Israele – L’accordo sul nucleare iraniano
Netanyahu non si fida di Teheran

Isralei Prime Minister Benjamin Netanyahu makes statement in Jerusalem on Iran and Kayla Mueller“Un accordo che costituisce una minaccia per l’esistenza di Israele”, così il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha definito l’intesa trovata ieri tra le potenze del 5+1 (Stati Uniti, Cina, Russia, Francia, Gran Bretagna più la Germania a cui si aggiunge anche l’Unione Europea) e l’Iran in merito al programma nucleare del regime degli Ayatollah. Parole che Netanyahu ha ribadito al telefono ieri sera al presidente degli Stati Uniti Barack Obama, primo fautore dell’accordo quadro siglato ieri a Losanna. Per la definizione concreta dell’intesa bisognerà però aspettare il prossimo 30 giugno. Oggi intanto Netanyahu ha convocato il gabinetto di sicurezza per cercare di valutare delle contromosse rispetto a quanto deciso in Svizzera. “Questo accordo legittimerà il programma nucleare iraniano, rinforzerà la sua economia, e aumentare l’aggressività di Teheran – ha affermato il primo ministro – Un tale accordo bloccherà il percorso dell’Iran verso la bomba. Lo condurrà ad essa … (e) aumenterà i rischi di proliferazione nucleare nella regione così come il rischio di una guerra terribile”. Un giudizio, come preventivabile vista il noto ostracismo di Netanyahu verso la proposta dei 5+1, molto negativo. Non così quello di alcuni analisti israeliani, tra cui Barak Ravid di Haaretz e Ron Ben-Yishai di Yedioth Ahrnoth mentre preoccupazione emerge dal mondo conservatore d’Oltreoceano, in particolare dalle colonne del Washington Post.
Sia Ravid sia Ben-Yishai sottolineano che la firma di ieri è arrivata nonostante lo scetticismo di tutti – esperti di Medio Oriente, giornalisti, politici – rispetto alla possibilità che da Losanna potessero arrivare dei risultati. Lo shock per molti è stato quindi forte nel vedere il capo della diplomazia dell’Unione Europea Federica Mogherini e il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif annunciare al mondo, con una dichiarazione congiunta, il raggiungimento di un punto di incontro: “l’Iran ha accettato di ridurre di un terzo il numero di centrifughe che utilizzava per arricchire l’uranio a un ritmo che non aveva alcuna giustificazione civile e che al contrario rivelava l’esistenza di un programma militare – scrive il giornalista Bernard Guetta su Internazionale – Teheran ha inoltre accettato ispezioni e verifiche che gli impediranno di costruire la bomba senza che il mondo abbia il tempo per reagire”. Tra i punti dell’accordo quadro infatti vi è la previsione della soggezione dell’Iran al controllo degli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica per un periodo che dovrebbe essere di 20 anni. “Uno degli aspetti positivi dell’intesa – scrive Ravid – è che l’Iran ha accettato di ratificare il protocollo addizionale di non proliferazione, che permette agli ispettori dell’Onu di avviare ispezioni a sorpresa in qualsiasi struttura sospettata di portare avanti il programma nucleare”. Per Ravid in questo modo sarà molto difficile per Teheran tenere nascosto agli occhi del mondo – e soprattutto degli ispettori – un’iniziativa segreta sul nucleare: sostanzialmente il tentativo di dotarsi di un’arma nucleare. Come sottolinea ancora Guetta, però, nel bilanciamento degli interessi – smantellamento delle sanzioni per l’Iran, divieto di proseguire il programma nucleare per scopi bellici per le potenze del 5+1 – a Teheran è stato accordato di rimanere “uno ‘stato di soglia’, ovvero un paese in grado di costruire la bomba in meno di un anno”. “È per questo che Israele e i paesi sunniti hanno parlato di accordo scriteriato. -continua Guetta – La verità è che potrebbero anche avere ragione, ma resta il fatto che non c’erano alternative valide e che l’accordo favorirà un’evoluzione politica a Teheran, positiva per il paese ma anche per la regione e il resto del mondo”. Un punto condiviso da Ben-Yishai, che evidenzia le stesse perplessità, ma sottolinea le alternative: o l’accordo, o la guerra, o il proseguo delle sanzioni con gli Ayatollah a continuare la loro corsa all’armamento. Per l’analista di Yedioth Ahronoth l’accordo in questione è – e ne sembra visibilmente sorpreso – un buon accordo e la telefonata di ieri di Obama a Netanyahu un tentativo di riconciliazione dopo il grande gelo tra i due, acuitosi negli scorsi mesi. Secondo Ben-Yishai infatti il presidente Usa ha inviato il suo team della sicurezza nazionale per rassicurare il capo di governo israeliano e con l’opzione di dare ulteriori aiuti militari allo Stato ebraico. “In poche parole, Obama sta offrendo a Netanyahu un ramo d’olivo per cercare di cooperare nel pianificare l’accordo finale (con l’Iran) nei prossimi tre mesi. Il governo israeliano dovrebbe caldamente accogliere l’offerta senza battere ciglio”, il pensiero di Ben-Yishai. Chi invece è molto perplesso è il Washington Post. L’autorevole quotidiano americano chiede al suo presidente “esattamente quali passi deve fare l’Iran e come saranno condotte le verifiche?”. Il timore, condiviso in Israele e non solo, è che l’Iran abbia acconsentito alle condizioni delle potenze mondiali ma che si tratti solo di un sì di facciata per continuare sottobanco la corsa al nucleare per fini militari e intanto, forte di una ripresa economica dovuta allo smantellamento delle sanzioni, allargare la propria già forte influenza sul Medio Oriente.

Daniel Reichel

(3 aprile 2015)