Israele – Netanyahu, esaudire gli alleati
Formare il più presto possibile un governo. È l’obiettivo del presidente di Israele Reuven Rivlin che domenica inizierà le consultazioni politiche per la formazione del nuovo esecutivo, iniziando dal partito vincitore, il Likud e il suo leader Benjamin Netanyahu. Con tutta probabilità Netanyahu, oltre a proseguire il suo mandato a capo del governo, riunirà attorno a sé una coalizione formata dai partiti di destra Habayt Hayehudì e Israel Beitenu assieme ai religiosi Shas e Yahadut HaTorah a cui dovrebbe aggiungersi Moshe Kahlon e il suo Kulanu (una destra più moderata rispetto agli altri partiti). Dopo aver lanciato un messaggio più o meno distensivo agli americani, Netanyahu sta lavorando ora a trovare un equilibrio tra le varie anime della sua possibile maggioranza. E soprattutto, dare a ciascuno un posto da ricoprire.
Chi ha il ministero assicurato è Kahlon: come è noto, l’ex uomo del Likud non entrerà nel prossimo governo di Gerusalemme se non in cambio del Ministero delle Finanze. E non basta, Kahlon, la cui campagna elettorale si è basata su diverse proposte di riforma del sistema economico, vuole costruire attorno una struttura solida, in grado di portare a termine i suoi obiettivi. Secondo l’israeliano Arutz 2, Kahlon vorrebbe posizionare uno dei suoi alla guida della Commissione finanza della Knesset (ricoperta nel precedente mandato da Nissan Slomiansky, di Habayt Hayehudì) e avrebbe messo gli occhi anche sul ministero dell’Edilizia o comunque vorrebbe controllare il Minhal Mekarka’ei Yisrael, l’agenzia governativa per la gestione del territorio pubblico israeliano (sotto il suo controllo, il 93 per cento dei terreni del paese).
Ridimensionato dalle urne, Naftali Bennett vuole però continuare ad avere un ruolo di primo piano nella coalizione di governo e starebbe puntando al ministero degli Esteri. Essendo quasi sicura la sua mancata conferma alle Finanze – come detto promessa in sposa a Kahlon – Bennet, noto per essere contrario alla soluzione dei due Stati con i palestinesi, vuole continuare la sua battaglia politica per modificare i termini delle trattative. La Casa Bianca già non hanno gradito le dichiarazioni elettorali di Netanyahu – “con me al governo, nessuno Stato palestinese” – e in parte ritrattate ieri (“non sono contro la soluzione dei due Stati ma al momento non ci sono le condizioni”), di certo troverebbe indigesto doversi confrontare con un Bennett agli Esteri, una figura che rappresenta le istanze di chi vive negli insediamenti. Non che fosse facile farlo con Avigdor Lieberman, capo della diplomazia israeliana uscente, che nella sua ultima campagna elettorale è tornato a sfoggiare l’arma della retorica populista e a tratti apertamente xenofoba. Lieberman, il cui supporto elettorale si è praticamente dimezzato, è comunque fondamentale per Netanyahu, quantomeno per la costituzione di una maggioranza di destra, molto di destra. Ma l’ex ministro degli Esteri vuole in cambio un posto che il Likud difficilmente vorrà lasciare, il ministero della Difesa. Il primo ministro vorrebbe confermare il compagno di partito Moshe Yaalon
Daniel Reichel
(20 marzo 2015)