggi ottenuti dal Likud, 30, e quelli della compagine di centro-sinistra, 24. Le proiezioni, fino allo scrutinio, davano i due partiti testa a testa e con questa notizia hanno aperto tutti i giornali internazionali. “I sondaggisti hanno fatto però un terribile errore – spiega Sergio Della Pergola, demografo, docente all’Università Ebraica di Gerusalemme e autorevole analista della politica israeliana – non hanno tenuto conto delle ultime ore, chiudendo le proiezioni su dati di metà pomeriggio”. Ed è possibile che nelle ore successive molti dei delusi e astenuti dell’area di destra si sia recata al voto, spinta in particolar modo da una massiccia campagna mediatica del Likud al fotofinish: tra cui, l’appello di Netanyahu ad andare a votare per il partito perché “gli elettori arabi stanno andando a votare in massa”. “In ogni caso Netanyahu è riuscito a spostare i voti verso il Likud, prendendoli soprattutto da Habayt Hayehudì e da Israel Beitenu (compagini della destra più oltranzista)”, spiega Della Pergola, sottolineando che il Likud non ha presentato un programma elettorale e come Netanyahu abbia mostrato un certo disinteresse per un tema caro ai cittadini come il costo della vita. “Ha vinto il suo pragmatismo, la sua capacità di trasmettere agli elettori affidabilità”, il pensiero di Avi Simchon, docente di Economia all’Università Ebraica. “Non aveva un programma e quindi non ha fatto grandi promesse ma ora dovrà lavorare per rispondere alle esigenze sui temi sociali” e lo farà probabilmente assieme a Moshe Kahlon, leader del partito Kulanu ed ex uomo del Likud, che può contare su 10 seggi alla Knesset. “Chiederà un prezzo molto salato a Netanyahu, tra cui ovviamente il ministero dell’Economia”, afferma Della Pergola. Ma la cosa importante di queste elezioni, per il diplomatico israeliano Sergio Minerbi, è che “Netanyahu è riuscito a battere chi voleva sostituirlo. Questa sostituzione non ci sarà”.
Nessun cambiamento dunque ma Netanyahu riuscirà a tenere le redini di un nuovo governo e mantenerlo per i prossimi quattro anni? “Il problema si porrà quando dovrà votare il Bilancio dello Stato. Qui Netanyahu ha già fallito due volte, dimostrando di non avere la capacità di mediare”, il pensiero di Della Pergola. “È necessario ridurre le tensioni e colmare i ritardi che il paese sta accumulando. L’80 per cento delle discussioni non ha a che fare con i problemi di Israele, che rimane un esempio di successo ma in cui bisogna affrontare questioni come il costo della vita e la disparità sociale”. Andare oltre i contrasti, dunque, cosa che secondo il professor Simchon avverrà, a prescindere dal frazionamento politico presente all’interno della Knesset (Netanyahu dovrà contare su sei partiti per avere la maggioranza, ciascuno con le proprie esigenze). “Nei momenti di crisi, come nel 1985 o nel 2002, il parlamento ha saputo dimostrare di essere in grado di fare riforme importanti”, afferma Simchon, che non vede nel sistema elettorale attuale – proporzionale puro, criticato da molti perché permette una parcellizzazione del voto e quindi una difficile formazione di una maggioranza solida alla Knesset – un problema per la governabilità. Non così, Della Pergola che su queste pagine aveva proposto una riforma radicale del sistema elettorale israeliano, con la creazione di tre/quattro compagini politiche in rappresentanza delle diverse istanze dell’elettorato del paese. E il fatto che il Likud abbia attratto voti da Israel Beitenu e HaBayt HaYehudì è la dimostrazione della fattibilità di questo progetto. Così come la lista araba, frutto dell’unione di tre partiti. “In qualche misura anticipa i tempi”, afferma Della Pergola che sottolinea il grande valore simbolico del suo successo: la lista infatti costituisce, con i suoi 14 seggi, il terzo partito di Israele, seppur sia “un’insalata russa in cui i diversi rappresentanti condividono ben poco se non il fatto di essere arabi”, l’appunto del demografo.
Tornando alla vittoria di Netanyahu, secondo il professor Simchon, “è riuscito ad affermarsi nonostante una campagna mediatica forte contro di lui da parte dei maggiori giornali israeliani. Per i cittadini ha dimostrato di essere la figura politica più affidabile”. Per Simchon le posizioni della sinistra si sono dimostrate naive, in particolare sulla questione palestinese, “a cui la maggior parte degli israeliani non crede più. Non dopo le concessioni fatte da Ehud Barak e rifiutate dalla controparte palestinese”. Ma la priorità al momento per tanti cittadini è un’altra: abbassare il caro affitti, il costo della vita, dare soluzioni pragmatiche per rispondere ai problemi sociali. È questa sarà la sfida di Netanyahu, dopo essere riuscito a guadagnarsi, nonostante i sondaggi, la fiducia di chi gli ha permesso di raggiungere quei 30 fondamentali seggi. E se il governo non reggerà, ci si troverà a commentare altre elezioni.